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Censura e verità negate: il naso di Pinocchio e il segreto di Pulcinella

10 Aprile 2024

Censura e verità negate: il naso di Pinocchio e il segreto di Pulcinella

Considerazioni su una questione personale. Nei giorni scorsi un’amica mi ha fatto notare che una mia intervista, da lei condivisa su una nota piattaforma social, era stata posizionata più in basso rispetto ai suoi ultimi post, così declassandola. Il problema non è se i miei articoli vengano letti o meno. Succede che ogni tanto finiscano sulla scrivania di qualche grosso personaggio, animato da una certa curiosità, ma ciò costituisce solamente un dettaglio. L’articolo in questione verteva sulle possibili decisioni future dell’OMS. Decisioni che, se otterranno il via libera dei Paesi membri, potrebbero addirittura farci rimpiangere i vari lockdown, obblighi e Green Pass del periodo pandemico, con la loro potenziale ferocia. Non è la prima volta che interviste e servizi ‘scomodi’ finiscono sotto la lente di ingrandimento dei censori. E, sebbene i social siano tutelati dalla Sezione 230, la ‘prudenza’ da parte di ‘qualcuno’ -evidentemente- non è mai troppa. Dal 2020 ad oggi abbiamo compreso perfettamente come, chi si discosta dalla narrativa ufficiale, diventi un indesiderato e come tale da oscurare. Poco importa se abbia cercato di fare informazione in modo rigoroso, citando fonti autorevoli e avvalendosi del contributo di giuristi, medici e scienziati, anche di fama mondiale. Poco importa se abbia cercato di lavorare richiamandosi al principio della massima obiettività possibile, per esempio imponendosi di porre interrogativi e suscitare riflessioni, dare voce a dubbi, legittimamente manifestati da esperti qualificati. Ma oggi è un problema anche solo l’espressione di un’idea, di una considerazione, di un parere che non sia gradito a chi dirige il pensiero (in barba all’articolo 21 della Costituzione!). E, quando ciò che si scrive non è neppure un’’opinione’ ma piuttosto una ‘notizia’, entrano immediatamente in azione le forbici censorie. Ricordo quando iniziai ad occuparmi di ‘terapie domiciliari precoci’ contro il Covid, nell’autunno 2020: fui -e lo sono tuttora- l’unico giornalista della Regione -su poco meno di duemila iscritti all’albo- ad aver posto l’attenzione sulle cure tempestive e personalizzate -che alcuni gruppi di medici avevano sperimentato con successo già nella primavera 2020- e sugli effetti avversi dei vaccini anti-Covid. Tra il 2020 e il 2021 si cominciò a porre la questione della ‘libertà prescrittiva del medico’, si puntava il dito sui protocolli sbagliati (‘paracetamolo e vigile attesa’) e sulla necessità di introdurre valide opzioni terapeutiche per contrastare la pandemia. La problematica finì presto nei tribunali: le autorità sanitarie e istituzionali rifiutarono categoricamente qualsiasi confronto ufficiale con questi medici che, al contrario, vennero scherniti, insultati, umiliati, spesso sanzionati e in alcuni casi pure radiati. La persecuzione proseguì nei salotti televisivi e sui social, questi ultimi controllati da solerti fact-checker ovvero da coloro a cui era stato assegnato il compito di bloccare sul nascere gli articoli critici e i video da loro considerati falsi o fuorvianti. Per la narrativa ufficiale il Covid era una malattia incurabile: chi guariva a casa doveva ringraziare soltanto il fato o -per i credenti- il Buon Dio. Di uno studio di livello internazionale (datato giugno 2020 e pubblicato su The Lancet) riguardante le cause dei decessi Covid si persero misteriosamente le tracce: solo qualche ‘mosca bianca’ accennò -prevalentemente su testate online- che, grazie alla pubblicazione in questione, si sarebbero potuti perfezionare i trattamenti anti-Covid, per gestire i malati a casa. Da metà 2020 in poi si susseguirono evidenze e pubblicazioni sull’efficacia delle terapie domiciliari precoci. Tuttavia solo quando venne pubblicata la review del prof. Remuzzi, nell’agosto 2022, il mainstream e le autorità si espressero sull’opportunità che la malattia venisse aggredita subito, ai primissimi sintomi, attraverso farmaci somministrati nel rispetto della posologia e sotto stretto controllo medico. Anziché rinchiudere i giovani in casa, costringendoli a frequentare le lezioni online, bisognava potenziare la medicina territoriale, preoccupandosi di effettuare le visite mediche e l’assistenza delle persone al loro domicilio. Quanti malati sono stati abbandonati nei loro letti -ingiungendo loro di rimpinzarsi di paracetamolo e contemplare il soffitto- e in quelli delle RSA, divenute le anticamere della morte? Quanti pazienti sono deceduti senza il minimo conforto dei propri cari, ai quali veniva impedito di accedere alle strutture ospedaliere o alle strutture per anziani? Quanti hanno potuto anche solo vedere la salma del proprio familiare, che veniva fatto cremare d’ufficio e che poteva ricevere degna sepoltura a distanza di mesi dal decesso? Ci ricordiamo la proiezione a reti unificate della fila interminabile di camion militari che trasportavano le bare dei morti Covid, ma anche di giornalisti che intervistavano moribondi in terapia intensiva. Abbiamo assistito per mesi e mesi alla lettura del bollettino dei morti; abbiamo subito misure restrittive mai viste nella storia della Repubblica (lockdown, coprifuochi, uscite ammesse solo se autocertificate, passeggiate concesse nel raggio di poche centinaia di metri, locali aperti solo parzialmente o per l’asporto), ma nessuno o quasi si pose il problema se ciò che stava avvenendo trovasse giustificazione sul piano giuridico e scientifico. I lockdown venivano applicati quando il picco dei contagi era già stato raggiunto, tuttavia nessuna testata mainstream lo ammetteva. Si chiudevano le Chiese, provvedimento mai preso neppure durante la peste! In compenso si dava visibilità alle virostar, che ci ‘consigliavano’ con chi trascorrere il pranzo di Natale o per quanti minuti fare sesso e con chi. Come dimenticare, infine, gli inseguimenti con droni ed elicotteri di chi prendeva, solitario, il sole sulla spiaggia! Ci è stato raccontato che sorseggiare il caffè in piedi -anziché seduti- fosse una misura sanitaria; che indossare sempre le mascherine bloccasse i contagi; che mangiare una fetta di pizza su una panchina -da soli- fosse da irresponsabili; che precludere i parchi-gioco ai più piccoli e lo sport in generale fossero ‘cosa buona e giusta’; che acquistare pane e formaggio fosse ‘essenziale’, mentre giacche e mutande non lo fossero; che distanziare lettini e ombrelloni fosse un provvedimento fondato su principi scientifici; che sedersi in macchina sul sedile posteriore opposto a quello del conducente fosse importante; che ‘tamponarsi’ in continuazione, in assenza di sintomi e a proprie spese (sottolineo: a proprie spese!) fosse fondamentale; che rinviare matrimoni, battesimi e funerali fosse l’unica cosa da fare e così via. Potrei continuare all’infinito. Non c’è follia anti-scientifica che non sia stata sperimentata in quel periodo. In poche parole: con il pretesto di combattere un virus -potenzialmente mortale, subdolo e imprevedibile, ma curabile quasi sempre a domicilio, purché trattato ai primi sintomi- si è proceduto a smantellare lo Stato di diritto. La gente cantava sui balconi e si applaudiva, dandosi appuntamento in terrazza alle ore 18, nella primavera 2020, mentre i diritti intangibili dell’uomo andavano velocemente a rotoli. L’apice, però, è stato raggiunto tra il 2021 e il 2022, in occasione della campagna vaccinale più imponente della Storia: l’arrivo -da Bruxelles, con un furgoncino simile a quello per il trasporto dei surgelati- dei primi prodotti a mRNA, nel Natale 2020, è stato salutato come l’arrivo del cane da slitta Balto con il vaccino antidifterico. Per mesi e mesi giornali, medici e autorità varie ci martellavano con la ‘campagna di immunizzazione’. Vennero allestiti imponenti hub vaccinali -sorvegliati militarmente-, promettendo ai vaccinati il ‘premio’ della libertà. Diritti innati trasformati in mere concessioni: a poco a poco i non vaccinati furono privati dello stipendio e/o esclusi dalla vita sociale. La civiltà umana terminò con il Green Pass, spacciato per ‘strumento che dà la garanzia di ritrovarsi tra persone non contagiose e non contagianti’ (Mario Draghi, allora Presidente del Consiglio). Il mainstream non fece una piega, al contrario: la stampa diede spazio a chi, citando Bava Beccaris, sollecitava a ‘sfamare i ‘no-vax’ ‘ con il piombo’, a chi si augurava che finissero in galera o venissero ridotti a una poltiglia verde. Affermazioni di una violenza e di una crudeltà indicibili. Senza Green Pass non si poteva entrare neppure in un negozio che non fosse di generi alimentari. Non si poteva andare al lavoro, non si poteva entrare in banca e nemmeno salire su un autobus. ‘Vi renderemo la vita difficile’ era la promessa che alcuni politici rivolgevano a chi aveva deciso semplicemente di esercitare un diritto costituzionalmente garantito. Vogliamo poi parlare del consenso informato, cioè di quel modulo sottoscritto in due secondi dal vaccinando di turno? Qualcuno, leggendo tale documento, ha mai posto le seguenti domande: “Cosa significa ‘farmaco sottoposto a monitoraggio addizionale’? Perché sul modulo è stampato un triangolo equilatero nero rovesciato? Perché il vaccino è stato distribuito sotto condizione? Perché sul modulo c’è scritto che non si conoscono gli effetti a lungo termine? Perché non sono stati condotti studi sulla carcinogenicità, sull’interazione tra i farmaci, sulla genotossicità, sulle donne in gravidanza, sugli oncologici, sugli immunocompromessi, sui ‘fragili’ e sui guariti? Dove sono i dati sulla vaccinovigilanza attiva?”. E che dire dei vaccini somministrati inizialmente negli hub e poco dopo in discoteca, sulla spiaggia e al mercato ortofrutticolo? E degli omaggi ai vaccinandi? Bottiglie di olio, tartine e musica negli ‘open day’, ma anche prestazioni sessuali scontate in Austria e in Svizzera. E la chiamavano Scienza! Chi fa informazione ha mai letto il primo studio autorizzativo Pfizer-BioNTech, pubblicato il 10 dicembre 2020 sul The New England Journal of Medicine? Si è mai preoccupato di sottolineare che gli enti regolatori non avevano assolutamente chiesto, all’industria farmaceutica, di sviluppare vaccini in grado di prevenire l’infezione (alla faccia della ‘campagna di immunizzazione’ e delle promesse salvifiche con il Green Pass!)? Stampa e autorità hanno mai fatto presente che i prodotti anti-Covid sono stati testati soltanto per poche settimane (circa sessanta giorni), con l’obiettivo di immetterli sul mercato per ‘ridurre il Covid di qualsiasi gravità’ e quindi non per prevenire i contagi, per ridurre le ospedalizzazioni e i decessi? I grandi giornali hanno mai spiegato la differenza tra ‘riduzione del rischio assoluto’ e ‘riduzione del rischio relativo’? Chi di dovere ha spiegato alla cittadinanza le caratteristiche di questi vaccini, che vaccini non sono? E perché si è insistito nel bucare i guariti e anche i giovani che, salvo eccezioni, non si sarebbero mai ammalati gravemente di Covid? Perché i ricercatori non hanno accesso ai dati grezzi e perché gli studi sui vaccini sono stati interrotti? Perché, nonostante tali prodotti siano stati autorizzati in via definitiva nell’autunno 2022, non possono essere analizzati a scopo di ricerca? Perché, sebbene negli ultimi mesi sia stato reso noto -e riportato nero su bianco- il loro potenziale cardiotossico, si continua a fare finta di niente? Lo scorso gennaio i media hanno pubblicato all’unisono lo studio WHO secondo cui i vaccini anti-Covid avrebbero salvato almeno 1,4 milioni di vite umane, aggiungendo inoltre che, senza di essi, il numero dei decessi avrebbe potuto raggiungere -e addirittura superare- quota 4 milioni. Quei pochi che si sono presi la briga di analizzare il contenuto della pubblicazione si sono però accorti che gli autori dello studio hanno estrapolato le statistiche nazionali dei vaccinati e dei decessi Covid e applicato una proporzione che utilizzava stime di efficacia vaccinale ricavate dagli studi presenti in letteratura. In soldoni: si è stabilita l’efficacia vaccinale a priori, per poi applicarla al mondo reale. Insomma, è stato confezionato un atto di fede dietro il quale si trincerano virostar ed ex ministri. Vogliamo esaminare qualche altro numero? Secondo l’ex Ministro della Salute Roberto Speranza, i vaccini avrebbero salvato 20 milioni di vite nel mondo, di cui 150 mila in Italia. Per il prof. Giovanni Rezza (ex direttore generale della Prevenzione sanitaria al Ministero della Salute ai tempi di Speranza), invece, “in Italia i vaccini anti-Covid hanno salvato 22 mila vite”. È possibile cogliere esternazioni mirate al sensazionalismo, ma niente di più. Ed erano evidentemente folgorazioni percettive quelle che avevano indotto le autorità a smerciare i vaccini AstraZeneca (prodotti a DNA), anch’essi dichiarati efficaci e sicuri! Si susseguivano trionfali ‘open day’, con i ragazzi diligentemente in fila a porgere il deltoide, fino a quando ci scappò il morto, una diciottenne. Già, perché in un primo momento il vaccino venne somministrato a tutti gli over 18, poi solo agli over 55, infine esclusivamente agli over 65. Ogni Stato fissava un proprio limite. Naturalmente sempre in nome della Scienza e sempre con il medesimo atto di fede. Obbligo di fede e divieto di domande. Una Scienza che doveva procedere velocemente: “Noi dovevamo muoverci alla velocità della Scienza”, rispose la dirigente Pfizer, Janine Small, alla domanda postale, se i vaccini fossero stati testati per fermare la trasmissione del virus. Solo pochi coraggiosi hanno osato sfidare il dogma vaccinale: tra questi c’è Mario Giordano che, con il suo ‘Fuori dal Coro’, ha svelato mail e retroscena raccapriccianti -che coinvolgevano gli uomini dei ‘piani alti’- sull’efficacia e sulla sicurezza dei prodotti vaccinali. È degli ultimi giorni la notizia dell’indagine aperta dalla Procura europea a carico di Ursula von der Leyen, più esattamente in relazione all’inchiesta denominata ‘Pfizergate’: l’accordo sui vaccini aveva un valore stimato di oltre 20 miliardi. Che dire, inoltre, dei profitti monstre delle case farmaceutiche. Tra contratti secretati e intrighi vari si potrebbe discutere di vaccini anti-Covid per l’eternità. O forse no, perché chi mette il dito nella piaga chiedendo solo giustizia e trasparenza rischia di toccare i fili dell’alta tensione. A proposito della censura: perché uno dei più importanti convegni sul Covid-19, organizzato a fine novembre 2022, è stato bistrattato e boicottato in mille modi? E sorgono immediate altre domande senza risposta: perché, quando si affronta la tematica dell’aumento della mortalità, si tirano in ballo le ‘ondate di calore’, ma nessuno affronta la questione degli effetti avversi? Tuttavia la domanda delle domande è la seguente: perché si è deciso di privare le persone dei loro diritti intangibili? E perché nessuno ci parla del potere dell’OMS e delle decisioni che potrebbero essere assunte a fine maggio? Perché, ancora oggi, il medico o lo scienziato che si occupa di effetti avversi anti-Covid viene silenziato o radiato, i danneggiati completamente abbandonati a sé stessi, mentre chi ha ricattato e obbligato la popolazione a sottoporsi a punture di dubbia efficacia e sicurezza, oltre che a misure restrittive liberticide e antiscientifiche non finisce davanti a un giudice nemmeno per sbaglio? In compenso gli esperti -o presunti tali- si affannano a trovare collegamenti -degni di Incontri ravvicinati del terzo tipo– tra Putin e i ‘no-vax’ e tra chi è scettico sull’emergenza climatica e i ‘no-vax’. Un giorno ci raccontano che siamo prossimi all’ebollizione e che dobbiamo adeguare (ovviamente a nostre spese) le nostre case ai nuovi criteri sull’efficientamento energetico o che dobbiamo sostituire l’auto a combustione con quella elettrica; un altro giorno ci dicono che piove troppo ma che è anche secco; che nel 2022 la Terra gira sempre più velocemente, ma che nel 2024 lo scioglimento dei ghiacci rallenta la rotazione terrestre. Il problema, cari colleghi, è serio: sia perché la censura pone la questione della libertà di stampa -ambito, è risaputo, in cui l’Italia non eccelle-, sia perché le menzogne e i silenzi indurranno le persone a dubitare persino dei risultati delle partite di calcio. In realtà si potrebbe anche mentire per sempre, facendola franca. Ed è ciò che accadrà con le varie commissioni post-pandemiche. Non fatevi illusioni: i danneggiati resteranno beffati e inascoltati, mentre coloro che stanno abbattendo lo Stato di diritto si ritroveranno magicamente ad occupare ruoli di maggior prestigio. C’è una cosa, però, che una volta persa non potrà più essere riacquistata: la credibilità. Pensateci, quando vi alzerete al mattino, eccitati all’idea di informare la popolazione se l’influencer del momento ha fatto la pipì o la popò. Il copia e incolla in serie può essere fatto anche da un computer, che magari vi sostituirà pure. Ma la ricerca della Verità no. E la gente, a lungo andare, svilupperà comunque la consapevolezza e chiederà di conoscere perciò solo quella.