Dopo gli entusiasmi delle prime ore, cominciano i ripensamenti. Il disegno di legge sulla democrazia diretta è stato approvato, mercoledì 25 luglio, dal Consiglio provinciale con 22 voti a favore (Svp. Pd, Verdi, Artioli, Köllensperger e BurgerUnion), ma ora crescono le preoccupazioni soprattutto dopo le numerose modifiche apportate alla proposta originaria nata nella Prima commissione legislativa – a firma Amhof, Foppa e Noggler. Tra le novità ci sono l’abbassamento del quorum referendario dal 40 al 25 per cento, ma le firme previste per arrivare alla consultazione restano 13 mila.
Ma il punto che ora fa riflettere è l’articolo 13 in base al quale basteranno 300 firme di cittadini oppure un terzo più uno dei consiglieri per chiedere di sottoporre a referendum una legge dopo l’approvazione dell’aula. Ne consegue che le leggi provinciali che non son state approvate a maggioranza di due terzi, possono essere sottoposte a un referendum confermativo. La richiesta, recita l’articolo 13, va presentata entro 20 giorni dalla approvazione della legge. L’iter per il referendum, sia che vada a buon fine, sia che non se ne verifichino le condizioni e che dunque la legge entri in vigore, richiederà non meno di sei mesi. Ce n’è abbastanza per evocare la paralisi dei lavori del Consiglio provinciale. Esultano le opposizioni, si preoccupano Svp e Pd. Anche gli imprenditori temono ripercussioni.
Foto, Bolzano, sede del consiglio provinciale
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