Il primo cittadino, nel suo intervento, ha fatto riferimento proprio al sacrificio dei giovani 23 martiri che hanno pagato con il prezzo più alto il loro desiderio di democrazia, di libertà, di cultura e di pace. “Sono parole che possono sembrare retoriche – ha detto Caramaschi – ma così non è. Consapevoli dei rischi che correvano, hanno avuto il coraggio di combattere per affermare il valore assoluto della democrazia. Ecco perché è giusto ricordare questi eroi”. Il Sindaco ha poi citato alcuni passaggi dell’Inno alla Gioia diventato l’inno ufficiale di tutta l’Europa, laddove in particolare si ricorda come tutti gli uomini debbano considerarsi fratelli e propendere verso la libertà, la pace e appunto, la gioia. “Questi combattenti caduti per la libertà -ha aggiunto il Sindaco- hanno contribuito a scrivere la nostra Costituzione, segno di civiltà in questa terra, dove le minoranze sono tutelate e ciascuno ha il diritto e la possibilità di utilizzare la propria lingua. Tutti insieme dobbiamo perciò guardare al futuro per un’ Europa senza divisioni e senza lacerazioni. Ho molta fiducia nei giovani -ha concluso- affinché possano mantenere ben vivo questo spirito di libertà”.
L’eccidio della Mignone, ignorato per 60 anni dalla storiografia nazionale e locale, è stato oggetto di una approfondita ricerca dell’Archivio Storico della Città di Bolzano. I 23 giovani militari erano stati catturati fra la fine del 1943 e i primi mesi del 1944 in più località dell’Italia centrale e settentrionale nel corso delle loro missioni clandestine. Dalle carceri in cui erano stati rinchiusi, erano passati poi nelle carceri veronesi, da cui poi giunsero nel Lager di Bolzano. I loro corpi furono riesumati nel giugno 1945 da una commissione alleata, che provvide a dare loro sepoltura cristiana. I nomi furono però identificati alla fine di giugno, quando non fu più possibile associare un’identità a ciascuna salma. Per questo motivo i 23 non sono potuti tornare alle loro città d’origine, ma riposano ancora oggi nel cimitero militare di San Giacomo. Nel dopoguerra, 7 di essi furono insigniti di medaglie al valor militare per la loro attività antifascista e antinazista e per il modo in cui morirono.
Foto, alla cerimonia sono intervenuti anche alcuni familiari dei 23 martiri.
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