Roma. L’Italia garante dell’intesa di pace tra le tribù della Libia.

Sessanta capi clan del Sud della Libia siglano la pace e si impegnano a bloccare i migranti.

L’Italia garante dell’intesa, firmata al Viminale dopo una maratona di 72 ore. Decisivo il ruolo del ministro Minniti con i leader delle tribù sahariane Tebu, Suleyman e Tuareg

Un accordo di pace tra le tribù del Fezzan – la regione libica nel deserto del Sahara – siglato in un clima top secret, venerdì sera al ministero dell’Interno, accelera la lotta all’emergenza dei flussi migratori. D’ora in poi si intensificherà non solo il controllo delle coste libiche, ma anche quello a Sud del Paese, lungo i 5 mila chilometri al confine con Ciad, Algeria e Nigeria. Così come si è rivelata determinante l’intesa del 2 febbraio scorso tra il nostro presidente del consiglio Paolo Gentiloni e il primo ministro Fayez Al Sarraj per il controllo dei flussi migratori nel nord del Paese, ora diventa strategica la pace nel Fezzan, nel cuore del deserto del Sahara, nel presidiare i confini della Libia meridionale. Il patto tra le tribù è avvenuto alla presenza del vice premier libico Ahmed Maitig, con la supervisione del ministro Marco Minniti.

Il patto collettivo di venerdì sera, è maturato grazie a numerosi incontri singoli avvenuti ultimi mesi con i capi tribù Tebu, Suleiman e Tuareg, per ascoltare le ragioni di ciascuno. Sullo sfondo dell’intesa appena raggiunta non ci sono regole e codici tradizionali nel senso occidentale del diritto, ma quella diplomazia del deserto basata sulla fiducia e sulla mediazione personale.

Sul fronte libico meridionale l’Italia interverrà con mezzi e risorse per la formazione del personale. «Sarà operativa una guardia di frontiera libica – annuncia il ministro Minniti – per sorvegliare i confini a Sud della Libia, su 5000 chilometri di confine. Mentre a Nord, contro gli scafisti sarà operativa la guardia costiera libica, addestrata dalle nostre forze, che dal 30 aprile sarà dotata delle 10 motovedette che stiamo finendo loro di ristrutturare».  

La discussione è stata animata e intensa. Sessanta capi clan hanno raggiunto un compromesso atteso da ambo i fronti, perché se è vero che l’Italia e l’Europa hanno molto da guadagnare dalla stabilità in Libia, è altrettanto certo che in quel Paese c’è stata una guerra e poi sei anni di caos istituzionale. Va quindi ricostruita una società dalle fondamenta e grazie alla pace raggiunta si potrà procedere alla realizzazione di opportunità di sviluppo alternativo ai profitti dei traffici illeciti, alla riapertura dell’aeroporto di Sebha e alla cooperazione transfrontaliera con le tribù sorelle in Ciad e in Niger. La riconciliazione tra i Tebu e i Suleiman permetterà inoltre alle due tribù di unire le forze per contrastare la criminalità, il terrorismo e lo jihadismo. Non va infatti dimenticato che, poiché l’Isis è ormai sulla difensiva in Iraq e Siria, diventa prioritario proteggere quest’area del Mediterraneo da un ritorno di foreign fighters.

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