Il percorso che ha portato alla composizione della nuova giunta comunale di Bolzano è stato ancora più travagliato e disonorevole di quanto non si ritenesse potesse essere, al principio di questo cammino.
Quattro settimane in cui si è ipotizzato tutto ed il contrario di tutto. Non una parola sui programmi, anche perché di programmi si potrà parlare poco nei prossimi anni. Una coalizione che unisce liberisti e comunisti, che mette insieme imprenditori e sostenitori delle socializzazioni, chi è per il libero mercato ma anche contro, chi considera l’accattonaggio da una parte come una forma molesta di racket illegale e dall’altra come la multiforme e simpatica espressione di una società plurietnica, è evidente che non potrà mai gestire i cambiamenti né tantomeno fare sopravvivere un capoluogo che aveva invece con forza espresso la aspirazione ad un moto di riscatto.
Condannare Bolzano a questa lenta agonia è frustrante e doloroso.
Dispiace come l’istinto alla sopravvivenza politica abbia condotto la città in questo vicolo cieco.
Il resto lo diremo domani e giorno dopo giorno.
Di certo c’è che oggi non c’è nulla da festeggiare.
L’immobilismo a cui è evidente si è voluto condannare il capoluogo (complice un astuto Dieter Steger, leader della lobby del commercio al dettaglio del centro storico, che dopo la sconfitta della sua strategia al primo turno ad una ad una ha imposto tutte le condizioni ad un debolissimo Spagnolli) non deve fare stare sereno nessuno.
Peccato per l’occasione sprecata. Rimane solo l’odore delle spezie tipiche del suq lasciato alle spalle. Qualcuno dice che nasconda il fetore del letame del mercato delle vacche. Qualunque sia stata l’ambientazione Bolzano ha perso.
Alessandro Urzì
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