Regolamento Sanitario Internazionale: “L’Italia rifiuti gli emendamenti”

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Chi ha seguito attentamente gli eventi che hanno caratterizzato il periodo pandemico ha compreso che il tempo delle ‘emergenze’ non è in verità terminato. Il Regolamento Sanitario Internazionale (RSI), promosso a spada tratta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), costituisce un cappio al collo degli Stati membri. L’Italia, che di recente si è astenuta in merito all’adozione del primo accordo sulle pandemie a livello globale, tentenna nuovamente: il nostro Paese, infatti, non ha ancora comunicato il rifiuto agli emendamenti del RSI, rifiuto che potrà pervenire all’OMS entro il prossimo 19 luglio. Quali saranno per l’Italia le conseguenze di un eventuale ‘silenzio’? Abbiamo affrontato questa e altre tematiche con l’avvocato Olga Milanese, presidente dell’associazione Umanità e Ragione, da anni in prima linea per la salvaguardia dei diritti fondamentali dell’uomo.

Nei giorni scorsi gli Stati membri dell’OMS hanno adottato per consenso il primo accordo sulle pandemie a livello globale. Che cosa implica questa posizione?

“I 124 Paesi firmatari, una volta ratificato il testo con le questioni ancora pendenti ed entrato in vigore, dovranno rispettare il quadro giuridico vincolante definito con l’accordo per prevenire, prepararsi e rispondere alle (preannunciate) future pandemie;  questo riguarda, tra le altre cose, la promozione della produzione locale di vaccini e strumenti medici, l’istituzione di una rete globale di logistica e approvvigionamento gestita dall’Oms e quella che oggi viene pericolosamente definita “lotta alla disinformazione””.

L’Italia si è astenuta in merito alla decisione: sembra un atteggiamento alla Ponzio Pilato…

“L’astensione lascia indubbiamente la porta aperta ad un futuro ripensamento, ma intanto è importante che non vi sia stata adesione considerata la necessità di approfondire le implicazioni della sottoscrizione dell’accordo da parte dell’Italia. Tanto più che vi sono ancora molti aspetti in via di definizione come, ad esempio, la creazione di un sistema multilaterale di accesso e condivisione dei patogeni e dei benefici (Pabs)”.

A proposito del Regolamento Sanitario Internazionale: l’Italia non ha ancora comunicato il rifiuto agli emendamenti. Tuttavia, gli Stati membri hanno tempo per notificare all’OMS le loro intenzioni entro il 19 luglio. Quali potrebbero essere le conseguenze di un eventuale ‘silenzio’ del nostro Paese?

“Il silenzio renderebbe operativi e vincolanti gli emendamenti e questo sarebbe indubbio motivo di preoccupazione. Tra le numerose modifiche introdotte, l’emendato art. 12, par. 4bis stabilisce che il Direttore Generale dell’OMS può decidere quando un evento già considerato emergenza sanitaria internazionale, può costituire anche “un’emergenza pandemica” (termine che pure ha fatto ingresso nel RSI proprio con gli emendamenti proposti) basando la propria valutazione sulle conoscenze scientifiche del momento (concetto ormai a noi tristemente noto). Abbiamo potuto apprezzare  il “sapiente” uso di questi poteri per dichiarare l’ennesima emergenza sanitaria internazionale per il vaiolo delle scimmie. Ancor più grave è la previsione nel Regolamento emendato della sostanziale repressione del diritto ad un’informazione libera e pluralista. Nell’Allegato 1 del Regolamento, paragrafo A, viene previsto che ciascuno Stato membro debba coordinarsi e supportare il livello locale nella prevenzione, preparazione e risposta a rischi per la salute pubblica, ivi inclusa “la lotta alla cattiva informazione e alla disinformazione”, sostanzialmente definita come un rischio da contrastare. Qualcosa di simile lo ritroviamo proprio nell’accordo sulle pandemie. È stato codificato un vero e proprio potere censorio da noi già sperimentato durante il periodo pandemico, che minando la libera informazione e la possibilità di qualsiasi confronto, di fatto impedisce ai cittadini di potersi formare un’opinione consapevole sulle emergenze dichiarate e sulle questioni sanitarie, precludendo loro scelte libere e realmente informate in materia sanitaria”.

Il nostro articolo riguardante la sentenza della Corte sulla causa intentata dal prof. Frajese ha avuto un’eco internazionale. Si aspettava tanto clamore?

“Devo dire che non mi aspettavo che sarebbe stata riservata tanta attenzione alla sentenza da noi ottenuta in CGUE.  La notizia, riportata dettagliatamente nella nostra intervista, ha fatto letteralmente il giro del mondo. È stata ripresa in Spagna, in Francia, in Germania, in Svizzera, in Svezia, in Australia, in Canada e in USA. Forse l’Italia è stato proprio il Paese in cui se n’è parlato di meno, salvo le note isolate eccezioni”.  

C’è chi confida nella Commissione d’inchiesta per l’emergenza Covid: ritiene possa contribuire -seppure indirettamente- ad indirizzare il governo verso il rifiuto degli emendamenti al Regolamento Sanitario Internazionale?  

“Non credo. La Commissione di inchiesta opera su un piano del tutto differente che è l’indagine sulla correttezza o meno delle scelte operate in Italia per gestire la cd. Emergenza pandemica e su questo poco o nulla ha a che vedere l’OMS, a meno di non volere cercare un capro espiatorio al di fuori dei confini nazionali, cosa che francamente auspico non avvenga. Indubbiamente il rifiuto dell’audizione da parte dell’OMS non ha portato punti in suo favore, ma credo che ora la Commissione debba fronteggiare già troppi problemi nel portare avanti il suo lavoro, per potersi occupare anche della questione degli emendamenti”.

Nel frattempo, l’EMA avrebbe chiesto l’aggiornamento dei vaccini anti-Covid relativamente alla variante LP.8.1. La sensazione è che siamo ancora lontani anni luce dalla volontà -anche politica- di fare giustizia…

“Per poter fare giustizia bisognerebbe innanzitutto avere la capacità di comprendere ed ammettere gli “errori” (se così li vogliamo definire) di valutazione commessi da Ema e dalla Commissione Europea e siamo ben lontani da questa comprensione. La recente esperienza del Covid-19 e quello che sta emergendo negli USA (in realtà era già noto dal 2021 a chi aveva compiuto lo sforzo di leggere i documenti), dimostra che le valutazioni e le conseguenti autorizzazioni all’immissione in commercio di nuovi farmaci per asserite necessità di cura rispondono a meccanismi e a logiche che nulla hanno a che vedere né con l’effettiva esigenza dei nuovi prodotti, né con una previa verifica della loro sicurezza. Il che dovrebbe far comprendere l’urgenza di un intervento nel settore, quanto meno ai giuristi e ai medici, e invece passa totalmente inosservato. La superficialità, l’approssimazione e il disinteresse dei più sono tra i principali motivi per cui la giustizia sembra essere così inarrivabile. Ma fortunatamente molti sono intenzionati a non demordere…”.