ESCLUSIVO. Vaccini Covid, la Corte UE: “Serviva la prescrizione e il medico poteva sconsigliarli”

La causa intentata dal professor Frajese dinnanzi alla Corte di Giustizia UE ha avuto un esito sorprendente. Non perché la richiesta di revoca dell’autorizzazione al commercio dei vaccini effettuata dal ricorrente -difeso dagli avvocati Olga Milanese (Umanità e Ragione) e Andrea Montanari (Eunomis)- sia stata respinta, bensì per le statuizioni confermate dalla sentenza. Per somministrare i vaccini anti-Covid, infatti, secondo la Corte era necessaria la prescrizione medica. Ma c’è di più: i medici avrebbero potuto scegliere se somministrarli o meno e persino sconsigliarli, tant’è che l’eventuale responsabilità civile e penale dei sanitari è riconducibile al caso concreto. Le motivazioni della Corte potrebbero smontare il fondamento dei procedimenti disciplinari e penali avviati nei confronti dei medici che si opposero alle vaccinazioni e attribuire invece gravi responsabilità ai camici bianchi che vaccinarono ‘senza se e senza ma’, con ciò promuovendo anche il rischio di cagionare eventi avversi. Ne abbiamo parlato con l’avvocato Olga Milanese.

Avvocato, la Corte ha dichiarato la carenza di interesse del professor Frajese ad adire la Corte comunitaria per ottenere l’annullamento delle autorizzazioni all’immissione in commercio dei vaccini Covid. Può spiegarci, in sintesi, le motivazioni della sentenza?

“Devo premettere che eravamo perfettamente consapevoli del fatto che difficilmente la Corte ci avrebbe consentito di superare lo scoglio dell’ammissibilità del ricorso, ma abbiamo deciso di tentare ugualmente sia perché i nostri argomenti erano molto solidi, sia perché una volta decorso il termine per le impugnazioni delle autorizzazioni all’immissione in commercio non sarebbe stato più possibile provare a perseguire la strada dell’annullamento. Le azioni presso il Tribunale UE sono vincolate a filtri molto stringenti. Per impugnare un atto della Commissione Europea è necessario dimostrare la sussistenza dell’interesse ad agire qualificato, di una posizione particolare che giustifica l’interesse a richiedere il suo annullamento”.

Cioè?

“In altre parole, bisogna dimostrare che l’annullamento dell’atto sia idoneo a produrre per la persona che agisce delle conseguenze giuridiche, che l’esito positivo della causa sia idoneo a procurare beneficio alla parte che ha proposto ricorso. Per questo, a nostro avviso, la richiesta di annullamento dei provvedimenti che autorizzavano l’immissione in commercio dei vaccini Covid-19 non poteva che essere presentata da un medico. L’atto medico della vaccinazione è, infatti, una diretta conseguenza delle autorizzazioni impugnate; lo scopo stesso degli atti autorizzativi è consentire l’uso dei prodotti autorizzati nel territorio dell’Unione, nel rispetto delle prescrizioni ivi indicate e, dunque, in questo caso, la somministrazione del farmaco. Tanto ciò è vero che gli stessi allegati alle decisioni di esecuzione esigono, per la somministrazione del prodotto autorizzato, la prescrizione medica, che per l’appunto è un’attività affidata unicamente ai medici vaccinatori. Per indurre la Corte a non fermarsi al filtro dell’ammissibilità e analizzare il merito delle questioni poste, abbiamo rappresentato che le decisioni della Commissione impugnate, e dunque l’immissione in commercio dei vaccini Covid, determinano l’obbligo per tutti i medici vaccinatori di dover considerare i rischi ed i benefici del farmaco nell’espletamento delle loro specifiche funzioni, valutazione che, invece, in caso di annullamento degli atti autorizzativi e conseguente ritiro del prodotto dal mercato, non sarebbero tenuti a fare. Di qui l’interesse del prof. Frajese ad adire il Tribunale UE in ragione delle implicazioni dirette che le decisioni impugnate hanno sull’attività dei medici e sulle loro scelte professionali. Abbiamo rammentato anche alla Corte il grande problema della mancanza di strumenti in grado di indurre gli Enti regolatori ad effettuare una verifica effettiva e non formale della sicurezza dei prodotti che il medico è chiamato a valutare e somministrare, e l’altrettanto enorme problema dell’assenza di rimedi giurisdizionali, escluso quello da noi scelto, da poter attivare per impugnare e/o contestare gli atti autorizzativi all’immissione in commercio dei farmaci Covid-19. La Corte non ha voluto riconoscere la sussistenza di un interesse specifico della categoria dei medici a richiedere l’annullamento degli atti che autorizzano l’immissione in commercio dei farmaci, sostenendo che gli unici legittimati ad agire in tal senso sono i destinatari degli atti medesimi, ovvero le case farmaceutiche, che chiaramente mai proporrebbero una simile azione. Va da sé che questo equivale ad affermare la sostanziale inoppugnabilità delle decisioni della Commissione Europea in un settore importantissimo, ovvero quello della salute, peraltro esposto ad enormi conflitti di interessi, trattandosi di decisioni con le quali viene permessa la commercializzazione di prodotti destinati alla prevenzione o cura delle persone. Tutto ciò in difetto non soltanto di un controllo terzo ed imparziale sulla sicurezza del prodotto, ma di un controllo di qualunque tipo e questo può essere dimostrato”.

Nonostante l’esito a Voi sfavorevole della sentenza, la Corte ha dichiarato che i vaccini anti-Covid dovevano essere somministrati su prescrizione, salvo la libertà del medico di sconsigliarli. Non Le sembra un autogol clamoroso da parte della Corte?

“In realtà, speravamo che la nostra puntuale ricostruzione dei motivi posti a giustificazione dell’interesse ad agire del ricorrente, per essere disattesa, avrebbe necessitato un’analisi di merito delle questioni da noi sollevate, e così è stato.

Vi erano solo due possibilità: o confermare l’impossibilità del medico di valutare i vaccini Covid, scegliendo se e quando somministrarli (il che avrebbe dovuto portare ad un riconoscimento del suo specifico e personale interesse a richiedere l’annullamento dei provvedimenti di immissione in commercio), o dichiarare la sua libertà di valutazione e scelta al fine di negare il suo interesse ad adire la Corte europea. In entrambi i casi, avremmo ottenuto una pronuncia importante e così è stato. Certo auspicavamo un esame di merito della nostra richiesta di annullamento delle autorizzazioni (con conseguente ritiro dei prodotti in questione dal mercato), anche in considerazione dell’immane lavoro svolto per dimostrare l’assenza dei presupposti per il rilascio delle autorizzazioni tramite la raccolta, traduzione, numerazione e collazione di tutti gli studi scientifici attestanti la mancanza di sicurezza di questi prodotti, ma il risultato “secondario” ottenuto non è comunque di poco conto”.

Perché, dal vostro punto di vista, era così importante porre l’attenzione sull’immissione in commercio dei prodotti anti-Covid?

“Ritengo che gli atti ufficiali dimostrino in modo lampante che il procedimento autorizzativo si è svolto in violazione non solo della normativa comunitaria, ma delle più banali regole di prudenza, precauzione e buon senso. Di questo, ne ho parlato diffusamente anche con il prof. Marco Cosentino (medico, docente ordinario di Farmacologia presso la Scuola di Medicina dell’Università dell’Insubria, dove dirige il Centro di ricerche in Farmacologia Medica, ndr) in alcuni nostri precedenti interventi. La questione, tuttavia, è talmente tecnica che fatica ad essere compresa appieno dagli stessi professionisti del settore, si immagini quindi la difficoltà di renderla intellegibile nelle aule di tribunale o alle persone comuni. Eppure è fondamentale, perché se si riuscisse a comprendere che la normativa comunitaria, prima ancora che nazionale, posta teoricamente a presidio del processo di verifica e autorizzazione all’immissione in commercio dei farmaci non viene rispettata e dunque non offre alcuna garanzia di controllo, allora anche la giustizia inizierebbe a muoversi con più coraggio verso l’unica direzione possibile”.

Quali saranno i possibili effetti della sentenza?

“La Corte ha dovuto confermare, seppur in un breve inciso, che le decisioni della Commissione di autorizzare l’immissione in commercio “non comportano alcun obbligo, in capo ai medici, di prescrivere e somministrare detti vaccini ai loro pazienti”. Ha ribadito il principio fondamentale del diritto alla libertà di cura e di scelta della cura più idonea, sicura ed efficace da parte del medico, in scienza e coscienza, nel caso concreto e nell’interesse esclusivo della salute del proprio singolo paziente. Questo passaggio è di straordinaria rilevanza perché smonta definitivamente le accuse che sono state mosse in Italia, sia in sede giudiziaria che in sede disciplinare, nei confronti di tutti quei medici che hanno sconsigliato la vaccinazione Covid ai propri pazienti o si sono rifiutati di promuoverla, ripristinando la piena libertà di cura del medico. Inoltre, conferma che sussiste una specifica responsabilità dei medici vaccinatori e delle ASL che abbiano all’inverso somministrato il farmaco senza valutarne adeguatamente l’opportunità, i rischi e la sicurezza nello specifico caso concreto del paziente trattato. Più in generale, la Corte ha dichiarato che “benché il rilascio di un’AIC di un vaccino costituisca un prerequisito del diritto del suo titolare di immettere tale vaccino in commercio in ogni Stato membro, tale AIC non comporta in linea di principio alcun obbligo in capo ai pazienti o ai medici vaccinatori”, ma soprattutto ha confermato che “dagli allegati alle decisioni controverse risulti che una prescrizione medica è necessaria ai fini della somministrazione dei vaccini di cui trattasi”. Ciò è quanto abbiamo da sempre affermato nei ricorsi a sostegno dei lavoratori sospesi, i quali si erano rifiutati di vaccinarsi anche in ragione dell’assenza di una specifica prescrizione medica, benché in molti casi da loro stessi richiesta al proprio medico curante. La prescrizione non è mai stata rilasciata per nessuna delle milioni di dosi somministrate agli Italiani, rendendo tutte le predette somministrazioni contra legem (esimente valida per chi non si è voluto vaccinare), con ciò che ne consegue sul piano giuridico della illegittimità delle disposizioni normative impositive dell’obbligo e della illegittimità dell’“atto medico” della specifica somministrazione”.

Parliamo dello ‘scudo penale’ per i sanitari. Quali responsabilità potrebbero essere attribuite ai medici vaccinatori?

“Le statuizioni della Corte potranno influire nei procedimenti civili e penali per il risarcimento dei danni (biologici, morali e patrimoniali) arrecati alle persone sottoposte a detti trattamenti farmacologici, essendo stati somministrati – per responsabilità da mal practice sanitaria gravante su ASL e medici vaccinatori (di HUB vaccinale o MMG) – “in violazione di legge” per l’assenza di previa prescrizione medica (ricetta ripetibile limitativa, cd RRL). Volendo spiegare in termini comprensibili a chi non è del settore, lo scudo penale opera solo se il trattamento medico viene somministrato conformemente alle indicazioni fornite dagli atti autorizzativi che in questo caso sono state disattese e non soltanto per la mancanza di un’attenta ed adeguata valutazione medica di ciascun paziente esitante nell’atto formale della prescrizione. Le tempistiche ed il numero di dosi somministrate molto spesso non sono stati coerenti con le indicazioni vigenti al momento delle varie somministrazioni e ciò impedisce l’operatività dello scudo penale”.

Dopo il pronunciamento della Corte, l’intera campagna vaccinale anti-Covid potrà essere messa in discussione, anche attraverso la commissione d’inchiesta?

“Credo che la Commissione d’inchiesta abbia già tantissimi elementi per mettere in discussione l’intera campagna vaccinale e spero vivamente che si voglia aprire un serio tavolo di discussione su questo argomento. Indubbiamente, il contenuto della sentenza è utile, come anche l’analisi effettuata nel nostro ricorso con la copiosa documentazione a corredo, documenti che trasmetteremo sicuramente alla Commissione”.

Le sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione Europea vincolano anche i giudici nazionali ai quali viene sottoposta la medesima questione: quali prospettive si potrebbero profilare per le cause ancora in corso, comprese quelle che riguardano i sanitari sospesi e/o radiati durante il periodo Covid?

“Come detto in precedenza, i principi affermati in questa sentenza non potranno essere ignorati dai giudici nazionali, ma è importante che siano richiamati in modo corretto e pertinente. Molto dipenderà da come sono stati impostati i ricorsi introduttivi dei giudizi, dai motivi e dagli argomenti posti a sostegno dell’illegittimità delle misure adottate. Indubbiamente, risulterà fondamentale l’aver posto la questione della violazione della normativa comunitaria e dunque l’aver evidenziato il contrasto tra la normativa interna e quella europea. La CGUE ha ribadito in più passaggi della sentenza che ai medici spettava il compito di valutare nel caso specifico l’opportunità o meno di somministrare i vaccini Covid-19, confermando la necessità di una prescrizione in tal senso, sicché la norma nazionale che si pone in contrasto con questi principi e, ancor prima, con i protocolli di somministrazione contenuti negli atti autorizzativi, incontra il limite della disapplicazione in quanto illegittima”.

La Fnomceo ha dichiarato ripetutamente, anche in epoca pre-Covid, che un medico ha il dovere di promuovere attivamente le campagne vaccinali e che non può -pena la violazione del codice deontologico- ‘sconsigliare’ i vaccini, di qualsiasi tipologia. Potrebbe cambiare orientamento, adesso?

“Dovrebbe! E dovrebbe rivedere le proprie pregresse decisioni assumendosi la responsabilità della “politica” che ha inteso assumere e rimediando ai danni arrecati ai tanti medici ingiustamente vessati da disposizioni insensate, chiaramente contrastanti con le indicazioni terapeutiche degli atti autorizzativi comunitari, con il principio di precauzione e con il giuramento di Ippocrate”.