Quella degli effetti avversi da vaccino anti-Covid è una tematica tabù, spesso banalizzata e minimizzata, persino dagli addetti ai lavori. Pochi hanno il coraggio di affrontare l’argomento. Denunciare una reazione sospetta è, inoltre, tutt’altro che agevole e metterla in correlazione con l’iniezione è ancora più complesso. Ad oggi non è dato conoscere le modalità con cui si svolge la farmacovigilanza attiva per i prodotti anti-Covid, l’unico sistema ufficiale di monitoraggio delle vaccinazioni. L’iniziativa “Nessun nesso”, promossa dall’Associazione Umanità e Ragione, si prefigge di documentare i possibili effetti avversi causati dai vaccini anti-Covid 19, favorendo “la condivisione di esperienze anche a tutela di eventuali danneggiati”. Il fine del progetto è “aiutare chi ha sviluppato delle problematiche dopo la vaccinazione, senza aver tuttavia ricevuto una diagnosi. Il nostro scopo non è quello di dimostrare necessariamente la correlazione con il vaccino, ma di approfondire e di indagare, prestando assistenza al presunto danneggiato” ha dichiarato l’avvocato Olga Milanese, presidente dell’Associazione. “Ritengo -ha proseguito il legale- ci sia un problema di sottovalutazione dei rischi, perché non vengono sufficientemente indagati. Le segnalazioni degli effetti avversi sono notevolmente sottostimate e ciò è fonte di ostacoli sia per quanto riguarda l’accertamento della sicurezza e quindi del vaglio del rapporto rischio-beneficio per il singolo paziente, sia in termini indennitari e risarcitori. Inoltre manca un’informazione adeguata relativamente a questi nuovi prodotti”. Nella sezione del sito di Umanità e Ragione (https://umanitaeragione.eu/nessun-nesso-racconti-di-vaccinati/) sono presenti le indicazioni per mettersi in contatto con la commissione medico-legale dell’associazione. Tra i componenti anche il professor Marco Cosentino, medico e dottore di ricerca in Farmacologia e Tossicologia, professore ordinario di Farmacologia presso la Scuola di Medicina dell’Università dell’Insubria, dove dirige il Centro di ricerche in Farmacologia Medica. “L’equivoco enorme -ha precisato il docente- è che si possano soddisfare le condizioni messe nero su bianco dalle agenzie regolatorie che hanno autorizzato questi prodotti in emergenza e sotto condizione (di fronte all’urgenza di rispondere all’emergenza pandemica, per l’appunto), per quanto riguarda la valutazione della sicurezza. Quest’ultimo aspetto è stato maggiormente penalizzato nella rapidissima e, per certi versi efficientissima, fase di sviluppo dei vaccini. Vaccini che sono stati messi a punto sulla base di un singolo, brevissimo studio clinico, durato un mese e mezzo o due, cioè il tempo per valutare quel minimo sindacale in termini di efficacia e di sicurezza. Non è possibile valutare la sicurezza durante una sperimentazione autorizzativa durata alcune settimane e che ha coinvolto poche decine di migliaia di persone. Il fatto di valutare la sicurezza di questi prodotti basandosi solo sulla segnalazione spontanea delle reazioni avverse e, cioè, sulla mera farmacovigilanza passiva, è un malinteso enorme. Le segnalazioni effettuate dal medico o dal cittadino sono sì fondamentali, ma non per trarre delle conclusioni, bensì per identificare potenziali problemi che vanno approfonditi successivamente. Ai fini della valutazione della sicurezza si sta procedendo con una certa leggerezza, seppure giustificata dall’emergenza, ignorando che mai, prima d’ora, si era raggiunta una percentuale di vaccinati così elevata e capillare”. La prima difficoltà riscontrata è rappresentata dalla finestra temporale: “Essendo questi prodotti innovativi classificati come vaccini, per gli enti regolatori e per il decisore politico si applicano criteri fortemente restrittivi, per cui le eventuali reazioni avverse sono quelle tipiche dovute all’attivazione più o meno blanda e transitoria del sistema immunitario, indotta dai vaccini convenzionali”, ha precisato il professor Cosentino, che ha aggiunto: “Sempre secondo l’algoritmo, gli effetti avversi si considerano tali solo se si verificano entro la finestra temporale di quattordici giorni. Ciò che avviene oltre le due settimane non può essere correlato, per definizione. È tuttavia paradossale che, ai fini della valutazione dell’efficacia, il soggetto non è considerato pienamente vaccinato finché non sono trascorse due settimane dall’inoculazione. La contraddizione emerge ancora più chiaramente quando si presta attenzione alle pur scarne notizie di cronaca che ci riferiscono dell’esito dei percorsi giudiziari intrapresi dalle persone colpite dalle conseguenze più gravi dei vaccini: in alcuni casi il nesso causale è stato dimostrato nonostante fossero trascorse diverse settimane dall’inoculazione. Personalmente ho fortissimi dubbi che questi ultimi casi siano entrati nelle statistiche ufficiali, proprio a causa del mancato rispetto della finestra temporale dei quattordici giorni. I dati sono monchi. Attenzione, inoltre, a non lasciarsi trarre in inganno da quegli enormi archivi (anche statunitensi) di segnalazione delle reazioni, in quanto non riportano il giudizio finale di correlazione o non correlazione: proprio per questo si tratta di dati inutilizzabili”. I casi sottoposti all’attenzione dell’Associazione saranno esaminati da una commissione medico-legale che, all’occorrenza, predisporrà ulteriori indagini. Ove ne ricorrano i presupposti, essi verranno adeguatamente relazionati ai fini di ricerca, sempre nel rispetto della privacy degli aderenti all’iniziativa. Per l’avvocato Milanese, “il nostro progetto è un invito ai medici a collaborare. Il fatto che non si riesca mai ad affrontare serenamente la tematica delle reazioni avverse fa sì che anche nelle aule di giustizia non si arrivi a comprendere l’importanza di dare ascolto a coloro che hanno legittimamente chiesto di non sottoporsi a questo trattamento sanitario. I decessi correlati ufficialmente alla vaccinazione sono, al momento, oltre venti: ciò pone un enorme problema etico e umano. Alcuni di questi casi riguardano persone perfettamente sane. Supponiamo pure che il numero dei decessi correlato al vaccino sia così basso, si può considerare lecito l’obbligo vaccinale e, quindi, si può considerare “giusto” sacrificare anche solo una vita umana, per il bene della collettività? Non stiamo facendo un balzo all’indietro di millenni? Non stiamo arretrando, anziché avanzando?”. Proprio negli ultimi giorni il professor Peter Doshi (da noi intervistato il 20 novembre scorso: https://www.buongiornosuedtirol.it/2021/11/esclusivo-il-professor-peter-doshi-sui-vaccini-poche-informazioni-conteranno-solo-gli-studi-osservazionali/) ha dichiarato, a Il Fatto Quotidiano, che Pfizer ha assunto 1800 addetti al fine di indagare l’elevatissimo numero di segnalazioni avverse. Che sia forse giunto il momento di affrontare la questione con il rigore scientifico necessario?