Unitrento, scoperto meccanismo alla base del morbo di Parkinson

 Grazie allo studio di una rara forma ereditaria della malattia di Parkinson, ricercatori dell’Università di Trento hanno descritto un nuovo meccanismo patologico alla base della malattia che potrebbe in futuro essere sfruttato in chiave terapeutica anche per le forme non genetiche. Pubblicato sulla rivista Brain*, il lavoro è stato coordinato da Giovanni Piccoli, ricercatore del Dipartimento di Biologia cellulare, computazionale e integrata (Cibio), con il supporto del programma carriere della Fondazione Telethon, l’Istituto Telethon Dulbecco.
Quella di Parkinson è una malattia neurodegenerativa ad evoluzione lenta ma progressiva, che coinvolge specifiche aree del cervello, i gangli della base, deputate al controllo del movimento e dell’equilibrio. Nel tempo si assiste alla degenerazione di specifici neuroni presenti nei gangli della base, quelli dopaminergici, e parallelamente alla comparsa di aggregati di proteine con effetto tossico sulle cellule. Ad oggi le basi molecolari della malattia non sono ancora note e questo ha ostacolato lo sviluppo di farmaci risolutivi: infatti, le terapie farmacologiche attuali basate sul trattamento L-DOPA o DOPA agonisti sono in grado soltanto di alleviare i sintomi, ma non di risolvere la malattia alla radice.
Coinvolta in diversi meccanismi cellulari, fra cui il controllo dell’attività neuronale, LRRK2 è una chinasi, ovvero una proteina che agisce trasferendo un gruppo fosfato ad altre molecole: questa reazione chimica, denominata fosforilazione, è un meccanismo fondamentale usato dalle proteine per regolare i programmi cellulari. In presenza della mutazione G2019S, associata all’insorgenza di forme familiari di Parkinson, LRRK2 aumenta la sua attività di fosforilazione. Inoltre, studi condotti su materiale autoptico di pazienti e neuroni umani generati a partire da cellule pluripotenti hanno evidenziato come la mutazione G2019S di LRRK2 induca morte cellulare e formazione di aggregati proteici. Tra le proteine bersaglio di LRRK2 c’è anche NSF, un enzima coinvolto nel traffico delle vescicole: ed è proprio su questo enzima che si sono concentrati i ricercatori del Cibio.
«Abbiamo scoperto che una volta fosforilato da LRRK2, NSF precipita e forma aggregati proteici che, a lungo andare, danneggiano le cellule nervose non solo nei gangli nella base, ma anche in aree cerebrali cruciali per la memoria e l’apprendimento, come per esempio la corteccia e l’ippocampo – spiegano Francesca Pischedda e Maria Daniela Cirnaru, le ricercatrici che hanno condotto la maggior parte degli esperimenti. I risultati sperimentali hanno infatti evidenziato come nei modelli preclinici della mutazione G2019S di LRRK2 l’aggregazione di NSF possa essere alla base dei difetti motori e cognitivi tipici della malattia di Parkinson».

Foto. Il Team di Piccoli/ creditUniTrento

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