Sono anni che continuo a ripetere come la comunità di lingua italiana sia una minoranza in Alto Adige e di come debba prendere coscienza di essere tale.
Stando al censimento del 2010 il 26% circa della popolazione altoatesina ha dichiarato di appartenere al gruppo linguistico italiano. Questo dato, inquadrato nella dimensione locale ove esistono altre 2 comunità linguistiche ovvero quella tedesca (69% circa) e quella ladina (5% circa), ci indica esplicitamente di come quella italiana sia una minoranza a tutti gli effetti in Alto Adige.
Con ciò non voglio gettare legna sul fuoco dei populismi passati, tuttavia vorrei sollecitare la comunità italiana nel rendersi conto che il suo frazionamento interno non le porta grandi risultati. Infatti emerge come negli ultimi anni essa abbia perso peso politico in ogni contesto, in consiglio provinciale e nei vari consigli comunali.
Nel primo caso vanno ricordate le elezioni del 2013, una disfatta per la comunità italiana, capace di eleggere solo 5 rappresentanti in consiglio provinciale a fronte di un potenziale elettorale di 8, con la conseguente di un assessorato in giunta che ci ha resi, di fatto, ininfluenti sulle politiche provinciali. Sarebbe stata sufficiente l’elezione di un sesto consigliere provinciale per evitare la perdita di un assessorato. Tutto ciò è accaduto per diversi motivi:
Sul piano comunale diversi sono gli esempi che dimostrano un’evidente sotto-rappresentanza della comunità di lingua italiana.
Si prenda il caso di Bressanone che ha sempre avuto 2 assessori italiani in giunta comunale.
Si consideri inoltre che Bressanone ha un potenziale elettorale di 7 consiglieri di lingua italiana.
Un altro caso è quello di Vipiteno dove la rappresentanza della comunità di lingua italiana si è dimezzata negli ultimi 10 anni circa passando da 5 a 3 consiglieri comunali.
Davide Orfino (AAnC) rimaneva fuori dal consiglio comunale per una manciata di voti. Un solo assessore tornava in giunta, che tuttavia per la prima volta andava a ricoprire l’incarico di vicesindaco per un anno.
Sia nel 2010 che nel 2015 la comunità di lingua italiana usciva pesantemente sotto-rappresentata, non riuscendo a conseguire il suo potenziale elettorale di 5 consiglieri comunali, perdendo quindi un assessorato. Il centro destra ha invece subito un fortissimo ridimensionamento passando da ben 3 consiglieri comunali eletti da Alleanza Nazionale alle elezioni del 2000, ad un consigliere leghista del 2015.
Ultimo esempio è quello di Cornedo all’Isarco, in cui storicamente si ha sempre avuto la presenza di un assessore della comunità italiana. Alle ultime elezioni comunali oltre alla storica lista civica si presentava anche il Partito Democratico eleggendo un consigliere espressione della comunità di lingua tedesca, con voti in gran parte appartenenti al bacino elettorale italiano. In questo modo la storica lista civica eleggeva un solo rappresentante in consiglio comunale, perdendo quindi la possibilità di entrare in giunta comunale.
Durante le elezioni comunali spesso si riscontrano liste che pescano principalmente dall’elettorato di lingua italiana, ma che al contempo eleggono rappresentanti di altri gruppi linguistici. In tal modo non si fa altro che indebolire il gruppo linguistico italiano nella sua capacità di incidere sulle politiche comunali e provinciali. Il destino della comunità italiana sembra quello di una riserva di panda, mutuando un’affermazione fatta sull’Alto Adige riguardo agli italiani in Val Venosta.
L’auspicio, nonché la speranza, è quella di una comunità che cominci a prendere coscienza di se stessa, comprendendo in primo luogo di essere una minoranza. Allo stesso tempo servono politiche elettorali di sintesi, dove smettano di prevalere gli individualismi e si faccia spazio al bene della comunità italiana. Non si tratta di sciovinismo, ma di semplice buon senso. Tutti i gruppi hanno diritto a essere portavoce di questa autonomia e ad impegnarsi per preservarla e migliorarla, rendendola più inclusiva. Non possiamo delegare parte della nostra responsabilità politica ad un altro gruppo linguistico, per poi continuare a lamentarci. Oltretutto è giunto il tempo di chiedersi cosa vogliamo fare della nostra comunità: come ci vediamo fra 10, 20 o 30 anni? Bisogna cominciare a interrogarsi sul nostro futuro e su cosa vogliamo diventare da grandi, soprattutto se vorremo ancora esistere.
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