Il vuoto di rappresentanza degli “italiani” in Val Venosta

Il gruppo linguistico italiano ha mostrato negli ultimi lustri una crescente ed allarmante disaffezione alle dinamiche politiche locali, principalmente a quelle comunali, dove in diverse realtà è praticamente scomparso. In Val Venosta il 2010 è stato un anno che ha sancito la totale esclusione del gruppo linguistico italiano dal consiglio comunale di Naturno, Prato e Silandro. I numeri non mancavano, ciò che è mancato sono stati il coordinamento, l’organizzazione, la pianificazione politica affinché gli italiani potessero essere adeguatamente rappresentati all’interno delle istituzioni comunali. Nel 2015 il problema potrebbe ripresentarsi, se non si mettono sul campo competenze e strategie che possano permettergli di tornare a contare qualcosa, di riprendersi quelle posizioni istituzionali necessarie a garantire una rappresentanza di una minoranza, che non ragiona come tale, ma che è purtroppo focalizzata su piccoli conflitti interpersonali, che in qualche modo la caratterizzano. La questione tuttavia è anche legata alla volontà di impegnarsi in prima persona. Chi in queste realtà vuole metterci la faccia? Chi vuole assumersi un’importante responsabilità di una comunità frammentata, che non vuole dialogare al suo interno? I partiti “italiani” a quanto pare non hanno molto interesse nel catalizzare queste sacche di voti, poche decine, forse qualche centinaio. Nelle logiche provinciali forse non fanno abbastanza gola, quando invece sono proprio queste “sacche”, sparse per il Sudtirolo, che possono permettere l’elezione di un consigliere provinciale in più. Succede poi che molti di questi voti finiscano alla Svp, che ormai da qualche periodo a questa parte, può contare su una buona fetta di elettorato italiano. Per quanto riguarda i partiti “italiani” manca tuttavia una specifica conoscenza del territorio, un interesse verso quelle dinamiche di periferia, che gli permettano di diventare soggetti politici territoriali a 360°. Nel momento in cui essi guariranno dal “Bolzano centrismo” e cominceranno a considerare il Sudtirolo nel suo insieme, forse anche gli italiani in periferia cominceranno a sentirsi rappresentati ed avranno voglia di farsi rappresentare adeguatamente. Approciandosi in maniera scientifica ad ogni realtà, indagando le reali possibilità di mandare propri rappresentanti in seno ai consigli comunali, si potrebbe contribuire ad un contro bilanciamento dello strapotere territoriale della Volkspartei. Quei 100 elettori di madrelingua italiana a Prato, votando, manderebbero almeno un loro rappresentante in consiglio comunale. Quei 270 elettori di Silandro, votando, riuscirebbero ad eleggere ben 2 rappresentanti; ciò significherebbe un assessore in giunta comunale in virtù della legge regionale per la tutela delle minoranze linguistiche. Stessa cosa varrebbe per i comuni di Laces e Naturno dove in entrambi i casi ci sono voti a sufficienza per mandare un proprio rappresentante in consiglio comunale. Fortunatamente Malles è coperta, dove Bruno Pileggi, finanziere in pensione, nelle ultime 3 legislature è sempre riuscito a farsi eleggere presentando una propria lista, che ha conseguito ottimi risultati nel 2000 e nel 2005 (anno in cui presentandosi con “la margherita” è riuscito a raccogliere il 5,1% dei consensi, ossia 140 voti). Questo è un discorso che non vale solo per la Val Venosta. Questo approccio scientifico alle realtà periferiche manca dappertutto, rasentando più volte l’assurdo. In questa sede si è voluto porre l’attenzione sulla Val Venosta, tuttavia anche vicino alla stessa Merano ci sono delle situazioni, come Marlengo e Lana, dove la comunità di lingua italiana non si rappresenta e non viene adeguatamente rappresentata. A chi appartiene la colpa? I partiti “italiani” dovrebbero chiederselo. Radicarsi sul territorio gli darebbe molta più visibilità e forza. Perché giocare solo le partite più interessanti?

Giuseppe Sepp Marino

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