Merano ricorda le vittime del 30 aprile 1945

È il 30 aprile del 1945: In corso Libertà, all’altezza dell’incrocio con l’attuale via XXX Aprile, dalle finestre dei palazzi che si affacciano sulla via, alcuni soldati della Wehrmacht aprono il fuoco sulla folla  uccidendo un gruppo di meranesi che si riversa pacificamente nelle strade e nelle piazze per festeggiare  la liberazione dal regime nazifascista. A perdere la vita otto cittadini meranesi, moltissimi i feriti.

Anche quest’ anno per  ricordare le vittime di quella strage e per celebrare i valori della libertà, della democrazia e dell’uguaglianza, si è svolta questa mattina la messa in onore e suffragio dei Caduti della città di Merano celebrata presso la chiesa di Santo Spirito. Successivamente in  piazza Teatro si è svolta la cerimonia di commemorazione con la deposizione di una corona di alloro ai piedi della lapide che, posta sulla facciata ovest del teatro Puccini, ricorda quel tragico capitolo della storia di Merano e i nomi dei concittadini ai quali quell’ultimo, folle rigurgito di violenza costò la vita.

“Il 30 aprile 1945 si consumò anche nella nostra città una delle numerosissime stragi di vittime civili avvenute in Italia nel periodo compreso fra il 1943 e il 1945 e per mano della Wehrmacht e delle SS in ritirata dopo l’invasione. I fatti sono purtroppo noti a tutti: a rimanere a terra senza vita, anche un bambino”, ha voluto ricordare il sindaco Dario Dal Medico. 

“Ogni anno – ha proseguito il primo cittadino – ci ritroviamo qui in questo luogo per ricordare quel tragico evento che macchiò di sangue le strade della nostra città e le persone innocenti che pagarono quel gesto folle con la loro vita: una data e nomi sono scolpiti nella nostra memoria e tali rimarranno”  Ma in questa circostanza vorrei proporre anche un’altra riflessione. Proprio nell’aprile del 2017, è scomparso, all’età di 91 anni, l’ultimo sopravvissuto a quella strage. Si chiamava Pietro Lonardi. Il 30 aprile 1945 aveva 18 anni: fu ferito gravemente dai soldati nazisti e gli venne anche amputata una gamba. Chi lo ha amato e conosciuto, lo ricorda come una persona che mai, nonostante la drammatica esperienza che così profondamente ha segnato la sua vita e le sue condizioni di salute, ha nutrito un desiderio di rivalsa, mai ha avvertito un sentimento di disprezzo o di rancore, nella consapevolezza che non esiste peggiore nemico dell’odio che si nutre di odio. Oggi, a 77 anni di distanza da quella strage, oggi più che mai in questo particolare contesto storico, abbiamo anche noi, ognuno e ognuna di noi, una responsabilità forte e chiara. È la responsabilità di scrivere ogni giorno, nei piccoli e nei grandi gesti della quotidianità, una storia. Una storia di coraggio, innanzitutto. Il coraggio di rispettare le idee altrui, di voler capire prima di discutere e di discutere prima di valutare. Il coraggio di ricordare ma anche di perdonare. E di continuare a coltivare la pace, quella pace che noi tutti desideriamo e che inizia dentro ciascuno e ciascuna di noi”.