
L’aconito, insieme ad altre erbe medicinali, compare nelle confessioni delle donne dello Sciliar processate come streghe nel 1506 e 1510. L’Aconitum napellus trovava larghissimo impiego nella farmacopea popolare. In dosi terapeutiche rallenta i battiti cardiaci e la frequenza degli atti respiratori favorendo una lieve diminuzione della pressione sanguigna. In dosi elevate determina uno stato di confusione mentale, toglie la sensibilità, superficiale e profonda, dando l’impressione di non avere il contatto con il terreno sotto i piedi. La sua somministrazione in piccolissime dosi (si tenga presente che due milligrammi sono sufficienti per provocare la morte) serviva per curare le dolorose nevralgie del trigemino, tutti i tic dolorosi del viso, dolori intercostali, l’asma, le bronchiti, le laringiti, il mal di denti, le lombaggini, la sciatica, la pertosse, le sindromi dolorose del tubo digerente e per bloccare i conati di vomito.
Il nome “aconitum” deriva dal greco perché pare che i Greci la usassero per avvelenare i lupi. La conoscevano anche gli indios precolombiani che la impiegavano per avvelenare la punta delle frecce.
Con l’aconito “le streghe” preparavano un unguento con il quale si spalmavano il corpo. Non è desumibile dai processi la modalità relativa alla preparazione della ricetta dell’unguento usato dalle presunte streghe. Si sa soltanto che mettevano a maturare le foglie di aconito in una sostanza grassa. Dopo essersi spalmato il corpo avevano l’impressione di volare e di camminare sulle nuvole. Di qui il “volo delle streghe”.
Bibliografia essenziale
“Streghe. L’ossessione del diavolo, il repertorio dei malefici, la repressione. Pinuccia Di Gesaro, Edizioni Praxis, Bolzano.
I Giochi delle Streghe. Pinuccia Di Gesaro, Edizioni Praxis, Bolzano.
Le streghe dolomitiche. Pinuccia Di Gesaro, Edizioni Praxis, Bolzano.
Caccia alle streghe in Italia tra il XIV e il XVII secolo. Praxis Edizioni, Bolzano.
Sante Medichesse e Streghe nell’arco alpino. Praxis Edizioni, Bolzano.