Convegno diocesano sulla tutela dei minori, serve un cambio di sistema

Una conversione pastorale ed ecclesiale che inneschi cambiamenti nei contenuti e nella struttura, che aiuti a trasformare il sistema e non solo a combattere i sintomi: è l’invito emerso oggi (22 novembre) a Bolzano nell’annuale convegno diocesano dedicato alla prevenzione degli abusi.

 

Quest’anno l’appuntamento promosso dal Servizio specialistico diocesano per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili ha approfondito – come recitava il titolo – i contesti sistemici dell’abuso: esaminare le cause, le condizioni e gli atteggiamenti che hanno permesso, protetto e negato l’abuso. “L’abuso non è mai solo un evento tra due persone, ma è sempre inserito in un contesto intellettuale e strutturale che favorisce e copre la violenza sessualizzata e l’abuso”, ha ricordato don Gottfried Ugolini, il responsabile del Servizio diocesano.

 

Ai molti partecipanti al convegno – sacerdoti, diaconi, religiosi, collaboratori pastorali, insegnanti di religione, responsabili di associazioni – Peter Beer (Istituto di antropologia della Gregoriana a Roma) ha ricordato che la prospettiva sistemica sottolinea le interazioni che possono rafforzare o inibire determinati processi, effetti e circostanze nelle istituzioni. Nei casi di abuso nell’ambito di responsabilità della Chiesa, una prospettiva sistemica rende chiaro che, quando si tratta di elaborare l’abuso, concentrarsi semplicemente sui singoli colpevoli o sulle coperture non è sufficiente.

 

Affinché i casi di abuso vengano realmente combattuti e si possano prevenire al meglio ulteriori episodi in futuro, è necessario prendere in considerazione e affrontare in modo differenziato un’ampia gamma di fattori: occorre tenere conto degli aspetti della storia contemporanea, delle condizioni ecclesiali e sociali, degli atteggiamenti e delle scoperte scientifiche. Peter Beer fa parte del gruppo direttivo diocesano che a Bolzano si occupa della tematica.

 

Alexander Notdurfter, docente di teologia pastorale allo Studio teologico accademico a Bressanone, ha analizzato le conseguenze e i danni collaterali degli abusi: quando le vittime e gli autori vengono alla luce e le cause e le condizioni dell’abuso vengono riconosciute e prese sul serio, lo shock è generale.

 

Le reazioni variano da “non è possibile” a “finalmente sta accadendo qualcosa” e possono spaccare una comunità o un’istituzione. L’intero sistema è confuso e reagisce di conseguenza. Ciò richiede una riflessione onesta e sensibile sul trauma da una prospettiva teologica e sociologica, al fine di impostare una conversione pastorale ed ecclesiale radicale che inneschi cambiamenti nei contenuti e nella struttura.

 

Il futuro e i percorsi da intraprendere per avviare una profonda trasformazione sono stati affrontati dal direttore dell’Ufficio pastorale Reinhard Demetz: un impegno che investe tutti i settori e i livelli della vita ecclesiale e richiede un ripensamento all’insegna della trasparenza, della distribuzione più articolata di compiti e responsabilità, del superamento del clericalismo inteso come uso del potere a proprio vantaggio.

 

Demetz ha citato l’indicazione specifica emersa dal Sinodo mondiale appena concluso: è indispensabile che la Chiesa attivi e promuova una cultura della prevenzione e della tutela, rendendo le comunità luoghi sempre più sicuri per i minori e le persone vulnerabili, offrendo una formazione specifica e continua a coloro che lavorano con i minori e gli adulti vulnerabili, monitorando e valutando costantemente i processi di safeguarding. “L’obiettivo è trasformare il sistema stesso e non solo combattere i sintomi”, ha detto.

 

A conclusione dei lavori, il vescovo Ivo Muser ha auspicato tre visioni per il futuro. La prima: “Chiesa e società sono consapevoli che l’abuso è il risultato di un’anti-cultura sociale e si assumono la responsabilità di un cambiamento verso una cultura dell’attenzione, del coraggio civico, che rispetti la dignità dell’essere umano, la sua libertà e la sua vita. Cambiare il linguaggio e il comportamento, indicare procedure chiare, estirpano le condizioni che innescano gli abusi.”

 

Il secondo scenario riguarda contenuti e strutture della realtà ecclesiale e sociale: “Quando pensiamo al potere – così Muser – chiediamoci come lo gestiamo nei nostri ambiti di vita e di lavoro. Un dialogo aperto su questo tema è centrale, senza fingere di non vedere e senza paura di parlare schiettamente. “

 

Il terzo scenario investe l’approccio sistemico al tema dell’abuso: i membri della Chiesa e della società mostrano coraggio civico e responsabilità nel prevenire, riconoscere e gestire ogni forma di abuso e violenza. “Il progetto ‘Il coraggio di guardare’ in atto nella nostra diocesi – ha spiegato – prevede un processo partecipativo orientato alla prevenzione.”

Foto. Il Vescovo Ivo Muser presente al convegno