SPACEWAYS – Tracciati di musica e danza: ANTONELLA BERTONI chiude il primo weekend con “C’è vita su Venere”

Dopo l’inaugurazione affidata alla coinvolgente performance di Parini Secondo, seguita dal jazz elettronico di Daykoda e dalla strepitosa sassofonista americana Lakecia Benjamin, e aver proseguito con un sabato che ha visto protagonista la giovane producer LNDFK e la visionaria Cosmic Ranaissance di Gianluca Petrella, la chiusura di questo primo weekend di SPACEWAYS – Tracciati di musica e danza, non poteva che essere affidata alla fisicità di Antonella Bertoni, che domani, domenica 26 marzo (alle ore 12), con il solo C’è vita su Venere delizierà l’Auditorium Melotti di Rovereto e regalerà al pubblico l’occasione di intraprendere un viaggio pieno di vita e sinceramente emozionante.

C’è vita su Venere è un lavoro di Michele Abbondanza e Antonella Bertoni, con il disegno luci di Andrea Gentili, le elaborazioni sonore di Orlando Cainelli e l’abito disegnato da Chiara Defant. Una performance nata nel 2021 ispirata alla figura mitologica dell’araba fenice, che viene riletta in chiave ironica grazie a una grande testa di gallina indossata da Antonella Bertoni. Iconica figura del teatro-danza nazionale, Antonella Bertoni torna sul palco dopo diverso tempo lontana dalle scene con questo pezzo sugli stereotipi dell’universo femminile: «Da molto ero lontana dalla scena, esiti pandemici a parte, in timido ascolto e rispetto delle trasformazioni che l’età scava nel mio corpo – scrive Bertoni nelle note – Allora forse proprio il momento speciale che stiamo vivendo mi ha spinto, come istintivamente, a ri-addentrarmi in una pratica che ben conosco e che pur sento nuova. Una pratica fisica e non, che si è rivelata subito sensibile ad una vocazione che sentivo in me primaria: anelare al momento dell’incontro, del “muovermi”, del fare teatro. E facendolo non ho potuto prescindere da un segno fortemente personale: persona, cioè letteralmente “la maschera di un personaggio (attore)”, che ho tentato e non so ancora se vanamente, di scalzarmi dal viso. Così sono approdata su un altro pianeta, trovandoci un’infinità di vita e di altre vite. Di tutte sarebbe valsa la pena raccontare e danzare i contorni: ne ho attraversate solo e curiosamente alcune convinta che nessuna donna è “ogni donna”».

C’è vita su Venere ha registrato grande approvazione di pubblico e critica. Giovanna Caggegi sulle pagine de La Sicilia non ha esitato a definire il lavoro come «un piccolo gioiello performativo, un divertissement studiatissimo che quel mito rivisita in chiave ironica e lo affida all’effetto dissonante di una maestosa testa di gallina indossata dalla performer […]». Con C’è Vita su Venere, ha scritto ancora Giovanna Caggegi, una «straordinaria Antonella Bertoni restituisce una raffinatissima ricerca concettuale, nella micropartitura del corpo, tessuta di movenze, scatti repentini, ammiccamenti e rivoluzionarie agnizioni».

Ma i tracciati di musica e danza non finiranno di certo qui. Spaceways tornerà con un secondo weekend, in programma dal 12 al 14 maggio, il cui focus si incentrerà maggiormente sulle sonorità elettroniche ed il loro rapporto con il video, con artisti di primo piano della scena europea e della danza contemporanea.

Info e biglietti

Biglietti disponibili in prevendita su www.boxol.it/centrosantachiara/it oppure presso le biglietterie del Teatro Sociale e dell’Auditorium S. Chiara.

“C’è vita su Venere”

di Michele Abbondanza e Antonella Bertoni

con Antonella bertoni

disegno luci Andrea Gentili

direzione tecnica Claudio Modugno

elaborazioni sonore Orlando Cainelli

maschera e oggetti di scena Nadezhda Simenova

abito Chiara Defant

In prossimità della propria morte la Fenice costruisce il nido: lì essa brucia completamente e dalle sue ceneri genera l’uovo nuovo. “Il cigno” di Saint-Saëns (anche Zeus dovette trasformarsi in cigno per arrivare a fecondare l’uovo di Leda) genera qui un amato uovo di gallina.

Il conseguente festoso entusiasmo si declina in una consumistica esplosione rosa, che confluisce in un esaurimento e svuotamento del personaggio, esausto e circondato dai resti del suo agire. Rimane solamente l’interprete abbandonata sotto il costume: è il tempo dello svelamento, di rivelare la possibile fragilità di chi si nasconde dietro a una maschera, dietro a un velo ed anche dietro al suo stesso viso. Per vedere chi la sta guardando e giudicare chi la sta giudicando. Si innesta così l’ultima metamorfosi in creatura con stampelle, quadrupede espiatorio (capro?) o meraviglioso ed enigmatico ippogrifo, che lentamente si allontana, solitario passeggiatore tra passate rovine.

Foto/c-Tobia Abbondanza

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