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ESCLUSIVO. Obblighi e articolo 32. Il costituzionalista Carlo Iannello: “Andiamo verso un dirigismo sovranazionale”

18 Febbraio 2023

ESCLUSIVO. Obblighi e articolo 32. Il costituzionalista Carlo Iannello: “Andiamo verso un dirigismo sovranazionale”

La Corte costituzionale non avrebbe mai potuto sconfessare il legislatore, perciò ha deciso di compiere un viaggio a ritroso, catapultandosi all’inizio del 2021, quando, secondo la maggior parte degli esperti, i vaccini rappresentavano l’unica soluzione contro il Covid. Lo scorso dicembre la Corte ha emesso tre sentenze riguardanti il profilo di illegittimità dell’obbligo vaccinale anti SARS-CoV-2: nella sentenza 14 e nella 15 ha dichiarato “non fondata” la questione di legittimità, mentre nella sentenza 16 l’ha definita “inammissibile”. La Corte ha “salvato” l’obbligo, suscitando aspre critiche da una parte e grandi esultanze dall’altra. “Non c’erano alternative: le conoscenze attuali sull’efficacia e la sicurezza dei vaccini avrebbero indotto la Corte a decidere diversamente. Ha così fatto una valutazione ex ante, cioè immedesimandosi nella situazione del 2021, con i dati allora disponibili”. A parlare è il professor Carlo Iannello, costituzionalista, docente di Istituzioni di Diritto Pubblico presso l’Università della Campania “Luigi Vanvitelli”. Esperto di biodiritto, è autore del libro “L’interpretatio abrogans dell’art. 32 della Costituzione” (Editoriale Scientifica, 2022). Sul fatto che già lo studio autorizzativo Pfizer e il report FDA/Pfizer del 10 dicembre 2020 avessero evidenziato numerose criticità, il professore sottolinea: “La confusione che si è creata negli ultimi anni non ha eguali nella Storia. Auspico non si ripeta più nulla di ciò che abbiamo vissuto”. Sul futuro, però, più ombre che luci: “Ci stiamo avviando verso un nuovo dirigismo sovranazionale. Il pur criticabile periodo neoliberale, quello del governo dei mercati, per intenderci, sembra alle nostre spalle”.

Professore, in due sentenze su tre la Corte ha respinto le questioni ribadendo la legittimità delle norme. Nell’ultima non si è espressa, dichiarando la questione inammissibile. Domanda secca: si aspettava una decisione del genere?

“Era prevedibile che la Corte cercasse di giustificare l’operato del legislatore, poiché, pur essendo un organo di garanzia, non è avulsa dal contesto storico, politico e sociale del Paese. Inoltre, la Corte mantiene spesso una posizione conservativa della legislazione, in quanto si fa carico anche delle conseguenze erariali che potrebbero derivare dalle sue decisioni: immagina quante richieste di risarcimento sarebbero nate con un annullamento della legge?”.

Partiamo dall’ultima sentenza, la numero 16. Perché la Corte non si è pronunciata?

“La Corte ha dichiarato la questione inammissibile, quindi non è entrata nel merito e non ci ha rivelato se fosse fondata o meno. La questione sollevata dal Tar Lombardia era delicata, perché riguardava il caso di una psicologa non vaccinata che, pur lavorando solo da remoto, ha subito la sospensione. La conseguenza patita dalla psicologa è di una irragionevolezza lampante. Se la Consulta fosse entrata nel merito, come avrebbe potuto non evidenziarlo? Tuttavia, non decidendo, resta aperta la questione di costituzionalità sollevata dal Tar di cui dovrà occuparsi, a questo punto, il giudice ordinario. Per la Corte, infatti, la competenza è del giudice ordinario. Inoltre, così ha aperto la strada alla moltiplicazione dei conflitti: tutti i professionisti che si trovano in situazioni simili potranno adire i tribunali nel lungo termine di prescrizione dei diritti”.

La seconda sentenza (la numero 15) risponde alle questioni di legittimità sollevate dai Tribunali di Brescia, Catania e Padova. Per la Corte è ragionevole non assegnare al sanitario non vaccinato altre mansioni e neppure un assegno alimentare. Si legittima la condanna a morte per fame?

“Le motivazioni della sentenza presentano una chiara contraddizione. Per la Corte la scelta di non vaccinarsi è un diritto riconosciuto dall’articolo 32 della Costituzione, cioè un fondamentale diritto di autodeterminazione sul proprio corpo rispetto alle cure. Questo presupposto, secondo la Consulta, chiarisce perché la sospensione non possa rappresentare una sanzione, come previsto dalla stessa legge. Come si spiega, allora, la conseguenza che ne trae? Cioè l’assenza di ogni forma di retribuzione e persino di sostegno alimentare, conseguenza che può rivelarsi persino più dura della privazione della libertà personale? Nella decisione della Corte ravviso, pertanto, un’importante contraddizione: se non vaccinarsi rappresenta un diritto fondamentale, garantito dall’articolo 32 della Costituzione, significa che solo il singolo individuo può decidere autonomamente di non alimentarsi, ad esempio attraverso lo sciopero della fame. Perciò, affermare che la sospensione non equivale a una sanzione, non elimina che, nella pratica, essa si traduca invece in una punizione severissima per coloro che vivono di stipendio. Inoltre, se la sospensione non ha carattere punitivo, per quale motivo il divieto di repêchage è stato considerato ragionevole? Non sarebbe stato più utile, per la funzionalità del SSN, in un periodo di difficoltà, continuare ad avvalersi del contributo di lavoratori in mansioni non a contatto con i pazienti, piuttosto che sospenderli?”.

Nella sentenza numero 14 la Corte ha ritenuto “non fondata” la questione di legittimità costituzionale, sollevata dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, concernente l’obbligo vaccinale per il personale sanitario. Cosa ne pensa?

“Si tratta, a mio parere, della sentenza più importante. L’ordinanza del giudice siciliano è di difficile comprensione: da un lato, sostiene che, se i vaccini causano effetti avversi, non possano essere somministrati obbligatoriamente; dall’altro, giustifica la loro inefficacia nel bloccare il contagio, cioè l’incapacità di realizzare il tradizionale e unico obiettivo di tutela della salute pubblica che giustifica l’obbligo. Ritiene invece sufficiente, per l’imposizione dell’obbligo, la loro idoneità a ridurre le ospedalizzazioni. Un argomento dirompente: qualsiasi farmaco, se somministrato correttamente, riduce le ospedalizzazioni. Cosa facciamo? Rendiamo tutti i farmaci obbligatori? Su questo specifico aspetto, la motivazione della Corte ignora il singolare ragionamento del giudice siciliano, fortunatamente. Tuttavia, il tentativo di giustificare la legge, senza accogliere l’argomento dirompente del giudice siciliano, si risolve in una finzione: la Corte decide la questione non sulla base delle conoscenze attuali, ma di quelle del febbraio, marzo, aprile 2021, attingendo dai documenti delle istituzioni che si occupano di salute pubblica (ISS, AIFA, EMA), che mostravano la capacità del vaccino di contrastare la trasmissione del virus. Solo così riesce ad affermare che l’imposizione dell’obbligo appariva non irragionevole in base al solo scopo di salute pubblica legittimo, cioè quello di bloccare la trasmissione del virus. In pratica, fa una valutazione ex ante, anziché ex post, cioè con i dati di cui disponiamo oggi. Questo argomentare non solo è una finzione, ma anche una evidente causa di frustrazione per i ricorrenti, che chiedevano tutela dei diritti fondamentali lesi. Dalla sentenza, infatti, si desume che, alla luce dei dati disponibili oggi, l’obbligo non avrebbe avuto ragione di esistere. Lo afferma proprio la stessa Consulta quando, nella motivazione, richiama, per giustificare la legge, la circostanza che essa sia stata abrogata, consentendo l’anticipazione di due mesi del rientro dei medici non vaccinati nei reparti. Singolare argomento: a sostenere la legittimità della legge concorre la circostanza che essa non è più in vigore. Infatti, se non fosse stata abrogata, la Corte non avrebbe potuto far ricorso a dati obsoleti, ma avrebbe dovuto riferirsi a quelli più recenti. Si rimane frustrati, in quanto, sul piano sostanziale, la Corte in realtà conferma che le privazioni subite da molti cittadini sono state, alla luce delle attuali conoscenze, delle discriminazioni ingiustificate. Tuttavia, sul piano formale, non viene data loro alcuna tutela, in virtù della tecnica decisoria utilizzata: valutazione ex ante, cioè alla luce di dati risalenti a circa due anni fa. Chi lo spiega ai cittadini che hanno subito compressioni dei diritti?”.

Tuttavia gli studi autorizzativi rivelavano una realtà diversa: gli effetti avversi c’erano, eccome e non esistevano prove sulla capacità dei vaccini di bloccare i contagi (l’ha ribadito nei mesi scorsi anche la responsabile commerciale della Pfizer)…

“Io non sono un medico e non posso entrare in questioni mediche. Come faccio sempre per ogni medicinale, anche in questo caso ho letto il bugiardino dove è scritto che questi vaccini servono a prevenire la malattia, non l’infezione. Ma questo non è il mio mestiere. Come siano state assunte le decisioni in tema di salute pubblica, su quali evidenze siano fondate, non lo deve chiedere a me. Sempre da cittadino, mi sento solo di osservare che siamo andati avanti secondo un paradigma di totale confusione. Ricorda il caso del vaccino AstraZeneca? In un primo momento venne somministrato a tutti, giovani compresi, poi subì uno stop e furono vaccinati solo adulti di una certa età. Poi fu tolto completamente da mezzo, lasciando i vaccinati con una dose nell’impossibilità di ricevere lo stesso farmaco per il richiamo. Speriamo non si ripeta più nulla di ciò che abbiamo vissuto negli ultimi anni”.

Secondo la Corte, l’obbligo non sarebbe costituzionalmente illegittimo, ma “costituisce semmai titolo all’indennizzo”. La convince il riferimento della Corte al principio di solidarietà?

“Nella giurisprudenza è sempre stato previsto l’indennizzo per le reazioni avverse: lo Stato deve farsi carico di eventuali danni causati dai vaccini. Riguardo al principio di solidarietà, la ratio sottesa alla vaccinazione obbligatoria è la seguente: “Mi devo vaccinare per contenere la diffusione del virus, cioè per proteggere i fragili: chi non si è potuto vaccinare per ragioni mediche”. In ciò risiede la solidarietà: il vaccino lo si fa non solo per proteggere sé stessi, ma anche per proteggere i fragili. Ma noi sappiamo che il vaccino non blocca il contagio, quindi il richiamo alla solidarietà è in realtà privo di giustificazione. Il messaggio che, invece, è stato lanciato in quel periodo a livello mediatico aveva ribaltato questa ratio: “Il vaccinato deve aver per paura del non vaccinato”, che va quindi escluso dalla vita lavorativa e persino da quella sociale e familiare. Si ricorda quando in tv sconsigliavano di invitare i parenti non vaccinati al pranzo di Natale? Abbiamo assistito al sovvertimento della logica elementare: la motivazione della vaccinazione non era più la protezione di sé stessi e dei fragili; conseguentemente chi si era vaccinato (dunque era protetto) era incredibilmente indotto a temere chi non si fosse vaccinato (dunque, oggettivamente, fragile), e ad escluderlo persino dalle riunioni familiari in occasione delle feste religiose”.

Il Suo ultimo libro si intitola: “L’interpretatio abrogans dell’art. 32 della Costituzione”. La libertà di cura è in pericolo? È lecito sacrificare la propria vita, subendo trattamenti sanitari obbligatori di cui non si conoscono, fra l’altro, efficacia e sicurezza, per “salvare” gli altri?

“Ciò che mi ha spinto a scrivere il libro è stata la brutalità dell’affermazione del giudice siciliano, contestata nella mia opera in cui intravedevo, anche da altri indizi, il riemergere di tendenze organiciste, cioè la giustificazione del sacrificio del singolo per il ‘bene’ della collettività. Il rischio che la collettività prenda il sopravvento sul singolo è ciò che la Costituzione avrebbe voluto evitare, attraverso il principio personalista: i diritti inviolabili dell’uomo sono tali proprio perché la Costituzione stabilisce che essi vengono addirittura prima dello Stato stesso. Fermo restando le critiche svolte, almeno l’orientamento per cui il beneficio della collettività è integrato dalla idoneità del farmaco a ridurre le ospedalizzazioni non è stato recepito. Perlomeno, possiamo continuare ad affermare che la salute individuale è ancora, e prima di tutto, un diritto fondamentale della persona. Non era scontato. Purtroppo nel periodo pandemico il clima di irrazionalità era tale da aver travolto proprio gli ambienti più colti. È incredibile che, quando un filosofo del calibro di Agamben, le cui opere sono tradotte in tutto il mondo, criticò il Green Pass, 100 professori di filosofia, auto qualificatisi ‘filosofi’, abbiano sentito il bisogno di dissociarsi da lui, senza averlo mai eletto rappresentante. Ricordiamoci che, in questo clima, illustri costituzionalisti, oggi smentiti dalla stessa Consulta, affermavano che non esiste un diritto a non vaccinarsi: cosa è allora il diritto fondamentale di autodeterminazione rispetto alle cure di cui trattano le stesse sentenze che commentiamo?”.

Negli ultimi tre anni è accaduto di tutto: la questione delle cure negate, gli obblighi vaccinali, il Green Pass. Ora c’è l’incognita della guerra e all’orizzonte si paventano misure drastiche in nome della “rivoluzione verde”. Vivere perennemente nell’emergenza potrebbe causare, in futuro, pericolose e forti tensioni sociali?

“Viviamo in un’emergenza continua che sta diventando un nuovo metodo di governo estremamente efficace per imporre alla popolazione scelte pianificate dall’alto. Stiamo procedendo, seppure in maniera non apertamente manifesta, verso un nuovo dirigismo, cioè verso una nuova forma di pianificazione economica, che sta modificando profondamente la vita sociale. Assistiamo, in tantissimi ambiti, a scelte prese in maniera dirigista, a livello sovranazionale e da poche persone da cui derivano importanti conseguenze economiche e sociali. In passato vi era una forma di dirigismo statale, che affondava la propria giustificazione nella necessità di redistribuire il reddito a favore dei meno abbienti. Oggi le nuove ‘pianificazioni’ dell’economia non sono elaborate a livello statale. Lo Stato ha perso potere, trasformandosi in un mero esecutore di scelte prese in altri luoghi. Inoltre, a differenza dell’interventismo di stampo keynesiano, l’effetto di questo ‘nuovo interventismo’ è quello di aumentare la concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi, a danno delle popolazioni. Le decisioni si pianificano a livello sovranazionale, vengono eseguite dai poteri statali, che si limitano a prestare i loro poteri coercitivi. Si stanno mettendo in discussione non solo i principi liberali classici, che erano da tempo su una via di irreversibile declino, ma persino il modello neo-liberale, fiero avversario di ogni eterodirezione dell’economia di mercato. Il devastante periodo neoliberale, quello che si caratterizzava cioè per il governo dei mercati, prodotto dalle libere scelte di consumo individuali, che ha contribuito all’eclissi dei principi liberal-democratici, sembra ormai appartenere a una fase superata. Ora viviamo in un periodo in cui le strategie economiche non dipendono più dai mercati, ma vengono pianificate in ristrettissimi contesti sovranazionali, al di fuori dei luoghi in cui si esercita la sovranità statale, imposte alle popolazioni, indipendentemente dalle preferenze degli individui, cui non è lasciata più alcuna possibilità di scelta”.

Foto, Carlo Iannello