Tra pellegrini spesso ci si riconosce con soprannomi e appellativi coniati lungo il percorso ed il loro nome nasce proprio da lì, da quel primo cammino insieme. Passo dopo passo, giorno dopo giorno, lungo la Via Francigena gli altri pellegrini hanno iniziato a chiamarle “le ragazze col Panama bianco”, per via del cappello che avevano comprato per proteggersi dal sole cocente di agosto. Quando al loro ritorno a casa hanno deciso di aprire le loro pagine internet e social, per condividere e raccontare la loro esperienza, con l’ intento sociale di poter essere utili a chi in futuro avesse voluto intraprendere gli stessi cammini, il nome è venuto da sé: “Le Panama Walkers”. Loro sono Tiziana Battisti, 33 anni di Bolzano di professione maestra, e Sara Mangialardo, 33 anni, ingegnera di Milano. Grandi amiche con la passione per la natura, spopolano con i loro viaggi e i loro suggerimenti anche su Instagram. Il loro primo cammino è stato appunto quello della Via Francigena percorsa da Siena a Roma: 300 km in 9 giorni sotto il sole d’agosto. “Un colpo di fulmine da ogni punto di vista e la scelta successiva di scovare altri cammini – raccontano le due – è stata totalmente naturale, quasi da diventare esigenza”. Detto, fatto, senza dirlo due volte si sono avventurate per “la Magna via Francigena” da Palermo ad Agrigento: 180km in 8 giorni nell’entroterra siciliano, attraversando luoghi ricchi di colori e di persone magiche. Successivamente le loro avventure sono proseguite al nord, lungo il “Cammino di Carlo Magno” in Valle Camonica: 100 km in 5 giorni, tra borghi da cartolina in una cornice da sogno e sull’ “l’Alta Via delle Dolomiti n.1” dal Lago di Braies a Belluno: 135 km in 9 giorni tra le montagne che le avevao fatte incontrare. La scorsa estate infine, hanno camminato lungo la “Via Lauretana”, 160 km da Perugia a Loreto. Entusiaste della vita e instancabili camminatrici, sono sempre disponibili a dare consigli a chi vuole intraprendere un nuovo cammino. Soprattutto ai più giovani. Abbiamo voluto incontrare Tiziana e Sara, per anticipare parte di quello che racconteranno domani, sabato 19 novembre presso la sala polifunzionale di Vadena, con ingresso gratuito a partire dalle ore 20.00.
Come nasce la vostra amicizia e cosa vi ha spinto a partire per il vostro primo cammino?
Il destino ci ha fatte incontrare tra le montagne dell’ Alto Adige e presto ci ha portate assieme sul primo cammino di pellegrinaggio facendoci innamorare di questa esperienza. Abbiamo così scoperto un nuovo modo di viaggiare, lento ed intenso. L’anno precedente al primo cammino siamo partite insieme per la prima volta viaggiando “on the road” in Messico. Abbiamo esplorato il Paese, spostandoci con i bus collettivi da una regione all’altra, tra musica e tradizioni locali. Con questo viaggio ci siamo scoperte e conosciute e l’anno successivo abbiamo deciso di sperimentare un modo ancora nuovo di viaggiare, sempre zaino in spalla, ma usando come mezzo di spostamento solo i nostri piedi. Durante le ferie di agosto ci siamo dunque messe alla prova sul nostro primo cammino lungo a piedi.
Quale la paura o l’ interrogativo più grande?
Appassionate di montagna avevamo affrontato diversi trekking ma mai a piedi per parecchi giorni di fila. In più, tra la provocazione e le risate, un’amica ci ha sfidate ad affrontare quel primo cammino senza telefoni affidandoci solo alla bussola e alle cartine geografiche. Le paure erano molteplici, paura di non farcela fisicamente e quindi di dover interrompere il percorso prima del previsto, paura di non reggere mentalmente perdendo la tempra, paura di incontrare cani randagi, animali o individui pericolosi lungo il percorso e paura di perdere la strada senza l’aiuto del buon “Mr Google”.Per iniziare avevamo scelto un tragitto battuto e abbastanza breve, 150 km lungo la Via Francigena da Siena a Viterbo.
E come è finita?
A Viterbo ci siamo guardate negli occhi e abbiamo capito che non ne avevamo decisamente abbastanza. Così abbiamo continuato a camminare fino a Roma, percorrendo i nostri primi 300 km a piedi. All’arrivo siamo state pervase da un mix indescrivibile di sentimenti tra gratitudine, gioia e soddisfazione.
Ma come si organizza una partenza?
Ci siamo confrontate con amici che avevano fatto il cammino di Santiago o la via Francigena e tra la nostra esperienza in montagna e i loro consigli abbiamo iniziato prima ad allenare le gambe, poi a sfoltire lo zaino e infine a studiare le cartine geografiche e la guida del percorso, fondamentale per i nostri cammini senza internet o gps.
Come nasce la decisione di staccarsi completamente dal telefono, inteso come internet e social?
Una decisione nata per caso, da quella sfida che accennavamo prima. Da un gioco ne è nata una filosofia di viaggio. Affrontiamo i cammini senza internet né GPS, armate solo di cartine geografiche, bussola e guida. È un ritorno all’essenzialità della vita in cui ritroviamo una forte connessione con il mondo naturale. Questo modo di viaggiare ci ha obbligate a potenziare i nostri 5 sensi e il nostro orientamento. Inoltre nei momenti di pausa o la sera a fine tappa, senza la distrazione del telefono, abbiamo molto più spazio per parlare tra noi, confrontarci con gli altri pellegrini e conoscere gli abitanti del posto, risorsa fondamentale anche per chiedere indicazioni lungo il percorso o scoprire le curiosità locali.
Come fate a trovare la strada senza GPS?
Ogni anno ci troviamo a rinnovare la scelta di fare a meno di internet e tracce GPS cercando la strada solo tramite bussola e mappe, aiutate dalla segnaletica. Spegnere il mondo per un po’ è sempre allettante, lo è meno perdere la strada e trovarsi in mezzo ad una tappa con il sole che cala e senza sapere quale bivio prendere. Studiamo il percorso prima di partire, poi ci affidiamo al lavoro di tracciamento dei volontari che segnano il percorso tramite i segnavia e poi abbiamo sempre trovato un angelo custode pronto a indicarci la strada quando ci siamo trovate in difficoltà
Come si sposa il viaggio senza internet con il vostro blog su Instagram?
Siamo entrambe amanti della fotografia, quindi fin dal primo cammino abbiamo sempre portato con noi una reflex a testa. Zaino leggero sì, ma si sa che le passioni pesano meno. Il blog ufficiale è nato solo dopo il secondo cammino. Ci siamo rese conto che tanti amici e conoscenti ci chiedevano consigli o informazioni e che avevamo tanto materiale fotografico. Quindi abbiamo deciso di aprire la pagina per condividere le nostre esperienze e per promuovere tutti quei volontari e comitati che si occupano di aprire, gestire e manutenere i cammini. Dopo ogni cammino, solo una volta tornate a casa, rielaboriamo il percorso e condividiamo l’esperienza sulla nostra pagina Instagram tramite foto e testi. L’intento della pagina “Le Panama Walkers “ è quello, da un lato, di raccontare la nostra avventura personale e, dall’altro, di promuovere ogni singolo cammino, la sua storia e l’insieme di associazioni e persone che vi stanno dietro rendendo possibile questa attività.
L’emozione più grande?
Arrivare al tramonto a piedi in piazza San Pietro a Roma, un’emozione che mai dimenticheremo in conclusione del nostro primo cammino.
Il cammino che vi ha emozionato di più?
“La Magna Via Francigena” in Sicilia. Su questo cammino è stato costruito un sistema di ospitalità diffusa per cui abbiamo alloggiato a casa di persone del luogo. Abbiamo ricevuto un’accoglienza e un calore meravigliosi.
Cosa consigliereste ai giovani che vorrebbero provare quest’esperienza?
Motiviamo sempre molto i giovani che si vogliono avvicinare ai cammini. Passo dopo passo tutto è possibile. Cerchiamo di trasmettere quanto grande può essere un’emozione costruita con poco, lasciando il superfluo a casa alla scoperta del turismo lento al ritmo del proprio passo muniti dell’essenziale, scarpe comode, bastoncini e un piccolo zaino da non più di sei chili. E poi perché non provare a spegnere i cellulari muovendosi di borgo in borgo senza sapere bene cosa trovare. Tutto questo è avventuroso e appassionante.
Perché proprio i cammini?
Crediamo che mettersi in cammino sia un po’ mendicare. Gettare a terra un cappello e vedere come il destino lo ha riempito a fine giornata, aprendosi a riflessioni e nuovi sé inaspettati. Amiamo farci sorprendere.