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Guerra, diritti, libertà: il punto di vista dei professori Luca Marini e Francesco Benozzo

17 Marzo 2022

Guerra, diritti, libertà: il punto di vista dei professori Luca Marini e Francesco Benozzo

Da una parte il giurista, dall’altra l’umanista: i professori Luca Marini e Francesco Benozzo analizzano, dai loro rispettivi punti di vista, la crisi in Ucraina e la deriva democratica in cui versa l’Italia. Il primo è docente di diritto internazionale all’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, dove è stato a lungo titolare anche della Cattedra Jean Monnet conferita Ad Personam dalla Commissione europea. Avvocato, studioso dei problemi giuridici sollevati dal progresso tecno-scientifico, il professor Marini è stato inoltre componente del consiglio scientifico della Società italiana di bioetica, componente della Commissione sulla bioetica del CNR e, tra il 1997 e il 2013, membro e vicepresidente del Comitato Nazionale per la Bioetica della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Attualmente è presidente dell’European Centre for Science, Ethics and Law “ECSEL”. Il secondo, invece, è professore associato (autosospesosi da ottobre 2021, per aver rifiutato il Green Pass) di filologia e linguistica romanza presso l’Università di Bologna, fondatore dell’Etnofilologia, candidato al Premio Nobel per la Letteratura dal 2015 con candidature rese pubbliche dal PEN International. Anarchico, fine poeta, è considerato un grande interprete contemporaneo dell’arpa celtica. I docenti Marini e Benozzo sono autori del libro Covid. Prove tecniche di totalitarismo (Lucca, La Vela, 2021) e del libro Biopandemismo® (Lucca, La Vela, 2022), cofondatori del network internazionale Osservatorio Contro la Sorveglianza di Stato (OSS) e responsabili del Comitato Internazionale per l’Etica della Biomedicina (CIEB).

“L’Italia ripudia la guerra” recita l’articolo 11 della Costituzione. Tuttavia il nostro Paese non ha evitato l’invio di armi e di equipaggiamenti militari in Ucraina (la lista del materiale è stata secretata): come interpretate il comportamento del Governo italiano, al riguardo?

L.M. “Facendo un paragone storico, e con le dovute proporzioni, si tratta dello stesso comportamento tenuto da Roosevelt nel corso del 1941, quando condusse per mano gli Americani, passo dopo passo, verso l’entrata in guerra: si pensi al Lend-Lease Act, adottato nove mesi prima di Pearl Harbour, che permetteva agli Stati Uniti – all’epoca formalmente neutrali – di fornire armi ed equipaggiamenti a quei Paesi belligeranti la cui difesa era ritenuta vitale per gli interessi degli stessi Stati Uniti. Vedremo a quali risultati ci porterà la politica del nostro Governo”.

F.B. “Se l’Italia ripudiasse la guerra non spenderebbe da più di dieci anni 80 milioni al giorno (due miliardi e mezzo al mese) in spese militari”.

La guerra nel Donbass ha radici profonde e risale alla primavera del 2014. Cosa è stato fatto, da parte degli organismi internazionali, perché si giungesse a una soluzione pacifica di quel conflitto interno e anche per scongiurare l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia?

L.M. “Direi nulla e non a caso. Non sarà mai troppo tardi quando si ammetterà apertamente che gli organismi internazionali hanno fallito la missione per cui sono nati, perché non operano più nell’interesse degli Stati che li hanno creati, ma in quello degli attori transnazionali e globalisti che si muovono dietro il velo della sovranità statuale. Per questo motivo, pensare che gli organismi internazionali perseguano obiettivi come la pace o la sicurezza, nelle sue varie declinazioni, è quantomeno naïf: l’ONU sta alla pacificazione nel Donbass come l’OMS sta alla soluzione del Covid”.

F.B. “Non ho le competenze geostoriche e geopolitiche per rispondere seriamente a questa domanda. Se però devo rispondere col buon senso, penso di potere almeno dire che ciò che è stato fatto non è certo andato verso una soluzione pacifica, ma ha semmai appoggiato un’escalation del conflitto, seguendo precise e arcinote strategie di dominio territoriale, militare e politico della NATO”.

Russia e Ucraina non fanno parte della NATO. Eppure il presidente ucraino Zelensky ne aveva chiesto il coinvolgimento, addirittura invocando la no-fly zone. Considerando gli ipotetici sviluppi, c’è il rischio di una Terza Guerra mondiale?

L.M. “Purtroppo, o per fortuna, non ho la sfera di cristallo. Certo è che l’estensione e l’approfondimento della crisi fa gioco a molti e per ragioni diverse: una per tutte, il mantenimento dello stato di tensione, di sorveglianza e di soggiogamento sdoganato dal Covid. E, a questo proposito, devo dire che il metodo della narrazione univoca della crisi ucraina ricorda molto da vicino quello usato per l’emergenza sanitaria: non a caso, nessun giornalista, corrispondente o inviato speciale si preoccupa minimamente di rappresentare i reali orientamenti della comunità ucraina, da sempre divisa tra Est e Ovest”.

F.B. “Dipende dalle definizioni che diamo a “mondiale”. A me pare che, se usciamo da una prospettiva eurocentrica, o meglio NATOcentrica (ma anche in fondo se non ci usciamo e pensiamo a quanto accaduto non molto tempo fa nella Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia, a due passi da noi), non siamo mai usciti dalla Seconda Guerra mondiale: si tratta di una situazione di guerra permanente e tendenzialmente infinita che solo considerando i piccoli confini d’Europa possiamo illuderci di segmentare in alcuni momenti culminanti”.

Inutile fingere che Usa e Cina siano semplici spettatori…

L.M. “L’amministrazione statunitense in carica risponde a logiche e interessi ben noti e, pertanto, farà di tutto per acuire il conflitto. La Cina, dal canto suo, ha ovviamente interesse a estendere l’influenza su una nazione ricchissima come la Russia, con cui ha già raggiunto larghe intese economiche e condivide una visione strategica alternativa e diversa da quella occidentale”.

F.B. “Il signor Presidente Biden, con la sua indole guerrafondaia che rappresenta egregiamente il target della NATO, assiste a ciò che la NATO ha creato. E vi assiste come spettatore, effettivamente: uno spettatore non molto informato, peraltro, che confonde pubblicamente l’Ucraina con l’Iran, come se stesse giocando a un gioco militare su una PlayStation”.

Le sanzioni rappresentano un colpo mortale solo nei confronti dell’economia russa? Pare che la Russia progetti di “scaricare” l’Europa per rivolgersi ai mercati asiatici: ce la farà?  

L.M. “La Russia è una nazione tanto ricca da essere sostanzialmente autosufficiente e ha già dato segni di insofferenza verso i processi di globalizzazione, in specie di natura finanziaria. Credo che le sanzioni abbiano più o meno lo stesso effetto delle punture di spillo sulla pelle di un elefante. Semmai, sarà più interessante vedere se e come i Russi vorranno bilanciare talune spinte, anche interne, verso la ricerca di nuovi mercati con la rinnovata consapevolezza delle capacità nazionali”.

F.B. “Non ho alcuna competenza per rispondere a questa domanda”.

L’adesione dell’Ucraina all’Unione Europea è concepibile? Se sì, quali saranno tempi e modalità?

L.M. “L’adesione all’Unione è aperta a tutti gli Stati in grado di soddisfare determinate condizioni di natura geo-politica. Qualche anno fa si discuteva molto della possibile adesione della Turchia, poi rimasta fuori dall’UE: oggi è il turno dell’Ucraina, la cui latente conflittualità interna, come dimostra la vicenda Donbass, ne fa un candidato controverso. In ogni caso, è evidente che la domanda sui tempi e le modalità di un’eventuale adesione otterrebbe risposte diverse a seconda degli interlocutori: lo chieda, ad esempio, ai Polacchi di Leopoli e della Galizia occidentale”.

F.B. “Intuitivamente, dopo aver letto le sbadiglianti dichiarazioni di Ursula von der Leyen e dei suoi accoliti, penso di poter dire che l’Ucraina sarà la benvenuta nell’Unione Europea, accolta a braccia aperte come la nazione perseguitata dal nuovo Hitler”.

In tempi di guerra è difficile distinguere la propaganda dalla verità: il presidente ucraino Zelensky (con un passato di comico e sceneggiatore) ci viene presentato come “vittima” ed “eroe”; il presidente russo Putin, invece, come “malvagio” e “barbaro invasore”. Qual è la vostra immagine dei due personaggi?

L.M. “Vuoi per le riforme socio-politiche compiute sul piano interno, vuoi per l’abilità finora dimostrata sul piano delle relazioni internazionali, è innegabile che Putin sia uno statista nel senso classico del termine. Come è innegabile che in questa vicenda si stia comportando esattamente come si comportò Kennedy durante la crisi dei missili a Cuba nel 1962”.

F.B. “In quanto personaggi, sono entrambi solo emanazioni di una scacchiera più vasta. Mi preme sottolineare, in ogni caso che la mononarrativa (creata naturalmente dai “buoni”) ha già deciso chi è il buono e chi è il cattivo. Non c’è nemmeno bisogno di commento. Basti notare che, dopo la sua nota pole position tra tutte le istituzioni nazionali nell’ambito della discriminazione legata al Green Pass, anche la sede del “libero” pensiero (l’Università) conferma, attraverso la propria supineria, la versione ufficiale che bisogna appoggiare e sostenere: diversi atenei italiani hanno infatti rescisso contratti con stimati studiosi di vari ambiti solo per il fatto che sono di nazionalità russa”.

Voi vi siete battuti in prima linea per l’abolizione del Green Pass e per la non obbligatorietà del vaccino anti-Covid. Come giudicate l’atteggiamento del Governo italiano di non imporre, a differenza di quanto stabilito per gli Italiani, il lasciapassare rafforzato e il vaccino ai rifugiati ucraini?

L.M. “Questa sperequazione riflette chiaramente l’onestà intellettuale, chiamiamola così, di chi ha imposto l’obbligo vaccinale e di Green Pass. Comunque, almeno sul piano teorico, è interessante chiedersi quali forme di intervento “umanitario” l’Ucraina metterebbe in pratica per difendere i propri cittadini, rifugiati in Italia, che non vogliano sottostare all’obbligo vaccinale o esibire la tessera dell’obbedienza”.

F.B. “Penso che il Governo Draghi sia abituato a fare ciò che vuole con la massa ipnotizzata dei cittadini italiani, ma che ci vada cauto a farsi compatire fino a questo livello al di là dei propri confini. Se imponesse il Super Green Pass ai profughi di guerra diventerebbe lo zimbello del pianeta. Si tratta cioè di un Governo che ha agio ad allestire i suoi deprimenti e delinquenziali spettacolini di burattini a casa propria, ma che ovviamente si vergogna a portarli all’esterno”.

Foto, i professori Luca Marini e Francesco Benozzo