C’è un settore, quello dell’automotive, che sta attraversando una crisi profonda. Crisi che i due anni di pandemia hanno accentuato ulteriormente. “Il settore è distrutto e i container non arrivano: un trasporto dalla Malesia all’Europa è salito da 1800 dollari, di circa un anno fa, a 15.500”. A parlare, in forma anonima, è un importante imprenditore italiano, titolare di un’azienda leader nel settore dell’automotive, operante in numerosi Paesi del mondo. Le cause di quest’emergenza, che presto potrebbe estendersi anche ad altri ambiti, apparentemente non ci sono o meglio non appaiono. “Stiamo attendendo risposte da parte dell’Antitrust. Sono numerosi gli esposti pervenuti al Garante”. A rischio soprattutto la piccola e media impresa: “Nei confronti della grande industria le compagnie di navigazione offrono sconti del 55 o addirittura del 60%. È in atto una guerra geopolitica, che penalizzerà inevitabilmente la classe medio-bassa”. Nelle scorse settimane il presidente del Consiglio Mario Draghi aveva dichiarato, euforicamente, che la ripresa economica italiana è superiore alle aspettative, oltre il 6%. Tuttavia quando ci si confronta con il mondo reale e con quello delle piccole realtà, lo scenario rivela profili completamenti diversi. “Possiedo pure un’azienda agricola -prosegue l’imprenditore- e posso testimoniare che il prezzo di un quintale di grano bio per la semola e per l’uso domestico si attesta intorno ai 100 euro. C’è chi paga pure 130, rispetto ai 45 di un tempo”. È ipotizzabile, nel prossimo futuro, una carestia o comunque una carenza di generi alimentari? “In riferimento ai grani autoctoni, di alta qualità, il rischio è concreto. È salito anche il prezzo dei pelati: +45%”. Le cause della crisi hanno radici profonde: “Il retroscena di questa guerra economica ci riconduce ai dazi, che hanno compromesso gli equilibri tra Usa e Cina. Probabilmente la Cina riteneva di provvedere al proprio fabbisogno con la sola domanda interna”. Il vero incubo è rappresentato, oltre che dall’inflazione, dalla “bolla” di Evergrande, il gruppo immobiliare cinese ultra-indebitato, il cui eventuale fallimento potrebbe avere ripercussioni negative sul resto del mondo: “Avendo avuto attività in Cina per oltre 15 anni, ne conosco bene il mercato. Prima o poi la “bolla” scoppierà e le conseguenze saranno catastrofiche”. L’aumento dei prezzi risale alla fine del 2020, ma l’emergenza sanitaria sarebbe soltanto un pretesto per nascondere altro. “Gli effetti di questi aumenti riguardano anche l’energia e i metalli. La domanda che mi pongo, in qualità di titolare di un’azienda leader nel settore dell’automotive, è la seguente: considerato che tale settore è fermo, perché i costi dell’alluminio sono raddoppiati in 12 mesi? Numerose aziende non ce la faranno”. Possibili soluzioni? “Personalmente la vedo nera. Ho acquistato dei terreni, perché credo che in futuro potranno rivelarsi utili. La politica ha perso completamente il contatto con la realtà. Lo scenario peggiore sarà un numero esorbitante di nuovi poveri. Il tessuto industriale è stato drogato da una serie di incentivi che non favoriscono la ripresa. Quando i bonus finiranno, le banche riusciranno a reggere l’urto? L’automotive punta tanto sull’elettrico, ma siamo sicuri che si tratti della decisione giusta? Restano da risolvere, ad esempio, i problemi legati allo smaltimento delle batterie e al reperimento delle terre rare. Non sarà semplice nemmeno per i grandi marchi, che saranno costretti a imborghesirsi. La visione del futuro si presenta nebulosa”.