La politica a tavola – Il “lesso del Picchiapò”

più importanti accordi politici non si fanno nelle segrete stanze o nelle lunghe maratone notturne, bensì si fanno a tavola, con un buon bicchiere di vino e un bel piatto che predisponga l’animo alla convivialità. Possiamo iniziare dal 1994 con il “patto delle vongole” tra D’Alema e Buttiglione per esautorare Berlusconi; subito dopo, nel 1995, D’Alema ci riprova con Bossi con il “patto delle sardine”. A D’Alema, noto gourmand e grande frequentatore del ristorante di Vissani, piace proprio fare politica  a tavola, così nel 1997 sigla il celebre “patto della crostata” con Berlusconi e Fini. Bisogna tuttavia arrivare al 2009 per fare il salto di paradigma e giungere al primo “patto della spigola 1” siglato tra Berlusconi e Fini, che poi sappiamo come è andato a finire. La spigola è un pesce nobile ed è chiamato qui al nord “branzino”. Qualche giorno fa è stato siglato un nuovo “patto della spigola 2” tra Grillo e Conte e vediamo se qualche lisca non va di traverso. Da appassionati come siamo della cucina tipica romana, possiamo però suggerire di adottare il robusto, piccante, gioioso “lesso del Picchiapò”, adatto per tutte le stagioni, che è un piatto del recupero.
Il lesso alla Picchiapò è uno dei grandi piatti della cucina popolare romana. Uno straordinario piatto che nasce dall’esigenza di riutilizzare la carne utilizzata per preparare il brodo che, a fine cottura, risultava sfibrata, asciutta e quasi senza sapore. Il lesso, che va distinto dal bollito, dove la carne viene immersa nel brodo bollente conservando così la sua succulenza e le sue proprietà, viene riciclato e reso appetitoso ripassandolo in una salsa di cipolle stufate con il pomodoro, il tutto servito con patate bollite e pane casereccio. Il nome Picchiapò non ha un etimologia certa. La carne veniva tagliata a pezzi, quasi picchiata (qui, Picchiapò) per poi finire in padella con aggiunta di pomodori e cipolle e patate a spicchi. 

Foto, Lesso alla Picchiapò