ESCLUSIVO. L’epidemiologa Sara Gandini: “Proteggiamo i fragili e ripartiamo, perché non si muore solo di Covid”

“Dobbiamo concentrarci sulla malattia, non sul numero di contagi. Il nostro obiettivo è prevenire le forme gravi di Covid, mettendo in sicurezza le categorie più a rischio, in particolare gli anziani e i fragili. Bisogna poi tornare a vivere e dobbiamo occuparci anche delle altre patologie, che non sono andate in vacanza”. A parlare è l’epidemiologa e biostatistica Sara Gandini, direttrice (Group leader) dal 2018 dell’unità “Molecular and Pharmaco-Epidemiology” presso il dipartimento di oncologia sperimentale dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano (IEO). Docente dell’European School of Molecular Medicine di Milano (SEMM), insegna statistica medica, in qualità di professoressa a contratto, presso l’Università degli Studi di Milano. Inoltre nel 2017 ha ottenuto l’abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professoressa universitaria, è autrice di oltre 200 articoli su riviste scientifiche internazionali e fa parte dei Top Italian Scientists. Nello studio “No evidence of association between schools and SARS-CoV-2 second wave in Italy” (il link: https://www.thelancet.com/journals/lanepe/article/PIIS2666-7762(21)00069-7/fulltext), pubblicato insieme ai colleghi Maurizio Rainisio, Maria Luisa Iannuzzo, Federica Bellerba, Francesco Cecconi e Luca Scorrano, ha riscontrato una bassissima diffusione del virus, a scuola.

Professoressa, la scuola procede a singhiozzo per il secondo anno scolastico consecutivo. Nel Suo studio osservazionale ha dimostrato che il rischio di contrarre il virus, in aula, è minimo. Perché?

“Premetto di essermi occupata della tematica a partire da aprile 2020, esattamente quando altri Paesi hanno iniziato a riaprire, ancora prima dell’Italia. Ciò mi ha permesso di visionare le pubblicazioni estere, che riportavano una situazione non allarmante: l’apertura delle scuole in Olanda e Inghilterra non sembrava avere causato un aumento di focolai. A quel punto mi sono concentrata sull’Italia, con la consapevolezza che la nostra penisola avrebbe dovuto affrontare la problematica delle classi affollate e dei mezzi pubblici stracolmi. Inoltre in autunno era sopraggiunta la seconda ondata, che alcuni hanno attribuito alla ripresa delle lezioni in presenza. Tra settembre e novembre abbiamo raccolto dati, acquisito informazioni attraverso i dati del Ministero dell’istruzione, forniti dai dirigenti scolastici e dai dati di tracciamento del Veneto, abbiamo fatto compilare questionari extra e verificato il tracciamento tramite i tamponi. Conclusione: l’incidenza dei casi si attestava sempre sotto l’1%, in tutte le Regioni italiane”.

Come se lo spiega?

“Le riaperture delle scuole non influenzavano il numero dei contagi. Abbiamo poi notato che gli studenti contagiano e infettano la metà rispetto agli adulti: tale fenomeno è stato riscontrato anche negli altri Paesi. Va sottolineato che, nei confronti dei giovani, il SARS-CoV-2 presenta una biologia completamente diversa dai virus influenzali. Infine non ci dimentichiamo che nelle scuole sono state adottate misure anti-contagio severe. Alla luce di questi aspetti, all’apertura delle scuole il “famoso” Rt non si modificava. Sono stati condotti svariati studi anche all’estero: ad esempio una pubblicazione su Science mostra che l’innalzamento della curva dipendeva prevalentemente dagli adulti, di età compresa tra i 20 e i 50 anni”.

Alcuni sostenevano che la riapertura delle scuole favorisse la diffusione delle varianti…

“La scuola è uno dei luoghi più sicuri. Qualcuno sosteneva che i giovani infettassero di più a causa della variante inglese. In realtà è stato appurato che, essendoci a scuola un tracciamento più rigoroso, i casi degli studenti erano sovrarappresentati rispetto agli adulti”.

Nelle scuole dell’Alto Adige sono stati introdotti tamponi a tappeto. Gli screening di massa contribuiscono a tenere sotto controllo i contagi?

“Sottoporre tutti allo screening nelle scuole ha poco senso, in quanto le evidenze ci dicono che la percentuale dei contagiati rimane sempre intorno all’1%. Non è stato riscontrato un miglioramento significativo nei contagi nelle scuole introducendo i test negli istituti. Sono state fatte varie prove in diverse Regioni, sia con i tamponi molecolari, sia con gli antigenici: non si è vista un’efficacia nel ridurre i focolai, né in Italia né all’estero”.

In Alto Adige è in vigore il “Corona Pass”: non si può accedere a numerosi luoghi chiusi (palestre comprese) se non si è vaccinati, se non si è in possesso del certificato di guarigione o di un tampone negativo, da ripetere ogni 72 ore…

“Si tratta di un’iniziativa non basata sulle solide evidenze scientifiche, soprattutto ora che i casi stanno diminuendo. Fra l’altro i test a tappeto non sono granché attendibili, anche perché quando è bassa la prevalenza del virus contribuiscono ad aumentare i falsi positivi, con la conseguenza di mandare in quarantena, inutilmente, intere famiglie. In generale i test si rivelano utili a fini diagnostici e non a fini preventivi. Dobbiamo tutelare le fasce più deboli e ripartire, per non gravare ulteriormente sull’intera società. Questo non significa, comunque, richiudere anziani e categorie a rischio in casa. Mi spiego: dopo 15 mesi di pandemia ci si aspetterebbero ben altri provvedimenti, ad esempio il potenziamento della medicina territoriale e un sistema di monitoraggio e di raccolta dati superiori”.

Dove ci si infetta di più? Esistono studi esaustivi, al riguardo?

“Rispondere a questa domanda è estremamente difficile. Noi dovremmo concentrarci sulle forme gravi di Covid, non sul numero e sulla provenienza dei contagi. Il fine è quello di ridurre i casi critici, che richiedono l’ospedalizzazione. Le statistiche rivelano che, sotto i 50 anni, la mortalità è ridottissima: la priorità è mettere in sicurezza chi davvero ne ha bisogno, anche attraverso il vaccino. Il fatto che il virus possa circolare tra i più giovani è poco importante nel momento in cui si sono vaccinati tutti coloro che corrono più rischi”.

Dopo quindici mesi di misure restrittive si parla ancora di coprifuoco: cosa ne pensa?

“Io mi baso solo sulle evidenze scientifiche. Ho analizzato la situazione di Paesi e Regioni che l’hanno adottato e sono giunta alla conclusione che non esistono evidenze sulla sua efficacia. Quei pochi studi di modellistica sul coprifuoco non sono riusciti a distinguere i vari rischi e a individuare la provenienza dei contagi. Ribadisco il concetto: non dobbiamo badare alla curva dei positivi, degli asintomatici, ma al numero dei malati gravi”.

Secondo uno studio irlandese il rischio di contagiarsi all’aperto è dello 0,1%. Quali sono le Sue impressioni?

“È stato ormai dimostrato che il rischio di contagiarsi all’aperto è bassissimo. La maggior parte dei contagi avviene nelle famiglie. Più ci si chiude, più il rischio di infettarsi aumenta”.

A tre settimane dai festeggiamenti dei 30 mila tifosi interisti in Piazza Duomo, a Milano, non si è verificato un aumento dei contagi: se l’aspettava?

“Certo. E sono contenta che questo “esperimento” sia riuscito, perché dimostra sia la stagionalità del virus, sia che la gente può tornare a vivere all’aperto, andando anche al mare o in montagna”.

Argentina, Cina, Italia e Svezia: il lockdown è efficace? Ci sono evidenze scientifiche certe sulle misure restrittive?

“Difficile definire l’efficacia dei vari lockdown. Quello rigido, italiano, non si è rivelato efficace: gli studi del professor John P.A. Ioannidis (considerato uno dei più importanti epidemiologi del mondo, ndr) hanno dimostrato che i Paesi che hanno adottato misure draconiane non hanno avuto una riduzione significativa dei contagi rispetto ai paesi che hanno adottato misure meno severe. Infine è fondamentale ponderare i rischi e i benefici di ogni scelta: chiudere un Paese troppo a lungo può avere conseguenze più gravi del Covid. L’avere chiuso le scuole per parecchio tempo rischierà di causare danni psicofisici seri ai nostri ragazzi, e non solo ai giovani.”.

Perché gli studi del professor Ioannidis sono stati aspramente criticati da alcuni?

“Semplicemente perché Ioannidis ha messo in discussione le decisioni adottate finora. In piena emergenza è inevitabile compiere scelte severe, tuttavia è opportuno ricordare che pure il Comitato Tecnico Scientifico aveva manifestato delle perplessità sulle chiusure delle scuole e molti erano favorevoli a misure più localizzate”.

Mascherine all’aperto: sì o no? Cosa ci dicono gli studi?

“Gli studi ci dicono che non ci sono evidenze sull’efficacia delle mascherine all’aperto. Altro discorso, invece, è il loro utilizzo al chiuso e in luoghi affollati”.

Classificazione dei malati e dei decessi, indice Rt, positivi al tampone: i numeri dei bollettini quotidiani sono attendibili?

“La comunicazione dei media non aiuta. Purtroppo si è creata troppa confusione e, in tema di chiusure, ci si è affidati all’indicatore dell’Rt, che descriveva la situazione delle due settimane precedenti. Si sarebbero dovuti prendere accorgimenti più utili, basandosi ad esempio sul tasso di crescita”.

Quante sono state veramente le morti causate dal Covid, in Italia, nel 2020? Le statistiche sono affidabili?

“Difficile stabilirlo con certezza. Abbiamo avuto morti da Covid, ma anche decessi causati dalle misure di contenimento: quante persone sono perite in casa, perché non hanno fatto in tempo a raggiungere l’ospedale? Va poi considerato un altro aspetto…”

Quale?

“Abbiamo registrato anche un incremento della mortalità non classificata come Covid”.

Com’è la salute degli Italiani? Quante diagnosi sono saltate, per le altre patologie?

“Purtroppo il problema è molto serio. A causa delle chiusure e dei disagi causati dalla pandemia non si è quasi più fatta prevenzione. Io lavoro in un istituto oncologico e l’allarme è stato lanciato da tempo: in molte Regioni non si fanno più screening oncologici e alcuni ospedali hanno dovuto rinviare i trattamenti, anche chirurgici, per le altre patologie. Si stima un incremento di decessi per le altre patologie, causati da diagnosi e cure tardive: ciò avrà pesantissime ripercussioni sul futuro”.

Foto, Sara Gandini