La pandemia di Covid-19 ha colpito al cuore il mondo dello sport. Oltre ad avere causato danni economici devastanti per l’intero settore, ha influito negativamente sul benessere psicofisico degli Italiani, condannati, si direbbe, alla sedentarietà. A fare il punto sulla situazione è il professor Fabrizio Angelini, endocrinologo di chiara fama, consulente nutrizionale per atleti di altissimo livello, presidente della SINSeB (Società Italiana di Nutrizione dello Sport e del Benessere) e responsabile Area Nutrizione Sportiva dell’FC Juventus, dell’FC Empoli e della VR46 Riders Academy, fondata da Valentino Rossi.
Professore, lo sport si è fermato un anno fa: quali le ripercussioni per i giovani e per gli adulti?
“Abbiamo vissuto un anno molto difficile, che ha messo a dura prova il nostro equilibrio psicofisico. Inizialmente il primo lockdown è stato accettato positivamente, in quanto ci ha fatto riscoprire una vita meno frenetica, permettendoci inoltre di coltivare maggiormente gli affetti. La scorsa primavera è stata caratterizzata dalla solidarietà, unitamente alla paura nei confronti di un virus che non conoscevamo prima di allora. Quando è giunta l’estate credevamo di esserci lasciati il peggio alle spalle, in realtà siamo sprofondati nuovamente nel baratro, in autunno. Ci siamo infine sorbiti i bollettini di guerra sul numero di morti e malati: bollettini spesso privi di senso, in quanto sciorinati ossessivamente dai media. Ci siamo assuefatti alle “ViroStar”, che monopolizzano giornali e tv, cambiando opinioni un giorno sì e l’altro no. Ci svegliamo al mattino credendo di aver fatto un brutto sogno, invece siamo costretti a trascorrere quasi tutta la giornata seduti, indossando pure la doppia mascherina (pratica adottata dal mio studio). Siamo diventati delle “sedie animate”: non è facile adattarsi a questo stile di vita. Soprattutto per uno sportivo”.
Quali difficoltà stanno incontrando gli atleti?
“Chi è abituato ad allenarsi cerca di praticare, pur all’interno delle limitazioni, esercizio fisico e di controllare l’alimentazione. Tuttavia sta rischiando di perdere i suoi obiettivi. Sono un podista, perciò in questo periodo devo rinunciare alla classica “tapasciata” (la sgambata, ndr) in compagnia della domenica, preludio alla fetta di pane con l’olio buono, accompagnata da un sano bicchiere d’acqua. I giovani però vanno incontro a problematiche ben più serie”.
Quali?
“I ragazzi hanno perso completamente la socialità, che costituisce un aspetto fondamentale dall’infanzia all’adolescenza e nella post-adolescenza. La socialità è fondamentale per lo sviluppo delle loro capacità psichiche e intellettive. Se poi aggiungiamo i tragici effetti della crisi economica, che sta travolgendo e, purtroppo, travolgerà le loro famiglie non c’è da stare allegri”.
La sedentarietà forzata ha indotto i giovani a trascurare anche l’alimentazione?
“Certamente! Bisogna tuttavia precisare che generalmente i giovani italiani non sono sempre amanti dell’esercizio fisico. Ciò è dovuto a un deficit culturale caratterizzante la nostra educazione scolastica. Anzi, alcuni professori, forse un po’ troppo ideologizzati e privi di una profonda conoscenza sui benefici dell’attività fisica, considerano l’esercizio come accezione negativa di un certo “machismo”. La sedentarietà è inoltre fonte di ulteriori problemi…”.
Ce li spieghi…
“In età infantile e adolescenziale la sedentarietà rappresenta un fattore di rischio per la salute, rischio ormai riconosciuto dalle maggiori comunità scientifiche mondiali. Nel mio libro “Dieta&Running” ho dedicato un capitolo alla sedentarietà, nella sua concezione patologica: infatti favorisce il sovrappeso, l’obesità, il diabete, le malattie cerebrovascolari, la sarcopenia (debolezza muscolare) che, guarda caso, sono le condizioni aggravanti anche per i pazienti affetti da Covid-19. I soggetti giovani, precisamente quelli in cui il Covid-19 è più aggressivo, sono spesso obesi, ipertesi e/o diabetici”.
Si può quindi sostenere che l’attività fisica svolga un ruolo preventivo contro il Covid? Come si rinforza il proprio sistema immunitario?
“Come ho già sottolineato, l’attività fisica svolge un ruolo preventivo nei confronti di numerose patologie: dall’obesità al diabete, dall’ipertensione ad alcuni tipi di tumori. È ormai accertata la funzione significativa dell’esercizio fisico sia nella prevenzione, sia nel follow up delle malattie. Il binomio corretta nutrizione-esercizio fisico è vincente. Ovviamente va considerata anche la tipologia di attività fisica. Un esercizio a bassa-media intensità, non protratto per ore (alternato alla semplice camminata che, a mio parere, dovrebbe essere quotidiana) e variato con due-tre sedute di esercizi con carichi naturali o pesi, a seconda dell’adattamento individuale, è la regola non per stimolare (nel caso del Covid non sarebbe nemmeno positivo), bensì per modulare il nostro sistema immunitario. Ribadisco, dunque: bisogna muoversi sempre”.
Cosa consiglia, esattamente?
“Dobbiamo tenere i nostri muscoli attivi anche in ufficio oppure a casa, se lavoriamo in smart working. Consiglio di fare piccole pause ed eseguire esercizi di stretching per la colonna vertebrale, cioè dei piegamenti sulle gambe per riattivare la circolazione e il nostro sistema osteoarticolare. È importante inserire nella nostra agenda quotidiana un momento dedicato a noi stessi e all’esercizio fisico. Fra l’altro, a causa dello smart working, numerose persone si sono private pure di quel poco di movimento che facevano per recarsi al lavoro”.
La vitamina D è stata al centro del dibattito degli ultimi mesi: qual è il suo ruolo e in che modo potrebbe contribuire a proteggere il nostro organismo?
“Oltre dieci anni fa penso di essere stato tra i primi, in Italia, a tenere lezioni e relazioni a congressi nazionali e internazionali sull’importanza della vitamina D, non solo per i suoi effetti sul metabolismo fosfo-calcico, ma anche per le sue funzioni di modulazione del sistema immunitario e per il suo contributo alla prevenzione e alla cura di alcune patologie autoimmuni, quali le tireopatie autoimmuni o altre patologie, come l’obesità, il diabete di tipo II, alcuni tumori. Bassi livelli di vitamina D sono correlati a numerosissime patologie muscolo-scheletriche (osteoporosi, osteopenia, sarcopenia), metaboliche (obesità, diabete di tipo II), cardio e cerebrovascolari, del tono e dell’umore (ansia, depressione). Per ciò che concerne il ruolo della vitamina D nella pandemia di Covid-19 sono presenti parecchie segnalazioni nella letteratura, le quali rivelano che bassi livelli di vitamina D sono associati a una potenziale evoluzione negativa della patologia e anche alla morte. La supplementazione con vitamina D può rivelarsi utile sia in fase di prevenzione, sia di terapia e il suo ruolo sembrerebbe essere quello di modulare il sistema immunitario, evitando che lo stesso vada incontro a una sorta di cortocircuito, in grado di causare quella famosa tempesta infiammatoria caratterizzante le forme più gravi di Covid. Detto questo, è opportuno sottolineare che alcune aziende si sono lanciate in una campagna pubblicitaria aggressiva, facendo passare il messaggio, sbagliato, che la vitamina D curi il Covid: non è così”.
Quali comportamenti e accorgimenti dovrebbe adottare un giovane che non può svolgere la regolare attività fisica, in questo momento?
“Giovani e adulti devono praticare sport o, meglio, attività fisica (lo sport si differenzia dall’attività fisica in quanto prevede regole di ingaggio). Bisogna muoversi, muoversi, muoversi, sempre e comunque ed evitare di rimanere incollati agli smartphone e alla televisione! Un recentissimo studio condotto dall’IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi e dall’IRCCS Policlinico San Donato, pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Radiology, ha dimostrato che la sarcopenia, ovvero una condizione di riduzione della massa muscolare, rappresenta un fattore prognostico negativo nei pazienti ricoverati per Covid-19. Inoltre l’associazione di ridotta massa muscolare con alcune patologie, come quelle oncologiche, era nota da tempo. Questo studio ha portato alla luce un’altra importante caratteristica relativa agli effetti che il virus causa al nostro organismo (in questa caso, una correlazione)…”
Quale?
Lo studio si prefiggeva di stabilire quanto la ridotta massa muscolare riuscisse a prevedere un decorso clinico sfavorevole nei soggetti ospedalizzati per Covid-19, sia in terapia intensiva, sia nei reparti ordinari, durante la prima ondata di pandemia. L’indagine, avviata lo scorso 21 febbraio 2020 e conclusasi il 30 aprile dello stesso anno, ha coinvolto 552 pazienti (di cui 364 uomini), con un’età media di 65 anni e si è basata sul confronto tra le informazioni relative allo stato della muscolatura paravertebrale ottenute attraverso TC toraciche, effettuate al loro ingresso in struttura per verificare la presenza di polmoniti, con alcuni dati clinici e fisici degli stessi. Tra i parametri presi in considerazione, per il confronto: età, sesso, indice di massa corporea (BMI), grado di estensione della polmonite, stato muscolare, eventuali comorbidità (patologie broncopolmonari, cardiovascolari, neurologiche, diabete, etc…). Le TC toraciche eseguite sui pazienti affetti da Covid-19 hanno consentito di accedere a una fonte preziosa di informazioni inerenti lo stato dei muscoli paravertebrali. Questo ha permesso di validare la nostra ipotesi, ovvero che la ridotta massa muscolare costituisce un fattore rilevante nei pazienti Covid, come già accade per altre comorbidità”.
La crisi dello sport (chiusura di palestre e società sportive) potrebbe causare danni irreversibili sia alla salute dei ragazzi, sia all’intero settore?
“Il danno economico subito da tutto il mondo delle palestre o, per meglio dire, del fitness è sotto gli occhi di tutti. Tuttavia, al danno economico di migliaia di operatori, laureati in scienze motorie, imprenditori che hanno investito il loro denaro credendo nel fatto che l’attività fisica sia, giustamente, fondamentale, si aggiunge il danno alla salute di milioni di frequentatori delle palestre che, al di là di qualche eccesso (mi citate un luogo/ambiente/professione che sia perfetto ed esente da difetti?), rappresentavano per molti non solo un momento di benessere fisico, ma anche di socialità e convivialità. Ritengo che, adottando le misure opportune, tale momento debba essere garantito. Non si è compresa o non si è voluta comprendere l’importanza dell’esercizio fisico che, abbinato alla sana alimentazione, eviterebbe l’insorgenza di numerose patologie. Nulla è stato fatto per individuare la provenienza dei contagi. Si è deciso di chiudere le palestre, centri frequentati da clienti e dipendenti attenti alla propria salute e che, proprio per questo, non rappresentavano reali pericoli per l’incolumità propria e altrui. E qui mi fermo…”.