Zingaretti e l’afonia del Partito Democratico

Non è la prima volta che un presidente del Consiglio “arriva” direttamente dalla società civile e non dalla “società politica” come è stata la recente nomina del presidente Mario Draghi, la quale è apparsa non tanto come prova del fallimento in genere della politica quanto quella degli attuali partiti. Già, i partiti un tempo erano il perno del sistema politico-democratico il cui ruolo storico era quello di strumento per la realizzazione della democrazia tanto che la nostra Costituzione prevede all’articolo 49 che il partito rappresenta le diverse volontà, culture ed interessi della società. Oggi il partito politico è il grande malato della democrazia e appare orfano di ideali e di quelle idee collettive che hanno realizzato quei partiti scomparsi dall’orizzonte politico e la cui disgregazione ha creato il decadimento dell’azione politica e il ruolo marginale del Parlamento. Esiste una democrazia con “partiti azienda” o “personalizzati” i cui leader sono dotati di potere “solitario e indipendente” oppure sono privi di potere a causa della presenza delle “correnti interne”, o fazioni, in contrasto tra di loro, litigiose, pronte a discutere di poltrone piuttosto che assumere decisioni utili alla popolazione?
È vero, nel passato è esistito il correntismo, ad esempio il PCI – pur sventolando la bandiera del centralismo democratico – si è caratterizzato con proprie correnti (i Miglioristi, i Berlingueriani ecc.) ed anche la DC (il preambolo di Zaccagnini, il Grande Centro di Forlani ecc). Erano correnti “riconoscibili” perché espressione di pensiero e di idee e non ossessionati alle poltrone come dichiarato dalle recenti parole velenose di Zaccagnini. È questa l’accusa formulata da Nicola Zingaretti segretario del Partito Democratico perché “si vergogna che nel suo partito – il PD – si parli solo di poltrone e primarie”… mentre l’Italia ha da affrontare problemi spinosi, dalla pandemia alle difficoltà economiche e sociali e scolastiche…!
Altro che ragioni politiche dovute alla dialettica interna di partito e che per tradizione giustificano le dimissioni di un Segretario. Questo invece è un grave atto di accusa! Il Partito Democratico è in grave sofferenza perché da qualche tempo sembra non avere una chiara identità politica, né un programma per i giovani e per il futuro, né un’idea forte da spendere. Se è così chiediamo perché non ha mai preso posizione sul cosiddetto. “populismo sociale”? E ancora, perché ha “vociferato” …. “mai con i leghisti” oppure “ Conte Presidente o subito elezioni…” ecc. e alla fine ha fatto il contrario?  Perché proporre la candidatura a senatore nel PD all’ex Presidente Conte legato ad altro partito? Sono posizioni queste di subalternità politica agli altri partiti…!  Il filosofo Massimo Cacciari ha dichiarato che il Partito Democratico ha bisogno di fondarsi (e non di rifondarsi) perché è nato morto. È così?
Non mi avventuro a riportare oltre le cause e le ragioni degli insuccessi, delle contraddizioni e delle sventure del dimissionario Segretario. È inutile girare intorno al perseguimento del “bene comune” se non ci rendiamo conto che le sfide – sia globali o no – richiedono una reale ed effettiva visione politica, di nuove idee e di strumenti adeguati alla complessità del mondo contemporaneo. Ciò significa aprire la porta al noto pensiero “tempi nuovi, metodi nuovi e strutture diverse” in modo che ogni decisione politica e ogni intervento non siano materia di e per pochi ma oggetto di analisi concertato per poi diventare pubbliche linee d’azione. Occorre un nuovo modello di vita all’interno del PD.  – sia dal punto di vista strutturale che programmatico – per prendere atto che il tempo del formalismo democratico deve essere definitivamente accantonato. Se le dimissioni di Nicola Zingaretti porteranno al tradizionale ricambio formale del dimissionario Segretario con un reggente senza il coinvolgimento di un Congresso, significa lasciare lo status quo e il potere anomalo delle correnti “attive” e confermare la crisi e le forze politiche di conservazione.
Infine quale destino politico avrà Enrico Letta – Segretario in pectore – se ha dichiarato che non cerca nel partito unanimità ma verità? La verità è che ci sono nodi politici da affrontare ma non “cancri da estirpare” come ha dichiarato Rocco Casalino. Certo se si hanno a cuore le sorti del Pd bisognerà far chiarezza anche con nomi e cognomi di chi ha tradito e di chi miseramente ha ridotto la dialettica interna del partito.

Antonino Papa

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