Istituto Formazione Lavoratori, in Alto Adige la formazione continua!

Il 75% dei lavoratori dipendenti altoatesini ha avuto l’opportunità, negli ultimi 12 mesi, di prendere parte ad almeno un’attività formativa per migliorare le proprie capacità professionali. Un dato in linea con la media degli ultimi sette anni. “La pandemia del coronavirus ha accelerato i processi di cambiamento nel mondo del lavoro. Sulla formazione continua dobbiamo intensificare gli sforzi, non ridurli”, ammonisce il Presidente IPL Dieter Mayr.
La formazione professionale è un fattore decisivo se si vuole aumentare la propria competitività in ambito internazionale. Secondo i dati forniti nel 2019 da Eurostat (relativi all’anno 2018), in termini di partecipazione alla formazione continua, l’Alto Adige si colloca sulla media europea, leggermente al di sopra del resto del Bel Paese e al di sotto dei paesi Scandinavi e della Svizzera.
Stando ai dati rilevati nell’edizione autunnale del Barometro IPL, in Alto Adige 75 lavoratori dipendenti su 100 hanno preso parte nei 12 mesi antecedenti all’indagine ad almeno un corso di formazione professionale pagata dal datore di lavoro o, in misura minore, autofinanziata. Su indicazione del datore di lavoro, la maggior parte dei dipendenti ha partecipato a specifici e mirati corsi di formazione o di aggiornamento; una buona parta ha presenziato ad eventi esterni (ovvero convegni, conferenze, seminari o workshop) o ha ricevuto un affiancamento direttamente sul luogo del lavoro. Infine, nella misura del 27%, i corsi, ritenuti rilevanti per il proprio lavoro, sono stati privatamente autofinanziati da lavoratori interessati.
Tra i corsi di formazione frequentati in Alto Adige spiccano tre grandi categorie ritenute rilevanti e preziose. Il 27% della formazione ha riguardato il miglioramento delle proprie capacità linguistiche, non solo dell’italiano e del tedesco ma anche e soprattutto della lingua inglese; il 24% ha riguardato corsi di informatica specifici o comunque volti all’aggiornamento e al perfezionamento di determinate abilità tecnologiche; il 16% ha riguardato il mondo della gestione aziendale e del diritto, al fine di aumentare le capacità manageriali, pubblicitarie e di marketing nonché le conoscenze giuridiche
Il 60% degli intervistati dichiara di svolgere compiti conformi alle proprie capacità e abilità, mentre il 26% ritiene che le capacità e abilità possedute permettano loro di svolgere anche compiti più complessi di quelli svolti al momento della rilevazione. La percentuale di occupati interpellati che ritiene, invece, di possedere meno competenze di quelle necessarie e, quindi, di aver bisogno di più formazione per svolgere efficientemente il proprio lavoro è pari al 14%.
Al fine di far fronte al progresso tecnologico e alla perdurante domanda di forza lavoro qualificata la sfida si gioca anche sul piano di una formazione continua alla quale tutti possano accedere.
“Chi svolge professioni ad alta complessità e responsabilità tende a dichiarare di aver bisogno di maggiore formazione, mentre chi svolge professioni di minore complessità ritiene di disporre delle capacità di svolgere compiti più difficili. Ne risulta, dunque, che una parte del capitale umano sia sottoimpiegato e non venga sfruttato”, afferma il ricercatore dell’IPL Matteo Antulov.
Di conseguenza, è importante prestare attenzione a quello che i ricercatori definiscono “effetto San Matteo” (the rich get richer the poor get poorer), ovvero il rischio che chi si trova a ricoprire una posizione professionale più elevata abbia più chance di accedere alla formazione professionale continua rispetto a coloro che sono meno qualificati e ricoprono posizioni inferiori. Enti pubblici ed imprese private sono chiamate, dunque, ad investire in termini di formazione anche nei lavoratori meno qualificati.

In foto. Dieter Mayr@IPLBolzano

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