Design nelle culture popolari

“Se tutti i becchi gavesse en lampion, misericordia che illuminasion!”

Le mie origini sono per metà trentine per metà venete (ma io sono nato a Bolzano). Tra le due civiltà rurali (credo sia giusto oggi chiamarle così) vi sono molte similitudini ma anche molte differenze. Ora nessuno può sottovalutare l’importanza delle culture locali nell’interrogarsi sul passato e le nostre origini. È sempre e solo da questo che proveniamo e prima dell’avvento della cultura tecnologica di oggi fu la civiltà contadina a sviluppare idee e tecniche. Manifestavano il desiderio delle genti di riflettere sulla propia condizione, possibilmente migliorarla  e pensare al futuro per i figli.
La perdita della dimensione agricola che ha avuto il suo apice con il boom economico degli anni ’60 e l’inurbamento hanno fatto perdere un insieme di conoscenze, abilità, valori che costituivano una dimensione forse più umana dl vivere. Non si tratta di nostalgia per mondi perduti ma solo del riconoscimento del valore di quei pensieri e di quelle epoche. Fortunatamente ne sono rimaste molte testimonianze anche se sono sempre più museo, tradizione ed anche come è in voga dire “vintage”.
I miei ricordi da bambino risalgono alla campagna del veronese e alla Valsugana, terre e mondi prevalentemente agricoli dei quali ora conserviamo reperti, costruzioni, pratiche ed usi che possiamo rivedere, riassaporare nei numerosi musei delle tradizioni. Ma non si tratta solo di suppellettili e attrezzi, vi era anche architettura, decorazione, pittura, letteratura, musica, canto e ballo, quello che oggi chiamiamo folklore e che andrebbe ben distinto dal popolare. Le arti, diversamente da oggi, erano sempre subordinate a qualche alttro fine, spesso erano viste solo come abbellimento.
Forse solo nella iconografia religiosa, paramenti ed immagini sacre, si potevano vedere forme d’arte senza necessità funzionali. L’abitudine alla fatica era cosi diffusa che oggi molti prodotti di quelle civiltà ci sorprendono per l’impegno e la maestria dei realizzatori. La vita dei contadini era scandita dal ritmo delle stagioni e dalle attività agricole (aratura, semina, raccolto, trebbiatura, vendemmia). Molte le tradizioni come l’albero della cuccagna, la sagra, la ganzega, l’allevamento dei cavalieri (bachi da seta), il filò. Le professioni oggi abbandonate: il fattore, il sensale, il caregheta e gli ambienti tipici come l’aia, il loamaro, il portego, la caneva, il paion.
Per ciascuna di esse si potrebbe scrivere un trattato di sociologia, antropologia, storia ma vi sono pubblicazioni approfondite che lo hanno già fatto. Meno trattato e curato l’aspetto delle attrezzature dove il concetto di un design inconsapevole emerge forte e a volte anche sorprendente. È quello che vorrei trattare prendendo ad esempio alcune dotazioni tipiche e studiandone l’accorto pensiero funzionale.

Foto, Alessio Oss Emer.

 

 

Alessio Oss Emer

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Alessio Oss Emer

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