Donne e lavoro al centro dell’assemblea della Cgi/Agb

Nella sua introduzione Doriana Pavanello del coordinamento politiche di genere ha parlato degli “svantaggi palesi” a cui sono soggette le donne, nel mondo del lavoro e nell’accesso al mercato del lavoro, vittime di divari retributivi e di basse rendite pensionistiche: “E’ un dato di fatto – ha detto – che la precarietà colpisca maggiormente le donne, che subiscono bassi salari e part-time”. La sindacalista ha poi fatto riferimento a discriminazioni, maltrattamenti, violenze e al numero di femminicidi che non cala, ma anzi in costante aumento.

La vicedirettrice dell’Istituto promozione lavoratori Silvia Vogliotti nella sua relazione ha fotografato la situazione occupazionale femminile in Alto Adige, ribadendo, dati alla mano, come l’occupazione delle donne in Alto Adige, con un 65% di donne occupate, sia vicina agli obiettivi europei. La vicedirettrice non ha però nascosto le tante “ombre”, che riguardano essenzialmente la sottoccupazione: “Le donne sono in prevalenza occupate a tempo parziale e con la nascita del primo figlio cala l’occupazione”.

Edith Perathoner dell’ufficio amministrazione della Cgil/Agb, parlando di parità di genere all’interno del sindacato, ha ricordato come i dirigenti sindacali della Cgil altoatesina siano in prevalenza donne, ad esempio sono otto le segretarie generali su un totale di 13 segretari di categoria. Del resto il dato dell’occupazione in generale si rispecchia anche all’interno del sindacato dove si presenta un alto tasso di donne occupate a tempo parziale.

Gabriella Mammero del sindacato dei pensionati Spi/Lgr ha trattato poi il tema di un uso non sessista del linguaggio: “L’utilizzo neutro maschile è un elemento linguistico che si traduce in pratica sociale, perché determina la circostanza che le donne non si riconoscano nei concetti espressi, nel senso che l’universo maschile risulta assorbente di tutta la realtà”.

Nelle sue conclusioni la segretaria nazionale Cgil Tania Scacchetti ha ribadito l’importanza di politiche di genere, ma non intese come politiche “per le donne”, ma vissute come complementari per l’intera società per arrivare a una visione sociale che sia giusta e inclusiva. Per Scacchetti, anche le politiche di conciliazione andrebbero intese non solo per le donne, ma per il complessivo benessere della famiglia e delle persone: “Il concetto di conciliazione va rivisto in modo bilaterale. Va pensato come importante strumento per superare gli stereotipi”, ha concluso Scacchetti.

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