Si dice che i bambini e gli adolescenti di oggi usino ormai comunemente un linguaggio da postribolo. Quando mi chiedono che fare per contenere parolacce e volgarità, rispondo “Non c’è niente da fare. Battaglia persa!“. E non lo dico perché giustifico le scurrilità del linguaggio nel parlare comune, ma perché ormai le parolacce le dicono tutti. I bambini le sentono in continuazione dagli adulti, dai genitori, dalla gente dello spettacolo, nei dibattiti pubblici, dai politici. Quindi non sono un “peccato”. Il fatto più consistente, caso mai, è che oltre a questo il modo di parlare, il comunicare è diventato ingiurioso, offensivo e violento. Cosa pretendere? Alla fine il turpiloquio è la cosa meno grave se paragonato ai comportamenti irrispettosi, di insulto e che oggi con sempre più frequenza incitano all’odio. Inutile lamentarsi della mancanza di educazione dei giovani se i modelli che proponiamo loro sono ben altri. Come pretendere che in un litigio un ragazzo non mandi a… quel paese (ma l’espressione è ormai d’altri tempi) un genitore, se è lo stesso genitore che insulta il proprio figlio, magari offende apertamente l’insegnante che, a suo parere, ha valutato ingiustamente il proprio pargolo, oppure ridicolizza senza mezzi termini una persona di cui non condivide il modo di essere.
Come aspettarsi che a scuola gli scolari ascoltino chi parla, rispettino i compagni e non li offendano, se gli adulti per primi non rispettano le regole comuni, sono offensivi e prevaricatori? Cosa significa parlare di legalità, di onestà, di rispetto dei più deboli, quando prevale negli atteggiamenti comuni, tra gli uomini pubblici, quelli che contano, arroganza, falsità, imbrogli, malaffare, esibizionismo e il proprio tornaconto?
Non è mancanza di educazione. La dobbiamo chiamare. caso mai, mala educazione quella che stiamo proponendo in questo momento. Perché non si trasmettono con le parole valori come rispetto, accoglienza, partecipazione, ma è con i fatti e l’esempio che educhiamo alla tolleranza e alla comprensione, alla disponibilità e alla solidarietà così come all’empatia. Non si diventa “buoni” perché ci dicono di esserlo o ci spiegano come fare, ma perché vediamo come si comportano gli altri. Lo spiegano molto bene le neuroscienze e la scoperta dei neuroni a specchio che dimostrano quanto conti il comportamento degli altri nell’attivare empaticamente le nostre risonanze interne.Far crescere, dunque, vuol dire educare con l’esempio e non dire quello bisogna fare. Non è che non serva mettere limiti e dare regole di comportamento. Però è necessario partire dal proprio modo di agire. Prima di dire come bisogna comportarsi, l’educatore deve mostrare con i fatti e con il suo modo di essere quello che chiede. E poi è necessario cominciare dalle piccole cose quotidiane come educare a chiedere “per cortesia”, domandare “permesso” prima di entrare, salutare non con un mugugno, ringraziare per un aiuto, attendere il proprio turno sia per prendere qualcosa che per parlare. Regole elementari e di base, che devono essere fornite ai bambini e rispettate da tutti. Sempre. Regole che valgono in famiglia e a scuola. Ovunque.
Giuseppe Maiolo -Doc.Psicologia dello sviluppo – Università di Trento
www.officina-benessere.it
In foto, Giuseppe Maiolo
Dal 2 al 11 maggio 2024 produzione APS Fantasio. Programma della seconda settimana. La fine del…
Da ieri a Obertilliach, nel Tirolo orientale ha luogo un vertice sulle foreste. All'incontro partecipano…
“Quello di Pensplan Centrum S.p.A. è sicuramente un bilancio più che positivo per i risultati…
Informare e preparare le imprese associate relativamente ai bandi di gara in arrivo nel settore…
Notte di alta tensione nel carcere minorile Beccaria di Milano. “Stanotte c’è stata una rivolta che…
Lei guida un laboratorio che sviluppa tecnologie avanzate per l’editing genetico e la loro applicazione…