Trump blocca l’immigrazione, mentre un giudice federale ferma il rimpatrio dei rifugiati.

Il giudice tuttavia non stabilisce che queste persone debbano essere ammesse negli Stati Uniti e non si pronuncia circa la costituzionalità del decreto presidenziale.

Dopo la firma del decreto da parte del nuovo Presidente degli Stati Uniti che congela per tre mesi gli arrivi da sette Paesi a maggioranza islamica e per quattro mesi il programma dei rifugiati, persino a tempo indeterminato per quelli siriani, i rappresentanti della politica europea, ma anche molti americani si indignano. Venerdì scorso Donald Trump ha firmato un decreto urgente, dichiarando di voler proteggere il Paese dall’ingresso di terroristi stranieri. Immediatamente diverse organizzazioni per i diritti umani hanno promosso un ricorso in sede giudiziaria, accusando il Presidente di aver firmato un atto palesemente anticostituzionale. Trump, assolutamente imperterrito, ha reagito alle critiche esponendo il decreto non come un bando dei musulmani, ma come un provvedimento ben funzionante. Intanto a New York una decina di persone è stata fermata all’aeroporto internazionale JFK, tra cui anche due iracheni con dei visti speciali per gli Stati Uniti. Uno dei due è stato liberato dopo diverse ore grazie all’intervento di diverse organizzazioni e due deputati democratici. L’iracheno in questione aveva tutto il diritto di immigrare negli Stati Uniti ed era in possesso di un visto speciale per sé e la famiglia, dopo aver collaborato diversi anni con le forze americane in Iraq. Evidentemente il nuovo Presidente non è a corrente di cosa stia accadendo realmente in Medio Oriente e cosa stiano facendo le forze americane in quei Paesi. Gli avvocati delle organizzazioni per i diritti civili hanno anche presentato una richiesta in un tribunale federale per richiedere la liberazione di tutte quelle persone colpite dall’improvvisa misura di Trump. Il giudice federale di New York, Ann Donnelly, dopo aver esaminato il ricorso degli avvocati, ha emesso un’ordinanza di emergenza che temporaneamente impedisce agli Stati Uniti di espellere i rifugiati che provengono dai sette paesi a maggioranza islamica, ordinando che i rifugiati e altre persone bloccate negli aeroporti degli Stati Uniti non possano essere rimandate indietro nei loro paesi. Una vittoria parziale però, dato che il giudice non ha assolutamente stabilito che queste persone debbano essere ammesse negli Stati Uniti. Il giudice non si è neanche pronunciato circa la costituzionalità del decreto presidenziale, pertanto, a prescindere dall’ambiguo verdetto del magistrato, inevitabilmente l’azione esecutiva siglata da Trump, come il dipartimento dell’Homeland Security ha già fatto sapere, resterà in vigore.