Massimo Bertinato, 57 anni, è imprenditore di successo. Vanta un passato nel calcio professionistico; a soli 16 anni esordiva in Serie D con il Passirio Merano, mentre per 2 stagioni (1978-1979) vestiva la maglia del Bolzano in C2. Dopo l’esperienza bolzanina, continuava la sua esperienza fra i professionisti, Vestiva le maglie di Trento, Taranto, Salernitana, Venezia e Fermana. L’anno Tarantino é stato per lui quello migliore, dove poteva giocare a fianco di Vito Chiamenti e di tanti altri che avevano conosciuto sia Serie A che Serie B. Poi il passaggio alla carriera da allenatore, anche questa contraddistinta da dedizione ed impegno maniacale. Da allenatore si può considerare il “Walter Novellino” regionale, poiché specializzato nelle promozioni di categoria. Walter Novellino né ha ottenute 4 dalla serie cadetta alla massima serie, con il Venezia, Napoli, il Piacenza e la Sampdoria. Nell’intervista si scoprirà il perché di questo paragone.
Mister, a 16 anni nel Passirio Merano, eri già in rampa di lancio fra i semi professionisti. Puoi raccontarci qualcosa di questa esperienza?
Ho iniziato con il Passirio Merano che avevo 9 anni e facevo il portiere. Poi visto che non crescevo in altezza, qualcuno ha pensato bene di farmi giocare fuori, spostandomi inizialmente a centrocampo. Fino a 14 anni navigavo tra campo e panchina. Mi allenavo regolarmente con i miei compagni non mancando mai. Inoltre tutti i giorni dove non era previsto alcun allenamento, dedicavo al pallone ore ed ore del mio tempo. Già allora consideravo la forza di volontà superiore al talento. Il giorno del mio compleanno il 18-05-1975 a 16 anni ho disputato la mia prima partita in prima squadra in serie D, momento che mai potrò dimenticare. Per 3 anni di fila ho militato in prima squadra nel Passirio Merano, periodo in cui sono maturato tanto da un punto di vista calcistico e ho cambiato ruolo passando da centrocampista a prima punta. L’ultimo anno con il Passirio Merano fui il capocannoniere della squadra.
Il salto fra i professionisti non sarà stato affatto facile. Quali sono stati gli anni più difficili e soprattutto cosa è mancato per il salto nel campionato cadetto? Quali gioie e quali delusioni?
Il salto tra i professionisti l’ho fatto passando dal Passirio Merano al Bolzano. Intanto devo ringraziare Giampiero Abate che mi consiglio’ al Bolzano. Andai a fare un allenamento con il Bolzano, si giocava un amichevole interna alla Prima Squadra, che allora militava in serie C. Negli ultimi anni ero migliorato molto tecnicamente ed uno dei miei pezzi forti era il tunnel. Difatti con la spensieratezza dei miei 18 anni e la voglia di mettermi in mostra, ne rifilai un paio all’allora difensore piuttosto arcigno Concer. L’anno dopo mi prese il Bolzano e disputai il mio primo campionato professionistico. Ho cominciato a capire subito cosa volesse dire giocare al calcio in un campionato professionistico, quali vantaggi potesse darti, ma soprattutto quale impegno richiedesse. Oltretutto il fatto che militassi nel Bolzano mi evito’ i “lupi” di San Candido, poiché venni assegnato ad una caserma di Bolzano con l’incarico di magazziniere, che mi permetteva di potermi allenare regolarmente. L’esperienza al Bolzano duro’ 2 anni e proprio nel secondo anno divenni capocannoniere della squadra. Ciò che mi è rimasto più impresso nella mia mente è il ricordo dei derby con il Trento. Ad un certo punto di uno dei due derby giocati il capitano del Trento Lutterotti si rivolge al centrale difensivo, il mitico Sandokan Walter Daldosso, e gli urla di marcarmi un po’ meglio, in quanto stavo creando diversi problemi. “Sandokan” gli rispose per le rime dicendogli: “vieni tu a fermare questo indemoniato!”
L’anno dopo facevo il salto di categoria con Trento in C1 ed avevo Lutterotti Daldosso come compagno di squadra ed un certo Gigi de Agostini, giocatore che avrebbe poi vestito le maglie della Juventus, dell’Inter e della Nazionale, partecipando peraltro ai mondiali di Italia ’90. Quello con il Trento Fu il miglior anno da un punto di vista personale. A Febbraio, quanto purtroppo mi infortunai rompendomi il menisco, avevo già messo a segno 6 reti. Il piu bel ricordo rimane quello del match Trento-Atalanta, dove noi aquilotti vincemmo 1 a 0 grazie ad una mia rete. Due anni dopo andai a Taranto, dove ebbi l’opportunità di fare un’ esperienza incredibile. Per la maggior parte i miei compagni erano giocatori che provenivano o dalla massima serie o dalla serie cadetta. Fra tutti voglio ricordare Vito Chimenti, fratello di un altro fortissimo attaccante degli anni ‘80/’90 Francesco Chimenti e zio di Antonio Chimenti, a lungo secondo portiere della Juventus. Uno dei suoi pezzi forti era la bicicletta, ovvero un gesto tecnico ad altissimo coefficiente di difficoltà. All’epoca il nostro allenatore era Toneatto, detto anche il sergente di ferro. Perdemmo il campionato all’ultima partita, pareggiando a Salerno. Vennero promossi nella serie cadetta Empoli e Pescara e purtroppo noi ad un solo punto dal paradiso. Successivamente il Taranto fallì e l’anno dopo mi ritrovai a Salerno in C1, per poi fare le ultime esperienza con la Fermana C2, intramezzato da un periodo al Venezia C2, che ricordo bene in quanto sui muri dello stadio S. Elena c’era scritto “con Capuzzo (che aveva vestito la maglia dalla Juventus) e Bertinato vinceremo il campionato”. Purtroppo arrivammo decimi.
Al momento non ho nessun rimpianto, semmai tanta tanta nostalgia e rammarico per un sogno che non si è realizzato. Quando vedo dei ragazzi con talento, che non danno il 110 % in allenamento e in partita, mi viene una grandissima rabbia, soprattutto pensando a quello che potrebbero dare e ricevere dal calcio.
Dopo un lungo peregrinaggio torni in Alto Adige nel ruolo di giocatore e allenatore. Qual é stato l’impatto? Come hai vissuto questo tuo nuovo ruolo?
Il ritorno in patria avvenne come giocatore. Il Passirio Merano mi chiese di rientrare, quando la squadra militava nel campionato Interregionale. Inizio così la mia avventura dopo l’esperienza nei professionisti. L’anno dopo mi venne offerta la possibilità di allenare la Juniores e continuare giocare in prima squadra. Le cose in prima squadra non andarono bene, poiché mi ruppi il legamento collaterale ed il mio ruolo da titolare in prima squadra venne messo velocemente in discussione. Arrivò poi un ragazzino che io non consideravo all’altezza di Bertinato, quel ragazzino si chiamava…. Stefan Schwoch ( quasi 700 partite tra Interregionale C2 C1 B e 260 goal) e decisi di andarmene. Proprio in questa fase della mia vita compresi anche che il mio futuro da allenatore avrebbe potuto avere un futuro. Il motivo si lega principalmente ad un episodio. Il secondo anno al Passirio giocavo (poco) in prima squadra ed allenavo la Juniores. Ad un certo punto decisi di andarmene ed i ragazzi della Juniores, contrari a questa mia decisione, fecero sciopero. L’allora presidente, il mitico Angelo Calligioni, riuscì a bloccare lo sciopero, solo attraverso la minaccia del ritiro della loro squadra.
Ero ormai giunto alla conclusione che allenare fosse diventata la mia possibilità di rimanere nel calcio da protagonista, anche se poi continuai nel ruolo di giocatore/allenatore fino ai 45 anni.
Dal tuo Curriculum di allenatore si evince di come tu sia specializzato nelle promozioni. Hai portato il Naturno dalla seconda categoria all’eccellenza. Adesso la sfida con il Merano Sparkasse. Ci stai riprovando?
Parecchie squadre, da me allenate, hanno fatto il salto di categoria:
-Naturno dalla Seconda categoria all’Eccellenza
-Merano Sinigo dalla Seconda categoria alla Promozione
-FC Merano dalla Prima categoria all’Eccellenza
-San Martino dalla Prima categoria alla Promozione
Adesso sono di nuovo allenatore del FC Merano Sparkasse e dalla seconda siamo saliti in Prima e siamo primi nel campionato attuale alla fine del girone di andata.
Ci sto riprovando?
Quando alleno non mi pongo mai un limite, l’unico limite è legato alla voglia e la determinazione dei giocatori che alleno ed anche alla loro qualità. Il gruppo che ho a disposizione è composto da giocatori che provenivano da esperienza non molto positive. È bastato far capire loro la ricetta per migliorare le proprie prestazioni e i risultati sono arrivati. La ricetta? Impegno, impegno, impegno ed ancora impegno. Non esiste altro per migliorarsi. Ciò vale in ogni campo che sia la scuola, il lavoro, la famiglia e soprattutto lo sport. Adesso con il Merano Sparkasse è inevitabile che ci riprovo, in primis perché è nelle mie abitudini allenare/giocare per vincere, ma soprattutto perché l’organico che abbiamo e le pedine che abbiamo aggiunto recentemente per il girone di ritorno sono assolutamente di grande qualità. ll Merano deve andare a ricoprire un ruolo che conta nel calcio regionale e questo è l’obbiettivo che mi sono posto e che voglio raggiungere. Per fortuna ho vicino a me delle persone che la pensano come e lo vogliono tanto quanto me.
5.Pregi e difetti. Cosa faresti adesso se potessi tornare indietro?
Pregi: paziente, tenace, stabile, costante, leale, indipendente.
Difetti: il più grande è quello di pensare di non averne, ma tutti i giorni i miei cari, i miei colleghi di lavoro ed i miei giocatori dicono che sono pieno di difetti; ciò nonostante continuo a pensare di non averne.
Se potessi tornare indietro dedicherei un po’ più di tempo a diverse meritevoli persone, cosa che le circostanze del caso non mi ha permesso di fare.
6.Un Sogno nel cassetto, quale?
Ciò che vorrei si avverasse , ma che non considero un sogno, è il Merano in Interregionale.