Categories: Politica

Alla ricerca della costante

All’indomani delle elezioni amministrative in buona parte del nostro paese, la domanda da porsi non è la solita “quali scenari si profilano?” ma, “continueremo così?”

Cosa manca alla politica di oggi? Niente paura non si tratta di un lungo e noioso saggio politologico, ma di una riflessione sorta all’indomani dell’ennesimo colpo di scena istituzionale: mi riferisco alla netta e strabiliante vittoria del centro sinistra alle amministrative di giugno 2013. Ma facciamo un passo indietro.

Il 12 novembre del 2011 si dimette il governo di Silvio Berlusconi e sale quello che tutti abbiamo imparato a chiamare “tecnico”, ossia una sorta di riunione di esperti nei vari settori di governo. Una bella idea, non c’è che dire, finalmente dei personaggi capaci e istruiti condurranno il paese fuori dalla crisi e soprattutto saranno sostenuti dai politici dei principali schieramenti. Tuttavia il governo di Mario Monti resiste poco più di un anno, osteggiato dalle stesse forze politiche che lo dovevano difendere, e così arriviamo alle elezioni politiche di febbraio 2013, che vedono uno dei più importanti colpi di scena della seconda repubblica: la tenuta del Pdl, l’esponenziale crescita del movimento cinque stelle e la conseguente, colossale, disfatta del Pd. Tutto ciò porta alla sofferta e discutibile decisione dell’ennesima alleanza destra-sinistra, sempre più lontana dalle vive note “gabberiane”. Tutto finito? Macché, tre mesi dopo ed ecco l’en plein della sinistra alle amministrative.

In tutto questo ci sono due costanti: l’altalena di risultati e l’astensionismo, ed entrambi indicano la stessa conclusione, la nostra politica è immatura.

Non punterei, sinceramente, il dito sui politici, piuttosto lo farei sugli elettori, che hanno dimenticato la moralità propria dell’atto del voto. Tanto tempo fa Rousseau scrisse uno dei concetti più importanti per una democrazia matura “la libertà politica è la facoltà di far predominare, sulla propria volontà particolare la propria volontà generale, che annulla l’amore per se in vantaggio dell’amore per il gruppo”. Le parole chiave della massima sono Libertà (politica), Volontà (civile) e Amore (passione), non molto distante, se ci pensate, dal più famoso dei motti dell’epoca rivoluzionaria.

Duecento anni dopo pare che preferiamo seguire il più forte degli ululati, la più vaga delle promesse, la fame emotiva, siamo come quel bambino che, lasciato solo al primo giorno di scuola, preferisce fare amicizia con il bullo del momento piuttosto che con il leale e sincero, amico d’infanzia.

 

Fonti:
Jean Jacques Rousseau, Du contrat social: ou principes du droit politique, (1762)

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