Categories: Cronaca

Sindacati uniti per il servizio mobilità in Alto Adige

di Antonino Papa

TRASPORTI PUBBLICI, VERTENZA CON LA PROVINCIA DA CGIL, CISL E UIL

 

In questi giorni le confederazioni sindacali altoatesine CGIL/AGB, CISL/SGB e UIL /SGK compatte hanno aperto una vertenza con la Provincia sul servizio del trasporto pubblico ed in particolare sulle Aziende pubbliche Sad e Sasa: chiedono maggiori investimenti per l’aggiornamento del parco macchine ed anche un “ripensamento“ – a riprova della consapevolezza di questo lungo periodo di crisi economica e politica – per una diversa e “equa” concessione delle cosiddette gratuità destinate ai residenti anziani per i quali ….nessuna verifica patrimoniale è stata fatta.

 

 

 

Non intendo intervenire su questioni che sono decise autonomamente dal sindacato, ma riconosco che si tratta di iniziative e di obiettivi che dimostrano che il sindacato locale è autonomo, è unitario e va oltre la vertenza aziendale e ricercare “ unitariamente” soluzioni che interessano non soltanto i lavoratori ma anche la società intera. Il movimento sindacale ha sempre operato in tal modo? E che cosa ci fa pensare il recente accordo nazionale sulla produttività, sul quale il Governo Monti ha messo il suo stampino “tecnico” di approvazione definendolo…. “un passo importante per lo sviluppo dell’economia, la tutela dei lavoratori e il benessere sociale”?

Innanzitutto esiste l’impressione che tale accordo non abbia tanto interessato i partiti politici concentrati sulle primarie. Quali primarie? Allo stato si può parlare delle primarie del centrosinistra il cui esito – a mio parere – potrebbe cambiare il volto della politica: a giorni conosceremo il risultato e capiremo bene che cosa vince chi le vince.

Per tornare all’accordo nazionale è chiaro che esso ha spaccato il sindacato in un momento in cui serve unità più che mai e vede la Nazione incagliata e l’economia stabilmente all’ultimo posto tra i G7 con una crescita di appena lo 0,6 % .

E allora? Se oggi la produttività é ferma da 20 anni, fermo é il PIL, fermi gli investimenti l’intesa sulla produttività merita una profonda riflessione sia per il suo importante contenuto, sia per la mancata adesione della CGIL sia infine per l’annosa questione dell’unità sindacale.

Malgrado ciò da un lato il Presidente Monti – in analogia a quanto detto sulla modifica dell’articolo 18 nella riforma del lavoro – afferma: “Tutti i sindacati hanno firmato…..tranne la Cgil”, dall’altro la Segretaria Camusso della CGIL parla di .“….strada sbagliata e di accordo scellerato e deludente….e che è stata una scelta di politica economica coerente con quelle fatte finora dal governo a danno del lavoro ,dei lavoratori e dei loro salari..” Ricordo con nostalgia l’accordo storico del 1993 che permise all’Italia di entrare in Europa….. oggi invece abbiamo sotto gli occhi la situazione drammatica del Paese afflitto da crisi aziendali che dovrebbero far comprendere che non é il momento di accordi separati, ma é l’ora della coesione e della concertazione.

Perché non avere la sensibilità politica di superare – ad esempio – la vicenda, sul loro reintegro, dei 19 dipendenti della Fiat oppure eliminare l ‘antistorico ed ideologico veto di partecipazione, da parte del sindacato più rappresentativo dei metalmeccanici (Fiom Cgil), al rinnovo del contratto metalmeccanico?

Il dibattito è in atto e la CGIL – definito il sindacato del no – è sotto “esame”: ma alle domande fondamentali formulate dalla Camusso … “come saranno divisi i fondi previsti per la detassazione sugli aumenti per la produttività e se i fondi stanziati (2,1 miliardi in due anni,) non basteranno per tutti gli accordi, come verranno suddivisi ….” non è stata data risposta alcuna né dal Governo né dalle parti interessate.

Se la buona giornata si vede dal mattino, chiediamoci allora che cosa accade quando dinnanzi ad una piattaforma un sindacato non “firma”? E il principio di unità dei lavoratori? Che cosa succede poi? Chi potrà partecipare alla contrattazione di secondo livello? E la produttività? Ma quale produttività? Forse quella che segue la statica ed arcaica logica del profitto e che trascura l’esigenza di fare scelte politiche innovative? Come superare le contraddizioni tra scelte e comportamenti ?

Mi spingo oltre: sono convinto che al nostro Paese non serva maggiore “produttività” in termini quantitativi quanto piuttosto “distinzione” nei prodotti e qualità di beni e servizi : continuare – ad esempio – a produrre autovetture che nessuno compra o a costruire immobili che nessuno o quasi è in grado di acquistare tradisce il concetto di innovazione.

Il sindacalismo italiano nel passato ha partecipato alla storia del nostro paese: oggi – in considerazione della scarsa affidabilità delle forze politiche – è chiamato a interpretare “tutti insieme” i processi profondi di trasformazione e a fronteggiare le esigenze di cambiamento: è questo il democratico contributo unitario e democratico che ancora si attende.  

 

Antonino Papa 

 

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