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Perché la sinistra non “sfonda”?

10 Marzo 2017

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Perché la sinistra non “sfonda”?

La sinistra è morta? Ricordate quando Vendola parlava non più di compagni ma d’amici? Una vera e propria pietra tombale. Quale male affligge la divisa e litigiosa sinistra italiana? Da nord a sud passando per Bolzano la sinistra pare in crisi nera (il colore è proprio azzeccato…). Ma perché la sinistra non sfonda? I motivi sono molteplici. Il peccato originale però risale al 1991. Cade l’Urss, non molto dopo il PCI diventa PDS. Ma rimane un problema, In Italia la sinistra rimane “internazionalista”, contro “la retorica della nazione” e sempre più distante da quella classe media che negli anni ’80 e ’90 di fatto fu la nuova spina dorsale italiana. Berlusconi compattò la destra, ma come affermò D’Alema nel 1999, a torto, visti i risultati postumi fu una manna anche a sinistra. Silvio Berlusconi fu collante d’unione anche a sinistra, il motto “tutti contro Silvio” compattò più volte le varie anime. Il gioco però non frutto granché, ci volle una rispolverata a Prodi per vincere (male) nel 2006. Prodi però, da buon intenditore di scuola democristiana annusò il vento del cambiamento. Gli operai votavano Lega e la classe media, non più economicamente florida tendeva a disinteressarsi sempre più dei valori generali propri della sinistra PCI, poi PDS. Internazionalismo? Bello, ma con due figli disoccupati è difficile pensar alla geopolitica dell’Iraq. Nel 2008, a crisi esplosa, tornò a vincere (anzi stravincere) le elezioni Berlusconi. La sinistra seppe far unione intorno al PD, ma non bastò. Il resto è storia recente. Nel 2013 non vinse nessuno: Letta, Renzi e Gentiloni sono figli del compromesso “alla tedesca”, con una differenza che solo recentemente Repubblica ha colto: riportare la sinistra nella nazione. L’ultimo anno di Repubblica è significativo. Mauro, dopo averla presa larga con l’Occidente, non si vergogna di parlare “d’orgoglio italiano”, nazione Italia e “rilancio della patria”. Bacchetta l’Italia, che deve osar di più. Pare fantascienza. Renzi (ma anche Gentiloni) lo aveva capito dal 2014. Mancò il coraggio oltre a qualche scivolone, lavoro, scuola e referendum. Rilancio del paese Italia, orgoglio nazionale e patriottismo di sinistra. Il Pd ex Pci guarda agli Usa, anche se i democratici americani in Italia sarebbero a destra. L’elettore di sinistra è disorientato, alcuni sposano il progetto, altri non capiscono ed altri ancora, come dinosauri, vagano convinti esista ancora l’Urss, nello persistere in filosofie e ragionamenti fuori dal tempo. A questi s’aggiunge la galassia dei neo comunisti (che di comunista ha molto poco) che citano i Papi (Berlinguer e Togliatti? Samba sulle tombe) o si immolano (per finta, visto che lo fanno dal divano) nella risoluzione di problemi assai lontani e complessi come la questione palestinesi. Nel mezzo gli operai, che spesso votano ancora Lega (pure a Monfalcone) ed una pletora di delusi, disoccupati ed arrabbiati cittadini italiani, che si sentono gli ultimi degli ultimi. L’elettore medio di sinistra è offeso con la propria parte politica, si sente rappresentato a metà, deluso da politiche non di sinistra, confuso da comportamenti di sinistra da parte di partiti di destra. A Bolzano ad esempio, Casapound è in ascesa perché in mezzo fisicamente alla gente. Demagogia? Può essere, ma mentre giovani militanti “del terzo millennio” aprono sedi e si creano un modo culturale tutto loro e contro tutti (una strategia cara al vecchio PCI, piuttosto soli si diceva), la sinistra evapora nei salotti incartandosi in sofismo puro, dividendosi in partiti da zero virgola. Con una certa puzza sotto il naso etichetta e bolla tutto ciò che non è degno “come ignorante”, venendo meno al principio base dell’essere di sinistra: tolleranza. Già perché ascolto, tolleranza, comprensione e solidarietà sono i quattro pilastri fondanti dell’ideologia di sinistra. Il tutto condito dall’abbraccio tra classi sociali, ove il colto è in mezzo agli altri, suda con gli altri e spiega agli altri. A questo s’aggiunge una sorta di cecità per i problemi dei cittadini italiani, costretti a sorbirsi lectio magistralis sulla crisi etiope del 1936, le guerre puniche e molto altro. Non più compagni ma efori. Da dove ripartire? Dagli italiani, come un rinsavito Ezio Mauro a più volte ricordato e dalla propria storia, che poi è quella d’Italia. La sinistra vuol tornare a proporre? Deve lasciare il complicato massimalismo e tornare al riformismo e forse riesumare quella lettera, la I, d’Italia, presente anche nell’internazionale PCI.

Giornalista pubblicista, originario di Bolzano si occupa di economia, esteri, politica locale e nazionale