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Italiani in fuga?3 min read

21 Settembre 2023 3 min read

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Italiani in fuga?3 min read

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Dietro l’angolo: un altoatesino under 30 a Marsiglia

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha sottolineato che durante il suo discorso all’assemblea dell’Auditorium a Roma, un problema fondamentale del nostro paese: le scarse retribuzioni che portano, a loro volta, alla fuga da parte dei giovani italiani, i quali tentano la fortuna altrove. La lenta ma progressiva decrescita dei salari nell’arco di 30 anni non fa sperare bene. Coloro che partono possiedono spesso un biglietto di sola andata. Le indagini svolte dalla Fondazione Migrantes, un organismo pastorale della Conferenza Episcopale Italiana, il cui scopo è di monitorare l’emigrazione e l’immigrazione da e per l’Italia, hanno mostrato che la percentuale di giovani italiani all’estero è aumentata notevolmente negli anni 2021 e 2022. Infatti, sono passati dal 37% al 61% gli italiani under 34 che si sono trasferiti all’estero; un aumento del 24%, pari a circa 48.800 individui. Non è quindi una questione marginale quella dei salari, che necessita di una riflessione complessa e di una conseguente soluzione rapida ed impavida. Oltre a danneggiare l’economia, le scarse retribuzioni hanno molteplici effetti nocivi sulla nostra società. In primis il senso comune scaturito dal fatto che, agli occhi dei giovani, costruirsi una vita in Italia appare molto complicato. Questo porta automaticamente a prendere in considerazione l’alternativa, ovvero quella di cominciare una nuova vita all’estero. In molti si decidono quindi per l’abbandono, soprattutto perché sono giovani e hanno una vita dinanzi a loro. Inoltre si crea una crescente sfiducia nei confronti delle istituzioni, le quali dovrebbero provvedere, come evidenzia l’articolo 36 della Costituzione, ad accertare “una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro” e, “in ogni caso”, ad “assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. La seconda parte dell’articolo 36 pone un altro problema: Come si può pensare di mettere su famiglia se il salario non permette, riprendendo le parole testuali del suddetto articolo, di assicurare, perlomeno, a sé stessi un’esistenza libera e dignitosa? Quanto a lungo si dovrebbe lavorare prima di disporre delle condizioni sufficienti per portare al mondo dei figli, crescerli, educarli, istruirli, curarli? In correlazione con l’argomentazione precedente consegue che, non potendosi assicurare una vita dignitosa e sé e alla propria famiglia, si creano delle serie anomalie che riguardano la natalità. Se un individuo sceglie di mettere su famiglia, gli devono essere concessi gli strumenti al fine di realizzare i suoi impegni e i suoi desideri. Se questi strumenti sono esenti o inesistenti, indubbiamente si rifiuterà di mettere al mondo dei bambini, perché con difficoltà riuscirebbe a provvedere per loro.Lo scorso 4 luglio le opposizioni (Pd, Movimento 5 Stelle, Avs Azione e + Europa, senza però la firma di Italia Viva) hanno depositato la proposta di legge che riguarda il salario minimo. Dopo il colloquio con il governo non si è arrivati a nessuna conclusione. Difficilmente si può negare l’importanza di una soglia minima di remunerazione che avrebbe, senz’altro, impatti proficui, utili e vantaggiosi per i lavoratori italiani.

Thomas Maestri

@fotothomasmaestri