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ESCLUSIVO. La perdita del pensiero critico e le nuove ideologie: il docufilm di Martina Pastorelli

30 Aprile 2023

ESCLUSIVO. La perdita del pensiero critico e le nuove ideologie: il docufilm di Martina Pastorelli

L’assenza di pensiero critico, l’adesione alle nuove ideologie e la profonda crisi dei media, sempre più assoggettati al potere: il docufilm Covid 19: dodici mesi di pensiero critico realizzato dalla giornalista Martina Pastorelli ripercorre le fasi più sconvolgenti del periodo pandemico, caratterizzato dalla sospensione dei diritti inderogabili e dall’introduzione di lasciapassare e obblighi totalmente antiscientifici. Perché la massa non ha reagito di fronte a metodi coercitivi e lesivi della dignità umana? Perché giovani e non hanno subito passivamente qualsiasi forma di discriminazione, obbedendo ciecamente ai diktat di una pseudo-scienza? Perché ancora oggi, nonostante la diffusione di intercettazioni e documenti segreti sui vaccini che rivelano un quadro di inaudita gravità, non è ammesso il confronto scientifico? Giornalista professionista dal 1991, “penna” del quotidiano La Verità, Martina Pastorelli ha lavorato a lungo in tv e nella comunicazione aziendale, sia in Italia, sia all’estero. Dal 2015 si occupa, inoltre, di comunicazione ecclesiale, prima con il progetto Catholic Voices Italia, ora con #lachiesachecè.

Il docufilm Covid 19: dodici mesi di pensiero critico ripercorre le contraddizioni del Green Pass, strumento totalmente privo di fondamento scientifico. Ora che le acque si sono calmate -perlomeno apparentemente- possiamo porci la domanda: qual era il fine ultimo del lasciapassare?

“Se ci basiamo su ciò che è emerso, gli obiettivi potrebbero essere duplici. Spacciato per uno strumento sanitario, il lasciapassare aveva in realtà il fine di introdurre una gestione biopolitica della società, cioè una nuova forma di totalitarismo. Attraverso quel lasciapassare i diritti garantiti costituzionalmente si sarebbero trasformati in mere concessioni: la società del controllo. Il secondo obiettivo era invece pratico, in quanto il Pass è uno strumento in grado di accelerare -con il pretesto emergenziale- il processo della digitalizzazione. Attraverso il lasciapassare è stato possibile censire una vastissima platea di persone, farla confluire su una piattaforma rilasciando identità digitali certificate e agganciare agli account ID varie autorizzazioni. Si tratta di un precedente molto grave, perché impatta sui nostri diritti e cambia i rapporti tra Stato e cittadino. Fra l’altro il Pass non è stato stracciato, ma soltanto posto in un angolino, poiché conserva delle caratteristiche particolari…”.

Quali?

“Il Pass è uno strumento tecnologico. Innanzitutto è intraoperabile: ci viene presentato come vantaggioso perché può essere utilizzato da diversi Stati -si pensi all’introduzione del passaporto sanitario europeo-, ma anche dallo Stato stesso. Non dimentichiamoci che è gestito dalla Sogei, controllata al 100% dal Ministero dell’economia e delle finanze. Inoltre si adatta a picchi di lavoro, in quanto è modulabile e adattabile a usi futuri: può essere sfruttato per trasmettere informazioni relativamente a quanto inquino, a quanto è “green” la mia casa e informazioni riguardanti le mie idee, anche politiche”.

L’Italia è uno dei Paesi che ha adottato le misure più restrittive e più coercitive: perché da noi sono stati imposti vaccini e Pass per andare a lavorare o semplicemente per consumare un caffè al bar, a differenza di quanto avvenuto in altri Stati -anche extra UE-?

“Culturalmente, anche per la loro formazione cattolica, gli Italiani rispondono prontamente agli appelli etici: solo che qui si è chiesto di accettare imposizioni insensate in nome di un moralismo ipocrita e aggressivo che si appellava all’altruismo e al bene comune. Il bene comune è infatti altra cosa: fa la sintesi tra bene della collettività e bene della singola persona, libera di esprimersi secondo la propria coscienza, la quale deve sempre essere pienamente informata. Entrambe condizioni che non sono mai state presenti. Inoltre il bene comune non fa mai confliggere lavoro e salute. In un certo senso possiamo dire che gli Italiani sono stati ingannati. Rispetto agli altri Paesi va fatta un’altra considerazione. I governi italiani del periodo pandemico non erano stati eletti, perciò non avvertivano alcuna responsabilità nei confronti dei cittadini/elettori: il che può spiegare il continuo azzardo delle misure antidemocratiche assunte. Altrove, invece, sono stati più cauti”.

La maggior parte dei cittadini italiani ha accettato invece qualsiasi, folle imposizione: dal divieto di sedersi su una panchina alla privazione dello stipendio. Perché la massa non ha reagito?

“Aggiungo un altro elemento: il governo Draghi ci è stato presentato come il “governo dei migliori” e il suo presidente -Mario Draghi, per l’appunto- come l’uomo della Provvidenza. I media hanno esercitato un peso notevole. Abbiamo assistito a scene mai viste: durante le conferenze stampa i giornalisti si alzavano in piedi ed applaudivano; quando Draghi era in odore di dimissioni abbiamo letto appelli e “preghiere” di ogni tipo. Per i media, Draghi era infallibile. La gente è stata quindi indottrinata e convinta che fosse necessario accettare qualsiasi cosa”.

Chi ha “ceduto”, allora?

“Ha ceduto chi ha abdicato al proprio pensiero critico. Il docufilm fa appello al recupero della consapevolezza. Per la maggior parte della popolazione il periodo pandemico si è tradotto in un atto di fede, durante il quale le persone hanno spento completamente il cervello”.

I mass media hanno esercitato una pressione martellante e pervasiva pro campagna vaccinale, diffondendo un messaggio univoco e falso dal punto di vista scientifico: cure domiciliari precoci inutili e dannose; vaccini efficaci e sicuri per chiunque, senza distinzione. Quale metamorfosi ha subito il ruolo del giornalista? Quale futuro si prospetta per la stampa?

“Mi ha colpito il fatto che i giornalisti siano diventati dei portavoce, in pratica gli uffici stampa delle Istituzioni. A parte rarissimi casi, non hanno mai posto domande, se non quelle formulate per servire la risposta su un piatto d’argento agli intervistati: nessun discernimento, si è accettato tutto. Purtroppo questa situazione prosegue ancora oggi: non stiamo parlando soltanto di una crisi sanitaria, ma -e l’ho ripetuto spesso- antropologica. Negli ultimi anni ci è stato chiesto di rinunciare al raziocinio, tant’è che il metodo Covid è stato applicato alle altre “emergenze”. Non so quale futuro avrà il giornalismo. Tuttavia i giornali vendono sempre meno copie e per questo sono sempre più dipendenti dai finanziamenti: vengono quindi influenzati da comitati di affari che gestiscono anche la politica degli Usa. I fondi di investimento controllano Big Pharma, Big Tech, i media e altri settori. Oltre ad essere meno liberi, parecchi giornalisti subiscono pure un assoggettamento ideologico”.

Fatta qualche eccezione, molti giovani sono corsi a vaccinarsi in cambio della possibilità di bere una birra al bar. L’azzeramento di pensiero critico è stato frutto di social e di un certo tipo di tv?

“Sì, però il discorso è più ampio, altrimenti attribuiamo troppo potere ai social e alla tv. L’affermazione di questo comportamento è antica e risale al periodo ante-Covid: alimentata da un pensiero unico, la spinta a spegnere il cervello era presente da molti anni. Se tutt’oggi ci raccontano la qualunque sulla guerra in Ucraina e che l’eccesso di mortalità è causato dai cambiamenti climatici, ciò avviene perché ci troviamo di fronte al sequel di tutte le cose che i giovani si sono bevuti in passato: dai deliri dell’ideologia gender all’estremismo ecologista, che prevede solo la salvaguardia dell’albero ma non la tutela dell’uomo. È poi in atto una “cultura dello scarto”…”.

Cioè?

“Nei giorni scorsi l’Olanda ha approvato, ad esempio, l’eutanasia dei bambini, mentre il diritto all’aborto viene considerato una conquista. Si è fatta strada una “cultura dello scarto” che elimina con facilità tutto ciò che non è “perfetto” o che è “problematico”. Questa “colonizzazione ideologica”, come la chiama il Papa, si è insinuata nei cuori e nella mente delle persone, le quali hanno perso il senso del vivere e della intrinseca dignità di ogni persona”.      

La censura: negli ultimi tre anni chi manifestava semplicemente un parere diverso dalla massa o poneva qualche domanda veniva “massacrato” senza misericordia e senza rispetto…

“Quando affronto la tematica della censura faccio riferimento alla teoria del pensiero di gruppo, elaborata negli Anni 70 da un professore di psicologia dell’Università di Yale, Irving Janis: nel momento in cui un gruppo condivide un credo non provabile, gli si crea attorno un consenso di difesa che non tollera in alcun modo di essere messo in discussione. Pensiamo ai processi mediatici degli ultimi anni: nei programmi televisivi si invitava il poveretto di turno che veniva immediatamente bersagliato e silenziato. Qualsiasi voce critica avrebbe fatto crollare il castello di carta e per questo in tv abbondavano i testimonial del pensiero unico: dai televirologi agli opinionisti. Come spiega lo psicologo clinico Mattia Desmet, uno dei protagonisti del docufilm, l’indottrinamento di massa attuato durante il Covid ricorda un’ipnosi collettiva. Ora, durante l’ipnosi il soggetto ipnotizzato è abituato ad ascoltare un’unica voce e infatti le voci dissonanti non potevano essere presenti negli ultimi tre anni, proprio perché bisognava prevenire l’interruzione del sonno della ragione: solo così l’obbedienza poteva essere garantita. In molti casi, infine, scomparivano le notizie. Era vietato qualsiasi dibattito scientifico serio sulle cure domiciliari precoci: non doveva filtrare il fatto che il Covid fosse una malattia curabile. Oggi accade lo stesso per gli effetti avversi: vanno negati a qualsiasi costo, magari sostenendo che l’eccesso di mortalità sia colpa del clima e delle stagioni. Sorge la certezza che ci sia la volontà di censurare deliberatamente certe notizie”.   

La Chiesa ha sostenuto in toto la narrazione dominante, annullando matrimoni e funerali. Per la prima volta nella sua storia ha sospeso le funzioni religiose e negli ambienti ecclesiali non si sono levate voci contrarie alle discriminazioni e al Green Pass (salvo rarissime eccezioni), né parole di conforto e di solidarietà nei confronti dei lavoratori sospesi. Mense e dormitori erano accessibili solo a “greenpassati” e vaccinati. Dalla fede in Dio alla fede nella ‘scienza’?

Da cattolica sono rimasta stupita dal comportamento di una certa parte della Chiesa, non tanto per le decisioni prese all’inizio della pandemia -quando le cose non erano ancora chiare-, ma per ciò che è accaduto dopo: ad esempio la mancanza di discernimento sulla questione vaccinale, quando si è deciso di somministrare ai bambini – che non rischiavano – dei prodotti sperimentali, violando il principio di prudenza; o l’assenza di prossimità ed empatia verso chi ha patito le conseguenze di comportamenti iniqui. Ho cercato allora di mostrare “laltrastoria”: nel docufilm parlano anche due sacerdoti che spiegano cos’è il vero bene comune, perché era sbagliato invocare l’altruismo quando l’individuo, vaccinandosi, percepiva un vantaggio per sé stesso, quanto è importante, nel decidere sul nostro corpo e su quello dei nostri figli, poter ascoltare la propria coscienza rettamente informata. In questo modo hanno testimoniato, appunto, la Chiesa che c’è”.

Secondo il filosofo Massimo Cacciari sono stati commessi errori talmente gravi cosicché nessuno se ne assumerà le responsabilità: condivide la sua affermazione?

“Credo sia anche peggio: a mio parere, chi ha commesso certi “errori” ha la consapevolezza di rimanere impunito. Esiste un sistema omertoso, trasversale, che riguarda gli ambiti giuridici, mediatici, scientifici e sindacali. Riflettiamo sulle intercettazioni e sui documenti segreti sui vaccini diffusi da “Fuori dal Coro”, ad esempio: nessuno, nemmeno dei diretti interessati, si è sentito in dovere di fare un commento, per chiarire o per giustificare la propria posizione”.

Tra intercettazioni e documenti segreti sui vaccini (questi ultimi documenti sono stati diffusi principalmente da “Fuori dal Coro” e da “La Verità”) ci sarebbe materiale sufficiente per spedire sotto processo mezza Italia. Tuttavia, benché indagati, i protagonisti della gestione pandemica sono regolarmente ai loro posti e vengono addirittura premiati. Chi pagherà per i crimini commessi?

“Se si va avanti così non pagherà nessuno. La famosa commissione d’inchiesta sembra fumo negli occhi, il classico specchietto per le allodole: se intercettazioni e documenti non vengono messi in agenda, di cosa si dovrebbe occupare questa commissione? Rischierà di piegarsi, di scendere a compromessi e di diventare pure controproducente”.

Il 1° Maggio si celebra la festa dei lavoratori. Sindacati ed esponenti delle Istituzioni scenderanno, come sempre, in piazza. Essi però non si sono mai schierati a difesa dei lavoratori sospesi…

“Questo è uno dei tanti cortocircuiti che dobbiamo subire. Non si era mai visto, prima d’ora, che un sindacato non si schierasse dalla parte di un lavoratore obbligato a cedere a un ricatto pur di non perdere lo stipendio. Ormai i sindacati hanno perso lo scopo per cui erano nati e si sono trasformati in meri centri di potere”.

L’emergenza, in Italia, è infinita. L’obbligo di indossare la mascherina è stato prorogato in determinati ambiti; nel frattempo stiamo finanziando e alimentando una guerra in Ucraina e verremo coinvolti nel delirio “green”, che rischierà di farci perdere i nostri immobili, la libertà di spostamento e ci indurrà a mangiare insetti e carne sintetica. A tutto questo bisogna aggiungere i messaggi a favore di una società fluida e asessuata. Quale futuro attenderà le nuove generazioni?

“Il futuro di ideologie che detteranno loro come vivere. Il “metodo Covid” è ancora in azione e può rivelarsi efficace per gestire le varie “crisi”, in quanto è in grado di calpestare diritti inderogabili della persona e di sacrificare il singolo per la collettività: caratteristica, questa, tipica dei totalitarismi. La sentenza della Corte costituzionale sull’obbligo vaccinale ha di fatto spianato questa strada. È fondamentale che le future generazioni prendano coscienza di ciò che è successo. Le nuove ideologie – ecologismo, gender, pauperismo, egualitarismo – promettono un mondo nuovo e migliore ma in realtà rappresentano una minaccia per l’uomo. Se non lo capiamo e fermiamo questa realtà distopica, ci attende un futuro da incubo”.

Foto, Martina Pastorelli