Crisi Ucraina – Russia alla luce del Diritto Internazionale, Marco Pertile ne chiarisce alcuni aspetti fondamentali

Marco Pertile è professore associato di Diritto Internazionale presso la Facoltà di Giurisprudenza e presso la Scuola di Studi Internazionali dell’Ateneo trentino. Fra i suoi vari settori di ricerca troviamo l’Autodeterminazione dei popoli, il Diritto Internazionale dei conflitti armati, la relazione tra risorse naturali e conflitti. Lo abbiamo contattato chiedendogli di illustrarci alcuni punti chiave dell’attuale crisi in atto tra Ucraina e Russia.
Alla domanda circa le ragioni secondo le quali la Nato dovrebbe/potrebbe intervenire nel conflitto essendo l’Ucraina uno Stato non membro facente parte dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord, Pertile risponde che la questione va affrontata da almeno due punti di vista.
Il primo livello riguarda l’ipotesi che il Governo ucraino chieda esplicitamente agli Stati membri dell’ONU di intervenire invocando l’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite. L’articolo, infatti, ammette che gli Stati delle Nazioni Unite soccorrano collettivamente uno Stato che viene aggredito militarmente. Si tratta quindi, secondo il professore di un problema politico più che giuridico che prescinde dall’adesione alla NATO. Già gli Stati ONU potrebbero, infatti, decidere di intervenire a sostegno dell’Ucraina, ma farlo rischia evidentemente di scatenare un conflitto dalle conseguenze imprevedibili.
Per quanto concerne il Trattato NATO, invece, e il tanto citato art. 5, Pertile chiarisce che bisogna leggere tutto l’articolo in questione, non solo le prime righe. Da un lato, infatti, la prima parte del testo prevede che gli Stati membri dell’Alleanza debbano considerare l’attacco contro uno di essi, come un attacco contro tutti. Dall’altro, la seconda parte chiarisce che gli Stati membri mantengono comunque la propria discrezionalità nel decidere l’azione che verrà giudicata come «necessaria» per «ristabilire e mantenere la sicurezza». Anche se, per ipotesi, l’Ucraina entrasse a far parte dell’Alleanza atlantica non scatterebbe comunque un obbligo automatico per gli altri Stati membri di usare la forza armata per assisterla.
Circa la possibilità che l’Ucraina entri nell’Unione Europea, Pertile chiarisce che, nonostante la situazione drammatica in corso e forse anche la volontà politica da parte di qualche esponente di spicco in Europa, non si tratterà sicuramente di un processo facile e rapido come forse presentato in modo superficiale nelle ultime ore da qualche organo di stampa. Attualmente l’Ucraina non è nemmeno uno Stato candidato all’adesione anche se esiste un accordo di associazione con l’Unione Europea dal 2017.  Un paese può candidarsi solo quando soddisfa una serie di condizioni che riguardano tra l’altro il possesso di un’economia di libero mercato, una democrazia stabile, l’accettazione nel proprio ordinamento del diritto dell’Unione Europea e l’impegno ad adottare l’euro. A quel punto la domanda di ammissione viene presentata al Consiglio che chiede alla Commissione europea di valutare la capacità del Paese di soddisfare questi criteri. Se la valutazione della Commissione è favorevole, il Consiglio deve a sua volta decidere all’unanimità e possono avere inizio i negoziati di adesione tra i ministri e i rappresentanti diplomatici dei governi dell’Unione, da un lato, e il Paese candidato dall’altro – chiarisce il professor Pertile.
Non c’è dubbio, secondo il Professore, che nell’eventualità che si verifichino attacchi a Stati dell’Unione scatterebbero gli obblighi previsti dal art. 42, paragrafo 7 del Trattato dell’Unione, secondo cui «Se uno Stato membro è vittima di un’aggressione armata sul suo territorio, gli altri Stati membri hanno nei suoi confronti un obbligo di aiuto e di assistenza con tutti i mezzi in loro potere». Anche in questo caso però nulla è automatico e comunque si dovrebbe ricorrere a trattative. Ogni Stato membro – spiega Pertile – è responsabile di determinare il suo contributo sulla base di ciò che ritiene necessario, il che non implica necessariamente il ricorso di mezzi militari.
Sulla questione relativa al riconoscimento delle repubbliche separatiste da parte della Russia, Pertile chiarisce che non è sufficiente che una porzione di territorio di uno Stato esistente venga riconosciuta da un altro Stato per trasformarla realmente in uno Stato indipendente. La Costituzione di uno Stato richiederebbe, infatti, requisiti di effettività e di indipendenza che le due «repubbliche» non hanno poiché si reggono esclusivamente in forza del continuo sostegno russo. Il Diritto Internazionale vieta ai Paesi terzi di favorire le secessioni all’interno degli Stati già esistenti. Gli argomenti usati dal Governo russo, come l’intervento preventivo contro il presunto genocidio della popolazione russofona del Donbass non sono stati accolti dalla maggioranza degli Stati e non sono, allo stato attuale, giuridicamente fondati.
Marco Pertile conclude sottolineando che in questo caso le norme del Diritto Internazionale concedono ampie possibilità di azione agli Stati che intendono sostenere l’Ucraina. La questione deve essere però attentamente valutata dal punto di vista politico in ragione delle gravissime conseguenze che potrebbero derivarne.

Foto, Putin e Zelenskyy

Claudio Calabrese

Giornalista pubblicista, scrittore.

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Claudio Calabrese

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