Ancora debutti al Festival Bolzano Danza. Giovedì 29 luglio tre autori ospiti al Teatro Comunale e a Museion per una non-stop danzante a partire dalle h. 18 con Maria Hassabi e la sua performance site specific a Museion Untitled (2021) nell’ambito della prima personale in Italia dell’artista Jimmy Robert (29 e 30 luglio, h. 18, ingresso gratuito con prenotazione alla biglietteria del Teatro Comunale). A seguire, nel Foyer del Teatro Comunale, il nuovo assolo firmato da Chiara Bersani, L’Animale, nell’ambito del progetto Swans never die, originale riscrittura de La morte del cigno in prima italiana al Festival (due recite alle h. 19.30 e 20.15, € 5). Chiude l’intensa giornata Marco D’Agostin con il potente e strabordande Best Regards, omaggio al grande danzatore britannico scomparso prematuramente Nigel Charnock (Teatro Studio, 29 luglio, h. 21, € 22).
Alle h. 19.30 nel Foyer del Teatro Comunale il debutto nazionale de L’Animale, assolo di e con Chiara Bersani nell’ambito del progetto Swans never die a cui Bolzano Danza partecipa con la commissione di diverse riscritture in chiave contemporanea dell’assolo La Morte del cigno di Mikhail Fokin per Anna Pavlova.
L’artista lodigiana, coreografa, drammaturga e nota collaboratrice di Alessandro Sciarroni e Marco D’Agostin ha scelto una strofa di Franco Battiato tratta dalla canzone omonima L’Animale (dall’album Mondi Lontani) per ‘riscrivere’ l’iconico assolo sul cigno di inizio Novecento. Affetta da osteogenesi imperfetta, una forma di fragilità ossea, Chiara Bersani in questo intenso brano dà voce “all’animale che si porta dentro, a cui va chiesto il permesso per incontrarlo”.
Chiude l’intensa giornata in Teatro Studio, (h. 21) il potentissimo assolo di Marco D’Agostin, già apprezzato interprete in FOLK-S di Alessandro Sciarroni sabato sera, Best Regards: un omaggio danzato, cantato e recitato indirizzato a Nigel Charnock, istrione della scena, fondatore degli storici DV8 negli anni Ottanta, scomparso prematuramente nel 2012 a soli 52 anni.
Best Regards muove da una lettera mai recapitata che la coreografa britannica Wendy Houston scrisse al suo amico e collega Charnock pochi giorni dopo che morisse e dall’incontro di Marco D’Agostin con il grande performer inglese nel 2010, incontro che, racconta l’autore, “ha segnato in modo netto il mio modo di pensare la danza. Nigel rappresentava ai miei occhi la possibilità che in scena tutto potesse accadere ed esplodere”.
Gli spettacoli di Nigel Charnock erano manifestazioni ipercinetiche in cui canto, danza, grido, improvvisazione si mescolavano; la finzione e la realtà palpabile della performance restavano sospesi su un vuoto abissale. Con lui le maglie del genere “danza contemporanea” si sono allargate, con lui tutto era energia, desiderio, volontà. D’Agostin dunque “scrive” a Nigel il suo assolo provando a diventare egli stesso “too much” (“troppo”) come strabordante ed esagerato era il magnetico Nigel. Una lettera che unisce il presente al passato, che riproietta sull’oggi la luce di Nigel, provando a riscrivere tutto da capo su un foglio bianco.
Foto, Chiara Bersani,/C G. D’Agostini
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