10 giorni di CoronaPass, un primo bilancio in chiaroscuro

Il CoronaPass permette di riaprire in sicurezza e il Team K lo ha sempre sostenuto convintamente. “Tuttavia, nella prima settimana dalla sua introduzione si riscontrano dubbi sui controlli e sugli effettivi vantaggi per gli esercenti. Clamoroso il dietrofront della Giunta sui controlli, che ora devono essere effettuati dai ristoratori, pena sanzioni” commenta Paul Köllensperger. A questo si aggiungono problemi di privacy e di falsificazione.

Il CoronaPass è una misura che il Team K sostiene fino dalla sua ideazione, siamo stati i primi a chiedere di riaprire in sicurezza, permettendo a persone testate, guarite e vaccinate di tornare alla libertà, e di conseguenza agli esercizi ed alla cultura di aprire subito ed in sicurezza. “Da sempre diciamo che occorrono regole chiare, comprensibili dalla popolazione. Dai controlli al rischio di sanzioni per gli esercenti: il CoronaPass consente al settore della ristorazione di tenere aperti i locali interni, ma non possiamo costringere i ristoratori a controllare gli ospiti e fare i poliziotti, ci chiediamo in base a quale normativa, a quale legge sulla privacy”, commenta Paul Köllensperger. Su questo si registra anche il dietrofront della giunta, che dopo le iniziali rassicurazioni (“il gestore deve solo informare”) alla fine ha sposato la linea dura e tirato in ballo gli esercenti. “Come ristoratore, se voglio accertarmi della validità del CoronaPass dei miei clienti, devo anche richiedere un documento d’identità. Posso farlo? Nessuno ci ha fornito direttive in merito” si chiede Michael Reier, esercente meranese. 

Ai dubbi sul quadro normativo si aggiungono problemi tecnici legati ai codici QR. Pare che su 10 scansioni mediamente la metà non risulta leggibile. Il rischio concreto è che su una famiglia di quattro persone, se un codice non viene riconosciuto, deve occupare tavoli all’aperto e non può sedere all’interno dei locali perché non si riesce a scannerizzare un pass – che oltretutto è facilmente falsificabile.

Ancor più dubbi invece esistono sul lato sicurezza e falsificazione, nonché sulla protezione della privacy. È di pochi giorni fa la notizia dell’avvio di un’istruttoria da parte dell’autorità nazionale per la protezione dei dati personali – siamo curiosi di come si esprimerà in tal senso. Il GDPR è molto chiaro nel prevedere un obbligo di consultazione preventiva dell’autorità di controllo, pena una salata multa. Non ci pare sia stato fatto, tant’è vero che l’Autorità Garante ha aperto un’istruttoria nei confronti della Provincia per vederci chiaro. Parimenti manca qualsiasi valutazione dell’impatto sui diritti fondamentali degli interessati, e sulle possibilità di disporre dei propri dati da parte degli utenti.

In conclusione: ottimo il CoronaPass, ma bisognava partire col piede giusto ed evitare una serie di errori che invece puntualmente si sono commessi.

Foto, Paul Köllensperger

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