“Io, bolzanina, vi racconto come si vive a Wuhan”

È vissuta per dieci anni in Cina, precisamente tre a Shanghai, due a Canton e cinque a Wuhan e proprio in quest’ultima città, capoluogo della provincia di Hubei, considerata il luogo d’origine della pandemia di coronavirus. Insegnante e traduttrice, la giovane bolzanina Rosa Baiona conosce bene quella metropoli, che conta più di undici milioni di abitanti. Ha lasciato Wuhan nel 2019, anno in cui aveva ottenuto un nuovo incarico in Sudafrica. Dalla Cina è tornata arricchita culturalmente, in compagnia di Anita, cagnolina dalla quale non si separa mai e che l’accompagna in giro per il mondo: “È una trovatella, me l’hanno regalata i miei studenti di Wuhan”, precisa. Con i suoi ex colleghi ha contatti frequenti: “Non rilasciano interviste ed evitano di esporsi, a causa della censura del governo. Tuttavia si può affermare che lì il Covid non c’è più da un pezzo, tanto che la vita è ripresa normalmente. Si svolgono a distanza solo poche lezioni pomeridiane, ma non c’è più l’obbligo di indossare le mascherine, né all’esterno, né all’interno di scuole e uffici. Negozi e locali sono aperti, senza limitazioni”. Nei primi mesi della pandemia Wuhan ha osservato un lockdown rigidissimo: “Le mie colleghe mi hanno raccontato che era tassativamente vietato uscire, se non per gravissimi motivi. La spesa? Veniva consegnata direttamente a casa. Sotto ogni condominio era presente un poliziotto. E poi: telecamere ovunque”. Questa è la Cina: nettamente avanti, rispetto all’Europa in ambito tecnologico, molto meno per quanto riguarda i diritti umani. “L’e-commerce è una modalità di acquisto consolidata ed efficiente: online è possibile comprare qualsiasi cosa, alimentari compresi”. Il potere è esercitato dal Partito Comunista Cinese: “I cittadini non parlano mai di politica ed osservano con estremo rigore quanto è ordinato dall’”alto”. Non si pongono domande: se una cosa si “deve” fare, eseguono”, racconta Rosa Baiona. Nulla sfugge al controllo dell’autorità. “Google, YouTube, Facebook e altri social sono bloccati. Per aggirare il problema, i curiosi o gli Occidentali pagano una VPN (rete privata virtuale, che garantisce la privacy, ndr): sarebbe illegale, ma il governo finge di non vedere”. Per non rischiare di finire nei guai, in Cina è sufficiente astenersi da ogni attività politica, rinunciando alla libertà d’espressione e all’esercizio dello spirito critico. Povertà e ricchezza non costituiscono due mondi fisicamente separati: “Puoi trovare l’hotel di lusso in mezzo ai sobborghi. Nel 2009, quando mi recai a Shanghai per la prima volta, notai maggiore miseria rispetto a tre anni fa”. Si è molto accentuato l’obiettivo dell’arricchimento, anche coltivando lo spirito imprenditoriale. Di animo generoso, sono tuttavia estremamente legati al valore del denaro. In compenso è stata raggiunta la parità di genere: non si preclude nessun campo professionale alle donne, cosicché non è difficile incontrare dirigenti d’azienda, professioniste, ma anche operatori di qualunque attività manuale. A Wuhan la vita è frenetica e si lavora giorno e notte. “Le imprese di costruzione non si fermano mai, parecchi locali sono aperti ventiquattro ore su ventiquattro, pure nei giorni festivi. Chi è alla ricerca del silenzio non può vivere in Cina. Nei pub il volume della musica è altissimo, il traffico sempre sostenuto e caotico, l’inquinamento atmosferico e acustico tocca livelli straordinari. Ai Cinesi piace il divertimento. Sono accaniti bevitori, tabagisti incalliti e frequentatori di feste karaoke, le “ktv”: noleggiano una stanza e cantano per ore. I servizi sono efficienti e i mezzi di trasporto puntualissimi”. Wuhan è una città moderna, perennemente illuminata, con un tasso di criminalità bassissimo: “Si può uscire tranquillamente anche la notte e la polizia è dappertutto”, prosegue l’insegnante bolzanina. La popolazione è estremamente cordiale: “I Cinesi adorano gli Occidentali e cercano di stringere subito amicizia. Sono scrupolosi nell’igiene, tant’è che le loro abitazioni sono molto pulite”. Come si vive, esattamente, a Wuhan? “A scuola si punta quasi tutto sulle materie scientifiche, quelle umanistiche passano in secondo piano e la storia cinese è sottoposta a censura. L’esame di maturità, denominato “gaokao”, è durissimo e temuto da tutti gli studenti: si svolge in forma scritta, durante la prova i ragazzi devono osservare un metro e mezzo di distanza gli uni dagli altri e all’ingresso della scuola sono posizionati addirittura i metal detector. Solo coloro che ottengono i voti più alti e possiedono notevoli disponibilità economiche possono accedere alle facoltà e alle università più ambite”. Per curarsi bisogna pagare: “Ci sono ospedali per i ricchi, per i poveri e per gli Occidentali. Chi non è abbiente o non ha sottoscritto un’assicurazione non può recarvisi”. Il Cinese medio è tecnologico, ma non particolarmente creativo. E, soprattutto, ateo: “Le chiese sono rarissime, sono invece presenti i templi, dedicati alla meditazione e alle preghiere buddiste”. Aprire un conto in banca, in Cina, è semplicissimo. “Per ottenere una carta pre-pagata è sufficiente presentare un documento di identità. Ormai il contante è sparito e si possono effettuare le transazioni addirittura con il riconoscimento facciale: si avvicina il proprio volto allo scanner, che riconosce automaticamente il soggetto, il quale ha già collegato la carta”. E il famoso mercato di Wuhan, quello in cui si sarebbe sviluppato il coronavirus? “Né io, né i miei colleghi ne avevamo mai sentito parlare prima della pandemia. Personalmente non ho mai visto pipistrelli sulle tavole di Wuhan, ma solo scorpioni e insetti vari. Il cibo più insolito che ho notato era la zuppa di tartaruga”. La valorizzazione dell’igiene si esprime sia nel confezionamento dei cibi, sia nella cura personale: “I Cinesi prestano grandissima attenzione all’igiene personale. Entrare in casa con le scarpe è indice di maleducazione”.

Francesco Servadio

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