Colpo di stato militare in Myanmar

L’ Associazione per i Popoli Minacciati (APM) si appella al’EU per sostenere le forze democratiche in Myanmar con tutti i mezzi disponibili. A tal fine anche l’Europa, come fatto dagli Stati Uniti, deve mettere in gioco possibili sanzioni economiche. Migliaia di manifestanti, operatori dei media e della cultura, membri di tutti i gruppi etnici in Myanmar e organizzazioni in esilio in tutto il mondo chiedono all’unanimità che i militari tornino nelle caserme: i generali che si oppongono al processo di democratizzazione devono essere privati del loro potere e sanzionati. L’Europa deve mostrare solidarietà e sostenere il proprio impegno per la democrazia e i diritti umani con un’azione decisiva. Altrimenti c’è il rischio che si ripetano gli eventi del 1988, quando migliaia di persone furono uccise nella repressione delle proteste.
Sanzioni mirate contro l’esercito e il suo impero commerciale, controlli sulle esportazioni e divieti per i parenti di tutti i membri delle forze militari, il cosiddetto Tatmadaw, di entrare nel paese sono mezzi appropriati che risparmierebbero in gran parte la popolazione civile del paese. Le molte minoranze etniche del Myanmar, in particolare, hanno già sofferto persecuzione e oppressione per anni. Sotto una rinnovata dittatura militare, la loro situazione continuerà a deteriorarsi, le tensioni aumenteranno e una pace duratura diventerà sempre più remota.
Nel Consiglio di sicurezza dell’ONU, la Cina e la Russia continueranno a bloccare tutto ciò che potrebbe dare speranza al popolo di Myanmar. Ma almeno ulteriori misure di aiuto per i bisognosi e i rifugiati dovrebbero essere possibili anche a livello delle Nazioni Unite. L’APM accoglie quindi con favore la sessione speciale di domani del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, che è stata convocata su proposta della Gran Bretagna e dell’Unione Europea. Presumibilmente, una risoluzione si occuperà della situazione in Myanmar. Anche l’annuncio degli Stati Uniti che torneranno al Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU come osservatore è una buona notizia. Adesso tutta la comunità internazionale deve fare la sua parte ed esercitare la massima pressione politica possibile per garantire il ritorno dei diritti umani e della democrazia in Myanmar.

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