Dopo che ieri sera il Presidente della Giunta provinciale dell’Alto Adige ha annunciato che giovedì 28 gennaio firmerà un’ordinanza con la quale stabilirà la chiusura dei pubblici esercizi, quindi bar e ristoranti in tutta la provincia a partire da domenica 31 gennaio per la durata di due settimane, molte sono le reazioni contrarie. Tra queste le posizioni dell’HGV, vale a dire l’Unione Albergatori e Pubblici Esercenti, di diversi esponenti politici, persino dall’interno della SVP, e non ultimo le frecciate del primo quotidiano in lingua tedesca dell’Alto Adige verso il Presidente della Giunta provinciale. Molto duro il consigliere regionale di Fratelli d’Italia Alessandro Urzì, il quale in una nota fa una cronistoria di tutta la vicenda. In particolare Urzì menziona la data del 26 novembre dello scorso anno quando in Consiglio provinciale all’unanimità era stata votata la mozione presentata da Svp e Lega (poi con qualche altra firma a supporto, fra cui Vettori) che impegnava la Giunta provinciale ad emanare una disposizione valida per l’intero territorio provinciale con la quale si stabiliva che tutte le aziende che avevano dovuto sospendere la loro attività in seguito alle disposizioni provinciali avrebbero ricevuto un contributo a fondo perduto pari ad almeno quanto previsto dai decreti statali Ristori e Ristori bis. Urzì fa ora presente che ieri, 26 gennaio, è stato ritrattato quanto promesso in precedenza. Infatti, come ormai noto, Kompatscher a nome della giunta Svp/Lega ha annunciato che, onde evitare di far perdere gli aiuti statali agli operatori economici, in particolare della ristorazione, da domenica prossima per 15 giorni bar e ristoranti dovranno nuovamente chiudere. Insomma torneremo come in zona rossa dopo un periodo di maglie larghe. Una politica dell’inganno e della bugia che ha le gambe corte ed il naso lunghissimo. Il passo indietro di Kompatscher e della sua Giunta sono una mortificazione per tutto il settore e per i cittadini ai quali viene venduta per scopi puramente ideologici la “via altoatesina” che però alla prova dei fatti non esiste. O meglio la vorrebbero ma “a spese dello Stato” – esclama infine Urzì.
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