Uil Scuola, “subito un referendum tra i docenti per il contratto DAD”

Bolzano. Un referendum tra i docenti per la didattica digitale integrata (e a distanza). È la proposta della Uil Scuola, l’unico sindacato di settore ad essersi rifiutato di firmare il nuovo contratto chiedendo più contrattazione per un passaggio così delicato come un accordo globale. Un’iniziativa lanciata dall’esecutivo nazionale e ripresa dal segretario regionale Marco Pugliese. “In Italia non c’è niente di più duraturo di quello che nasce provvisorio quindi nella tutela dei nostri iscritti e dei docenti in generale forse è il caso di muoversi con più calma ridisegnando diritti ed opportunità. Non basta un semplice atto amministrativo per accettare se si intende proteggere in tutti gli aspetti i nostri colleghi”. Anche dal punto di vista istituzionale, quindi, ci si aspetta qualcosa di più: “Serve un vero contratto professionale o una legge quadro che introduca la didattica a distanza nelle scuole. Ecco perché vorremmo sapere cosa ne pensano direttamente i docenti”. Quali sarebbero i vantaggi della consultazione? “Offrire ai lavoratori la forza di una scelta basata sul consenso, sulle condivisioni, sui diritti e sulle regole certe. Non su scelte approssimative in balia dell’emergenza”.

Facciamo qualche esempio dei dubbi che potrebbero essere sollevati?  “Per esempio va capito come saranno inquadrate le interrogazioni perché a distanza il voto può essere sempre contestato se non definito in modo chiaro normativamente. Le lezioni, oltretutto, sono atti coperti da copyright personale: chi ci assicura che non vengano registrate e diffuse? Non solo, con i genitori a casa tutti gli atti che, di solito, avvengono in classe diventano assistibili anche da parte dei famigliari. Niente di male, di per sé, ma è chiaro che questo può aprire a situazioni nuove di contestazione che prima non abbiamo conosciuto. Lo stesso insegnante non è al riparo da condizionamenti esterni. Senza aggiungere ciò che pare ovvio: la didattica a distanza cambia la vita e la professione delle persone e degli studenti. Evidente che non sia una semplice pratica da stretta di mano concretizzata da un atto amministrativo che cambia diritti e doveri andando a toccare i valori costituzionali dell’insegnamento”.

Alla base di questa proposta, infine, ci sono anche valutazioni pedagogiche. “La scuola è al servizio dello Stato e non una funzione socio-assistenziale. La didattica deve essere uno strumento e non un fine. La fretta, in questo caso, non è buona consigliera mentre, di fatto, si sta realizzando la regionalizzazione delle scuole”.

Foto, Marco Pugliese

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