Trento. Torna con la 5° edizione TRANSITI

Da ottobre a marzo, sei appuntamenti che indagano l’attualità musicale. 

Divenuta negli ultimi cinque anni una delle proposte musicali di punta del Centro Servizi Culturali S. Chiara, torna anche in questa stagione TRANSITI – Musiche in movimento. La rassegna, curata da Alberto Campo, sarà strutturata su sei appuntamenti (da ottobre a marzo presso il Teatro SanbàPolis di Trento), mantenendo intatti i propositi iniziali che le hanno permesso di ritagliarsi un ruolo nelle abitudini cultuali del pubblico trentino: indagare l’attualità musicale senza porsi limiti di genere o geografia, mettendo in scena sia interpreti portatori di linguaggi innovativi sia figure dotate di rilievo storico. Il calendario degli eventi è stato illustrato questa mattina nel corso di una conferenza stampa da Francesco Nardelli, direttore del Centro Servizi Culturali S. Chiara, e Alberto Campo, consulente artistico, alla presenza di Corrado Bungaro, assessore alla Cultura del Comune di Trento.
Il programma prenderà il via venerdì 11 ottobre con THE NECKS, band australiana di culto riverita su scala planetaria, in attività da tre decenni abbondanti. “Un’ossessione” per lo scrittore Geoff Dyer, intenditore e appassionato di jazz, come testimoniò il suo libro più celebre, “Natura morta con custodia di sax”, che due anni fa sul “New York Times” li ha definiti “il migliore trio sulla faccia della Terra”. Si tratta tuttavia di jazz sui generis, per certi versi affine al minimalismo colto e per altri alle avanguardie del rock. Da quest’ultimo ambito proviene del resto il pianista Chris Abrahams, associatosi nel sottobosco indipendente di Sidney con il bassista Lloyd Swanton e il batterista Tony Buck. Autori fin qui di una ventina di dischi, dal vivo si avventurano nell’improvvisazione sui canoni impressi in sala di registrazione creando astratte e suggestive musiche d’atmosfera.
Nell’arco di una carriera lunga oltre 40 anni il 68enne BILL FRISELL, atteso a Trento giovedì 24 ottobre, si è imposto quale assoluto protagonista della scena musicale statunitense: status certificato nel 2005 dal Grammy Award assegnato al suo album “Unspeakable”. Compositore e arrangiatore, ma soprattutto chitarrista sopraffino, dopo essere affiorato dal circuito off del jazz newyorkese entrò nei ranghi della celeberrima etichetta discografica bavarese Ecm, allargando poi nel tempo il raggio della propria azione creativa fino ad abbracciare la tradizione del folklore americano del Novecento. Trae ispirazione proprio da essa il progetto Harmony, titolo dell’imminente album targato Blue Note, in cui suona accompagnato da Petra Haden (figlia di Charlie, leggendario contrabbassista jazz, in voce), Hank Roberts (violoncello) e Luke Bergman (chitarra baritona), per dare forma a ciò che oltreoceano un commentatore ha chiamato “musica sacra”.
Il cartellone della rassegna propone quindi venerdì 15 novembre un’occasione forse unica e irripetibile. Preceduta dal disco uscito in estate, che mutua il titolo dal classico “hard boiled” di Raymond Chandler “The Long Goodbye”, potrebbe essere la tournée con cui i PERE UBU si accommiatano definitivamente dal proprio pubblico dopo un’avventura artistica gloriosa, ispirata originariamente – come dichiarava il nome scelto – all’Ubu Roi; antieroe “patafisico” creato dal simbolista francese Alfred Jarry. Presentando l’album, David Thomas – fondatore e leader della band di Cleveland, archetipo monumentale del post punk statunitense – ha affermato: «È un riepilogo di tutte le storie e le canzoni proposte in modi differenti dai Pere Ubu nell’arco di 40 e passa anni che fornisce risposte alle domande formulate da noi stessi durante questo tempo, consegnandole a quella che io considero sia la loro destinazione definitiva».
Com’è consuetudine, anche quest’anno il programma include un appuntamento con la sonorizzazione originale di un film muto, onorando sabato 1 febbraio la memoria di Carl Theodor Dreyer, rappresentato da un caposaldo della sua produzione: “Vampyr”, horror d’impronta surrealista realizzato dal regista danese nel 1932, subito dopo “La passione di Giovanna d’Arco”, e divenuto nel tempo oggetto di culto. A musicarlo dal vivo saranno i quotati strumentisti torinesi PAOLO SPACCAMONTI (chitarra e sintetizzatore) e RAMON MORO (tromba e flicorno), già in coppia nel 2016 per la colonna sonora de “I cormorani” di Fabio Bobbio, insieme alla violoncellista canadese JULIA KENT, anni fa nella formazione dei Johnsons che affiancava Antony Hegarty: artista abituata a sconfinare in ambito cinematografico (un suo brano figurava in “This Must Be the Place” di Paolo Sorrentino), nonché verso la danza e il teatro.
Il penultimo appuntamento è in calendario venerdì 28 febbraio e vedrà protagonista RICHARD DAWSON, artista del genere che noi chiameremmo cantautore, benché il suo stile tenda evidentemente altrove. Suonando la chitarra in maniera bizzarra e articolando un timbro di voce lunatico, fra Robert Wyatt e Syd Barrett, anche se lui sostiene d’ispirarsi al canto devozionale sufi detto “qawwali” e al folk inglese d’antan, si è guadagnato nel novembre 2014 la copertina dell’autorevole mensile “The Wire” e il peana di “The Guardian” per l’album uscito nel 2017, “Peasant”: “Astruso eppure stranamente accessibile, di ricerca ma azzeccato, un vero successo”. Era il quinto atto in una serie avviata nel 2007, quando ancora lavorava da commesso in un negozio di dischi di Newcastle e strimpellava una sgangherata chitarra acustica dalle corde di nylon: il prossimo, “2020” è atteso in ottobre.
“Transiti” si concluderà venerdì 27 marzo mettendo in scena una suggestiva osmosi fra musica e immagini: questo offre il progetto chiamato JERUSALEM IN MY HEART, di cui sono responsabili il filmmaker canadese Charles-André Coderre e dal pluristrumentista e cantante di origine libanese Radwan Ghazi Moumneh, contitolare del leggendario studio di registrazione Hotel2Tango. Combinando sonorità in cui echi della tradizione araba fluttuano in ambienti elettronici a proiezioni di diapositive e video in 16 millimetri, il duo esplora una dimensione audiovisiva dalle qualità oniriche. Destinato inizialmente alla creazione di performance a soggetto, solo in un secondo tempo il lavoro degli artisti di Montréal è stato cristallizzato su disco, cosa accaduta ancora lo scorso anno con “Daqa’iq Tudaik”, terzo album della serie, edito come i precedenti dall’influente etichetta locale Constellation.
Il biglietto d’ingresso per ciascun appuntamento è in vendita a 10 Euro, con una riduzione a 8 per gli Under 26 e a 5 per gli studenti universitari.

Foto, Jerusalem In My Heart.  

 

 

 

 

 

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