I ricercatori Telethon hanno rivisitato la struttura dei prioni e proposto un nuovo modello di conformazione in linea con i più aggiornati dati sperimentali. Grazie poi alla stretta collaborazione con il gruppo di Pietro Faccioli, hanno sfruttato un innovativo metodo di calcolo computazionale derivato da metodi matematici sviluppati in fisica delle particelle, per ricostruirne il meccanismo di replicazione. «L’interdisciplinarietà è stata la chiave vincente – spiega Giovanni Spagnolli, studente di dottorato al Dipartimento CIBIO dell’Università di Trento e primo autore del lavoro. Senza l’apporto dei colleghi fisici non saremmo stati in grado di eseguire calcoli così complessi con tempi e costi accessibili, mentre grazie a loro abbiamo trovato il modo di farlo con un grado di approssimazione affidabile ma al contempo sostenibile. Per la prima volta siamo riusciti a ricostruire il modo con cui i prioni riescono a replicarsi e contiamo di sfruttare queste informazioni per cercare o addirittura costruire razionalmente molecole in grado di bloccare la replicazione dei prioni e arrestare il processo neurodegenerativo ad oggi incurabile».
«Il metodo di calcolo che ha portato a questo risultato si fonda su metodi matematici di fisica teorica che sono stati originariamente sviluppati per studiare fenomeni tipici del mondo subatomico, come l’effetto tunnel quantistico. Questi metodi matematici sono stati da noi adattati per consentire la simulazione di processi biomolecolari complessi, come il ripiegamento e l’aggregazione di proteine – sottolinea Pietro Faccioli, professore associato nel Dipartimento di Fisica dell’Università di Trento e affiliato all’ Istituto Nazionale di Fisica Nucleare.
È disponibile un video che mostra il meccanismo con cui la proteina prionica nella sua forma aggregata e infettiva (in rosso) induce la sua controparte sana (in blu) a cambiare forma. Si noti che, una volta che la proteina si è trasformata nella forma aggregata è a sua volta in grado di indurre il cambio di conformazione di altre proteine sane adiacenti. Gli aggregati di proteina “rossa”, una volta raggiunta una certa dimensione, si spezzano: ciascun frammento è a sua volta in grado di reclutare altre proteine sane adiacenti, con un effetto a cascata che con il passare del tempo porta a un vasto accumulo di queste forme aberranti nel cervello dei pazienti.
Link al video: https://drive.google.com/open?
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