Sindacato. In profonda crisi, deve cambiare pagina

I risultati della recente consultazione europea hanno ribaltato quelli delle politiche di un anno fa: 5Stelle e Lega si sono “scambiati” le percentuali, a tutto vantaggio di quest’ultima che è oggi  sulla cresta dell’onda. Un mio breve cenno. In Italia non sembra ancora esserci la preoccupante ondata di destra, ma è in essere uno schema simile a quello che fu dei fascismi storici: sventolare alle masse un nemico additando gli ebrei come i responsabili di ogni sciagura. Ricordo che il partito nazista in Germania passò alle elezioni politiche dal 12% nel 1928 al 37% nel 1932. E il movimento sindacato? Perché è assente? Ha ancora un ruolo democratico per farsi sentire? Dove si trova e dove si realizza la sua capacità critica?  La sua voce non si sente….è afona ad eccezione di quel giovane sindacalista che ha ripetuto che ……” i porti non si chiudono e gli immigrati sono qui, a dispetto di certi governanti. La mia analisi propone le perplessità sulle deboli scelte operate dal movimento sindacale quali concausa e ragione delle difficoltà in essere: è questo un punto di partenza per una riflessione seria.

Andiamo con ordine perché entriamo in un tema abbastanza spinoso e forse ambiguo. Nel passato e in certi periodi della storia politico-sindacale il contributo sindacale è stato essenziale, fondamentale e decisivo per la trasformazione ed evoluzione della società. Oggi vale la pena fermarsi e riflettere un po’ su “come eravamo, come siamo e cosa abbiamo realizzato”. Il sindacalismo non abita nelle sfere della politica ma opera nel comune ambiente delle condizioni sociali: sono due mondi diversi, ciascuno con la sua logica che di fatto s’intreccia. Il suo rapporto con la politica esiste da sempre, è un rapporto democratico e vivo di confronto, di sfida e di conflitto. “Volevamo cambiare il mondo e il mondo ha cambiato noi” dice un’amara frase che interessa di certo il recente mondo sindacale.

E’ indubbio che la nostra società vive in un sistema capitalistico che concepisce l’economia (e l’etica che la sorregge) come necessario strumento di lotta tra le varie classi sociali portatrici di interessi contrastanti: la ricchezza prodotta dal lavoro non garantisce alla classe lavoratrice sicurezza economica e giustizia sociale né è distribuita equamente: il cittadino-lavoratore disagiato diventa più povero e il ricco sempre più ricco. Sono solo queste le diseguaglianze sociali?

I sindacati sono oggi nel pieno di una profonda crisi di legittimità, che rischia di cancellare anche i loro meriti storici. Tale risultato è stato il voler mantenere ancora oggi il pluralismo sindacale che da forza plurima di cambiamento è diventato strumento di contrapposizione, di rivalità e di conservazione: segno evidente della sua decadenza e del suo svuotamento.

In Italia l’attenzione ai temi del lavoro si è concentrata quasi esclusivamente sugli aspetti giuridici e sui meccanismi regolativi del mercato (dominatore) e si sono perse di vista le concrete attese dei lavoratori, le loro esigenze, la loro tutela (art.18)  facendo così prevalere gli stereotipi.
Non è forse vero che in questi ultimi anni abbiamo assistito a vere e proprie “capriole ideologiche” da parte di “alti dignitari di fede burocratica per il sindacato di servizi”? Credo e penso tuttavia che il sindacato non sia morto o sia diventato inutile; deve sdoganarsi e la sua storica ( o forse episodica) immagine di soggetto capace e responsabile di farsi carico degli interessi generali del paese non si è dissolta. La strada per uscire dal tunnel di questa crisi infinita è ribaltare il paradigma ossia lo sviluppo sociale deve venire prima di quello economico .

L’etica di un movimento socio-politico non può essere solo quella delle intenzioni o della definizione delle scelte o dei criteri di rilevanza per risolvere i problemi ma anche necessariamente quella delle conseguenze …e della loro esecuzione. In questo clima d’incertezza politico-istituzionale il suo ruolo deve tornare a contribuire alle soluzioni dei problemi dentro la nota e fondamentale rete di relazioni sociali: il lavoro, la comunità, l’occupazione con l’apporto di competenze, di idee e di nuovi e giovanili punti di vista. Nella mia giovinezza ho avuto modo di conoscere direttamente e personalmente l’azione politico-sindacale…..altri tempi ricordando Lama ……. l’attuale esistente non in armonia con il dettato di passare dalle parole ai fatti. Sì altri tempi.

Il recente appello all’unificazione delle confederazioni  lanciato da Maurizio Landini a Bologna ha un significato chiaro: una solida cornice di rispetto reciproco e di regole sulla rappresentanza e sulla contrattazione e nuova capacità di mediare al proprio interno ogni contrasto. Come anche la capacità (nuova) di realizzare un sistema di relazioni industriali nel quale modelli diversi di contrattazione e di partecipazione possano confrontarsi e competere tra loro. Significa cambiare pagina e aria. Me lo auguro.

Foto, corteo sindacale

 

Antonino Papa

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