Oltrepolitica: globalismo vs sovranismo, la fine di destra, sinistra e centro

L’analisi che segue, doveroso sottolinearlo, non veicola nessun tipo di “tifo politico”, non implica nulla, se non uno stimolo alla discussione ed al confronto partendo dal processo che stiamo vivendo e che inesorabilmente ci cambierà la vita.

La politica ci condiziona

Chi prende le distanze dalla politica, chi pensa di poter vivere senza politica, vive nell’illusione di poterne fare a meno.. In realtà vive, lavora e discute all’interno di un modello sociale teorizzato sul finire degli anni ’70 del secolo scorso e che Reagan portò ai massimi livelli. Edonismo, o consumismo se preferite, crescita continua, apparentemente infinita. Il mondo globalizzato, creato ad immagine e somiglianza degli Usa, il sogno americano traslato. Capitalismo “democratico”, benessere ed “impero globale”. Sembrava una battaglia vinta, invece il modello ha fatto acqua e la crisi economica del 2008 (generata in Usa) ha riportato in auge un modello “sovranista”, più legato al territorio-nazione. La vittoria di Trump ha fatto il resto. Gli Usa globalisti d’Obama scalzati dall’America più profonda di Trump. Una vittoria sottovalutata ma che ha avuto ripercussioni profonde, che ora analizzeremo.

Globalismo e sovranismo: due visioni, due mondi

Il globalismo non possiede in realtà quei risvolti altamente positivi con cui è presentato. Si tratta d’edonismo economico estremizzato, una società creata su multinazionali devote al mercato (teorizzato dai maggiori pensatori di sinistra…). I confini sono abbattuti per questioni di profitto, non di vera solidarietà. Tranne gli imprenditori-filosofi o visionari, come Musk, Benson (ed in passato il nostro Gardini, che non a caso strizzava l’occhio ai socialisti riformisti) che si battono per un mondo tecnologico ed ecologico, con il  benessere alla portata di tutti, un socialismo progressista che rispetti le specificità. Gli altri spingono per far cadere le barriere create dagli Stati nazionali. Perché? Semplice, garantiscono diritti lavorativi troppo onerosi per chi vuol guadagnare e punta agli algoritmi perfino per licenziare (Amazon) o a riportare l’orario di lavoro a 10-12 ore al giorno.  Alibaba, il colosso dell’e-commerce fondato da Jack Ma, applica la regola aurea che è “996”: dalle 9 del mattino alle 9 di sera, 6 giorni a settimana. E come riporta Ansa: In un meeting interno, ma ha detto di non volere persone che guardano alle “tipiche” 8 ore quotidiane, secondo un resoconto sull’account Weibo (il Twitter cinese) di Alibaba. Sposa il “996”: il lavoro non è un sacrificio, non lede i diritti delle persone, ma è una “vera benedizione”. Questo è il volto reale della globalizzazione economica: consumismo continuo, merce in arrivo ad ogni ora, bombardamento pubblicitario e diritti dei lavoratori pari a zero. Chiaramente l’identità nazionale è un problema, un francese od un italiano potranno mai accettare di lavorare 12 ore al giorno? Serve un appiattimento culturale per far accettare certi paradigmi. Il sovranismo, viceversa, ha accezione negativa per “traslazione”. Lo si associa al localismo “sciocco”, al non voler accettare l’altro, o peggio ad una specie di fascismo. In realtà la definizione corretta è: libertà di legiferare da parte dei singoli Stati, il cui globalismo vorrebbe applicare modelli standard soprattutto nel lavoro (chiedersi perché…). I negozi h24, ad esempio, sono un cavallo di battaglia europeo, che arriva direttamente dagli Usa, patria di questo genere d’approccio. La battaglia in corso è tra due visioni, una globale assoluta, con trattati ad area a cui ci si lega senza possibilità d’uscirne (pensare ai vari approcci transpacifici…) e l’altra nazionale, con il commercio internazionale regolamentato da trattati da cui si possa entrare ed uscire a seconda delle reali esigenze. Ovviamente il tessuto economico italiano, formato da piccole e medie imprese, che premia la qualità allo standard rischia moltissimo in caso di globalizzazione totale.

Italia, l’anno zero della politica e la nascita degli oltrepartiti

Segnatevi la data: 4 marzo 2018, fine della seconda Repubblica ed inizio del declino totale dei partiti-sistema. Chi non si rinnova è perduto, la Lega, il più vecchio tra i partiti, lo intuisce e con Salvini nel 2013 inizia un percorso non compreso appieno. Diventa “nazionale”, ingloba menti come Bagnai (con ragionamenti di sinistra…) e abbandona con equilibrio lo zoccolo duro secessionista. Si definisce “no globalista”. L’altra forza che nasce sulle macerie del vecchio sistema è il Movimento di Grillo, che da subito si presenta oltre destra e sinistra e a forte connotazione anti sistema, quindi “no globalista”. Non è il solito slogan, non sono le solite correnti, questi due partiti, pur con qualche contraddizione, rappresentano ciò che il futuro della politica sarà. La Lega apparentemente più tradizionale ma assai liquida su molti temi, il Movimento oltre le solite  formalità di partito, visi da persone comuni ed esperienza sul campo. In pochi hanno compreso, politologi di grido in primis, alle pernacchie iniziali si sono materializzati attacchi continui, segno inesorabile di vera apocalisse in arrivo verso un sistema post 1992, ormai al capolinea.

Il rischio liquefazione per tutti gli altri…

Destra

Forza Italia e Fratelli d’Italia, destra liberale e destra detta populista, altro termine che meriterebbe un libro per essere definito con crismi d’analisi seria. FI arriva da vent’anni di “berlusconismo”, ormai al tramonto, non ha proposto modelli nuovi, di fatto è al 1994 e poggia su uno zoccolo duro che garantisce forse altri 5/10 anni di percentuali sopra il 5%. Partito globalista, perché imprenditoriale ma legato ad una visione legata al meno Stato e tasse (anni ’90) ormai non più applicabile. Quel modello liberale (più liberista forse) si è esaurito perfino in Usa, ma in Italia ancora forse non lo si è compreso. Finché c’è Berlusconi esisterà FI, poi sarà ardua. FDI ha compreso la svolta epocale e con la Meloni cerca una sponda verso Salvini. Il partito è anti globalizzazione e ricorda e assume  posizioni oltranziste simili alla sinistra no global. In futuro è possibile una sorta di federazione con la Lega, difficile per questo partito mantenere autonomia reale, l’elettore liquido sovranista per “nuovo approccio” tenderà ad andare verso il partito più corposo.

Centro

Con la fine della DC in Italia il Centro si è spezzato in due. Metà a destra e metà a sinistra. Le due correnti principali della DC hanno trovato spazio negli schieramenti. Il centro non tornerà, l’epopea si è conclusa nel 1992. Partiti d’area con peso sono assenti, presenti invece esponenti di centro in FI e PD. I centristi sono globalisti romantici di norma. Credono ad un globalismo (ed europeismo) anni ’90, tramontato definitivamente nel corso degli anni 2000. Esaurita la spinta di leaders storici sarà complesso anche solo esistere per formazioni micro.

Sinistra

Il partito maggiore, il PD, è globalista, inteso come globalismo del “desiderio”, ovvero quell’astrazione un po’ utopica che declina il “tutti uguali”. Un massimalismo ereditato dal PCI, partito non europeista e non globalista che nella mutazione in PDS-DS-PD (con Margherita) ha veicolato un centrismo global tramite mezzi massimalisti. Una fusione d’intenti che il globalismo post 4 marzo 2018 ha portato vicino a FI. Gli altri partiti micro della detta sinistra sono ormai globalizzati, avulsi da un discorso nazionale trattano temi lontani, spesso in contrasto con il PD stesso, il Referendum 2016 ha sancito la fine del progetto Renzi, ovvero la creazione di un Partito della Nazione su modello americano. Da quel momento il buio totale e il rischio concreto, in assenza di leader, di liquefarsi una volta estinto lo zoccolo duro (ovvero gli elettori nati tra il 1945 ed il 1968). La sinistra non produce più progetti dal 1996, insegue ossessioni. Prima il “berlusconismo”, ora il “salvinismo”. Un po’ per i cambiamenti in atto, infatti gli elettori lo hanno compreso e si rischia di non vederli alle urne.

Tripolarismo

Tralasciando la liquidità assoluta dei nostri tempi è altamente probabile che in un futuro non tanto remoto esisteranno in Italia tre macro partiti/movimenti: due a trazione sovranista che vanno oltre destra e sinistra, (Lega e M5S) ed uno a trazione globalista che raggruppa il sistema classico per intero (PD-FI). Le elezioni europee infatti rappresentano uno spartiacque che ci traghetterà alle prossime politiche (con quale legge elettorale?) tramite un cruento scontro tra sovranismo e globalismo. Probabilmente, tra dieci anni, i partiti come li conosciamo oggi, non esisteranno più, è proprio cambiato il modus intrinseco di far politica.

 

Marco Pugliese

Vicedirettore di Buongiorno Suedtirol e responsabile di BsEvents&Style. Si occupa di marketing e pubblicità per la testata. Giornalista, scrive d’economia, esteri, politica locale e nazionale. Fondatore di BsEvents&Style.

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