Psicologia. Adolescenza, età del rischio

di Giuseppe Maiolo, docente di Psicologia delle età della vita – Università  di Trento

“La neve e l’adolescenza sono i soli due problemi che spariscono sapendo aspettare il tempo sufficiente”. Con queste parole pronunciate da Hearl Wilson, famoso giornalista statunitense, comincia l’editoriale dell’ultimo numero del giornale internazionale di scienze www.nature.com dedicato all’adolescenza. In una sorta di dossier, si fa il punto delle neuroscienze sulla ricerca che riguarda la propensione al rischio dei giovani di oggi. È arcinoto che questa fase della vita nelle società complesse è diventa delicata e problematica, caratterizzata da comportamenti rischiosi che spesso, con frequenza elevata, mettono a repentaglio la vita stessa. Gli studi mostrano che a livello mondiale la mortalità giovanile incide per il 35% e le più frequenti cause di morte tra I 15 e i19 anni, dopo gli incidenti stradali, sono da attribuire a condotte violente, comportamenti autolesivi e azioni spericolate. L’idea che sia un’epoca della vita fortemente trasgressiva domina tra gli adulti i quali, con giudizi pesanti, attribuiscono alla ribellione e alla rabbia le ragioni dei loro comportamenti a rischio.Ora la ricerca dei neuroscienziati tenta di dare altre motivazioni alle azioni spericolate dei giovani. Spiegazioni che sottolineano come in questa fase della vita manca soprattutto la capacità di autocontrollo. Gli adolescenti alle prese con I compiti evolutivi e con la necessità di esplorare il mondo, conoscere se stessi e mettersi alla prova, forzano i limiti e si spingono continuamente nel territorio del rischio e senza rendersi conto del pericolo che corrono perché il loro sistema di controllo è scarso o inefficiente. Lo psicologo Lorenz Steinberg, autore del libro Adolescenti. L’età delle opportunità, con una bella metafora dice, che l’adolescenza  è come guidare un’automobile con l’acceleratore al massimo ma con i freni difettosi. Le neuroscienze confermano. Il cervello in questa epoca è in una sorta di costante squilibrio: a un’attività cerebrale elevata non si contrappone un sistema frenante adeguato. Questo fa dire ad alcuni adulti  “Se è così intelligente, perché si comporta da stupido?”. Le ragioni stanno nella maturazione ritardata di alcune aree cerebrali come il lobo frontale rispetto a quello  parietale e temporale. Lobo frontale che è l’area deputata a gestire il cambiamento, i nuovi modi di pensare e di comportarsi, ma soprattutto che regola il controllo emotivo. Le ricerche mostrano che questo squilibrio tra le diverse aree cerebrali, aumenta in maniera significativa i comportamenti a rischio in adolescenza. Si aggiunga poi alle evidenze delle neuroscienze che i giovani vivono un tempo lungo di transito dall’infanzia all’età adulta e la crescita caratterizzata da una scarsa attenzione per il piano emozionale. La mancanza di un’educazione ai sentimenti e la valorizzazione sproporzionata delle competenze cognitive fanno sì che si debba fare I conti con un diffuso analfabetismo emotivo. Gli studi di cui scrive il settimanale Nature, sono quindi la sintesi di lavori scientifici che non solo tentano di spiegare I dati allarmanti che interessano l’adolescenza, ma impongono di attivare sempre di più programmi di prevenzione e contenimento sociale dei rischi, di migliorare l’informazione è la comunicazione con I giovani e, al contempo, di modificare alcuni atteggiamenti degli adulti, tra cui quella di sviluppare una maggiore normatività e coerenza educativa affiancata da attenzione e calore affettivo.

In Foto, Giuseppe Maiolo, docente  di psicologia delle età della vita, Università di Trento

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