Un’antilope in fuga dalla (ir)realtà, a Bolzano la prima italiana di “Die Antilope” di Johannes Maria Staud

Con la prima italiana di Die Antilope del compositore austriaco Johannes Maria Staud prende il via la terza edizione di OPER.A 20.21, la stagione di opera contemporanea della Fondazione Haydn di Bolzano e Trento che quest’anno ha per titolo Escape From Reality.

Sabato 2 (ore 20) e domenica 3 dicembre 2017 (ore 17) prende avvio al Teatro Comunale di Bolzano la terza edizione di OPER.A 20.21, la stagione di opera contemporanea organizzata dalla Fondazione Haydn di Bolzano e Trento. Il primo titolo in cartellone, Die Antilope del compositore austriaco Johannes Maria Staud introduce bene il tema che il Direttore Artistico Matthias Lošek ha inteso dare alla nuova stagione: Escape From Reality, Fuga dalla realtà, «un motto a doppio senso che mette in evidenza due funzioni centrali dell’arte: da una parte essa ci permette di sottrarci alla realtà, dall’altra rappresenta un’occasione per riflettere sul nostro essere».

Già andata in scena con grande successo in prima asoluta a Lucerna nel settembre 2014 e poi all’Opera di Colonia, composta su testo dello scrittore tedesco Durs Grünbein, Die Antilope racconta le avventure un po’ surreali di un giovane che tenta la fuga dalla sua realtà per trovarsi proiettato in una dimensione straniante, dalla quale farà infine ritorno. A Bolzano, Die Antilope andrà in scena in prima italiana nell’allestimento originale di Lucerne Festival, Theater Luzern e Opera di Colonia, coprodotto da Neue Oper Wien e Fondazione Haydn. Regia di Dominique Mentha. Direzione Musicale Walter Kobéra; Orchestra Haydn di Bolzano e Trento. Scene di Ingrid Erb e Werner Hutterli. Costumi Ingrid Erb. Light Design Norbert Chmel. Sound Design & Live Electronics Christina Bauer. Interpreti: Wolfgang Resch (Victor), Elisabeth Breuer (Collega1, Donna1, Scultura), Maida Karišik (Collega2, Donna2, Vecchia signora), Bibiana Nwobilo (Segretaria, Giovane donna, Passante), Gernot Heinrich (Collega1, Giovane signore, Dottore1), Ardalan Jabbari (Capo, Capocameriere, Dottore2, Vigile), Christian Kotsis (Collega2, Passante, Dottore3), Catrina Poor (Madre). Coro Wiener Kammerchor, diretto da Michael Grohotolsky.

L’Artist in residence della Fondazione Haydn di Bolzano e Trento, Johannes Maria Staud sarà al centro anche di un convegno che affronterà temi legati all’arte e alla cultura del nostro tempo, nonché alle sinergie culturali ed economiche e ai benefici che ne possono derivare per il territorio Euregio Tirolo-Alto Adige-Trentino. Al convegno, in programma nella giornata di sabato 2 dicembre dalle ore 11.30 alle 17.30 presso la sede dell’Eurac di Bolzano (Viale Druso 1), e coordinato dal direttore del mensile Classic Voice Andrea Estero, interverranno studiosi, compositori e operatori di livello nazionale e internazionale.

Nei giorni precedenti le rappresentazioni di Die Antilope si potrà iniziare a conoscere la musica di Johannes Maria Staud grazie ad un incontro con lo stesso compositore previsto la sera di martedì 28 novembre (Sudwerk, Batzen Häusl, ore 21), nell’ambito dell’iniziativa Oper.a Late Night.

Le due rappresentazioni di Die Antilope saranno precedute dalle consuete introduzioni, a cura di Giacomo Fornari: il 2 dicembre alle ore 19 e il 3 alle ore 16. Nell’occasione degli spettacoli sarà attivo un servizio navetta andata e ritorno da Trento, con partenza dal Centro Servizi Culturali Santa Chiara, alle ore 18 il 2 dicembre e alle ore 15 il 3.

Die Antilope

Composta su testo dello scrittore tedesco Durs Grünbein, con il quale Johannes Maria Staud aveva già collaborato in occasione della sua opera precedente Berenice, Die Antilope racconta le avventure un po’ surreali di un giovane che tenta la fuga dalla sua realtà per trovarsi proiettato in una dimensione irreale. Victor, un tipo già di per sé anticonformista, partecipa a una festa ma presto viene assalito da un senso di claustrofobia e, dopo un discorso sconnesso, si getta dalla finestra. Non muore, ma inizia un viaggio nella notte, dove si imbatte nelle situazioni più strane, talvolta pericolose, talvolta invece divertenti e grottesche, “sempre in bilico tra reale e irreale “, come dice lo stesso compositore. A un certo punto, Victor viene tenuto in osservazione da dei medici strampalati che, colpiti dalla lingua incomprensibile con la quale si esprime (“antilopico”), emettono la diagnosi di “depressione africana”. Alla fine del suo viaggio, Victor ritorna alla festa, che nel frattempo si era interrotta, e tutto ricomincia da capo.

Die Antilope è nata dalla stretta collaborazione tra Staud e Grünbein «Questo lavoro cominciava sempre con un’atmosfera vaga, che poi via via definivamo in maniera sempre più precisa», dice lo stesso compositore, «Per alcune scene avevo bisogno di più testo per altre di meno. Durs comunicava i punti essenziali in maniera succinta e con un’enfasi poetica che mi è stata molto utile. Grazie a questa collaborazione, a questo continuo scambio di idee, il libretto si è sviluppato parallelamente alla musica. Non abbiamo voluto creare un’opera letteraria, nel senso convenzionale del termine, ma allo stesso tempo non volevamo soffocare l’azione, cercando statiche immagini sonore. Era qualcosa a metà, sospeso tra narrazione e esagerazione, tra realismo e assurdità». Un delle particolarità dell’opera è la lingua in cui si esprime il protagonista: «Quando stavamo creando la lingua di Victor, diversa in ogni scena, abbiamo combinato il nostro istinto giocoso, il nostro piacere per le peculiarità fonetiche, con l’idea che ci fossero continui tentativi falliti di comunicazione da parte dell’eroe. Solo in un punto Victor riceve una risposta nella sua lingua, ma da una scultura. Ed è una svolta nell’opera».

Le musiche di Staud aderiscono alla singolarità della vicenda narrata, utilizzando un ampio spettro di soluzioni espressive, anche mediante l’uso di live electronics e l’inclusione di sonorità pop. Il risultato, nel complesso, è un’opera ricca e spiritosa.

«La mia musica è basata essenzialmente su principi drammatici», osserva Staud, «È sempre una costruzione di tensioni molto calibrata. Ognuna delle mie composizioni è come un piccolo dramma, anche senza testo. La musica deve veicolare un significato, ma anche ingannare, sedurre, implicare il non-detto. Per me è importante che una parte della musica rimanga inspiegabile, come qualcosa di inatteso che ci irretisce e ci affascina».

Foto/c-Armin Bardel

 

 

 

 

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