La parola allo psicoanalista.Troppa protezione non aiuta i ragazzi a diventare autonomi, di Giuseppe Maiolo

Un insulto al buon senso, scrive Chiara Saraceno, sociologa, a commento della recente “pretesa” di far andare i genitori a ritirare a scuola bambini e ragazzini fino a 14 anni. Frase lapidaria ma efficace per dire che, di là delle leggi, peraltro vecchie e superate, servirebbe invece trovare soluzioni alternative a garantire sicurezza ai minori. Perché il principio della tutela dei bambini e degli adolescenti è sacrosanto e a loro va riconosciuto il diritto di essere protetti dai pericoli, mentre gli adulti hanno il dovere di mettere in pratica ogni azione volta a salvaguardare la loro sicurezza. Però tra i diritti che hanno i minori, vi è anche quello dell’autonomia e di essere educati a raggiungerla come è stato sancito da varie Convenzioni internazionali,
Invece con questo richiamo che parte da una sentenza della Cassazione e rivolto ai doveri dei genitori, sembra passi il contrario: vietato farli crescere e aiutarli a diventare autonomi. Bamboccioni per legge, verrebbe da dire. Ed è difficile assecondare l’idea che suggerisce la ministra Fedeli quando dice che l’autonomia si può sperimentare al pomeriggio. Perché è evidente che la pericolosità della vita e dei luoghi continua ad esser presente anche oltre l’orario di rientro a casa.
Il problema caso mai è quello di garantire vera sicurezza nelle strade e nei percorsi, scuole a tempo pieno e luoghi di crescita o laboratori di esperienze pomeridiane guidate come ce ne sono tanti in altri paesi d’Europa. Non servono invece gli ombrelli protettivi sempre aperti o campane di vetro dove riparare I minori per un tempo infinito. Già stiamo vedendo adolescenti che temono di diventar grandi e si rifiutano di assumersi responsabilità. Un recente studio americano condotto dalla psicologa Twenge dell’Università di San Diego in California, ha evidenziato che oggi gli adolescenti americani fanno esperienze di autonomia con almeno 3 anni di ritardo rispetto ai giovani degli anni ’70.
Difficile dire se questo dato sia sovrapponibile anche da noi in Italia. Tuttavia la preoccupazione relativa ad una certa tendenza all’iperprotezione della famiglia italiana è lecita. Ma allo stesso tempo questa diffusa polemica su quanto e come proteggere i minori fa emergere una sostanziale forma di strabismo educativo. Ci preoccupiamo della strada scuola-casa e dei pericoli che si possono incontrare lungo questi percorsi ma  diamo  briciole di attenzione ai pericoli virtuali che I minori corrono per lunghe ore al giorno come assidui viaggiatori della rete. Lì scuola e famiglia sono ancora sonnolenti, distratti, decisamente lontani da una vera protezione e prevenzione. In sostanza le più importanti agenzie educative si rimbalzano responsabilità su di chi deve fare qualcosa e alla fine nessuno si occupa realmente di proteggerli e educarli ad un uso sicuro del web e a saper riconoscere le insidie e I rischi. Tantomeno a far crescere senso di responsabilità e pensiero critico che stanno alla base dell’autonomia.

Foto, Giuseppr Maiolo, psicoanalista

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