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La morte della realtà

9 Ottobre 2017

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La morte della realtà

Bolzano. Quando apri un canale d’informazione è leggi della morte di un tredicenne il sangue si raggela. Stai ancora peggio quando approfondisci e scopri che il ragazzino fosse affetto da distrofia muscolare e di fatto non avesse un alloggio. Il malcapitato era infatti curdo, di Kirkuk, città non lontana dalla capitale irachena. Città martoriata.  A monte la Svezia che rifiuta lo status e minaccia il rimpatrio coatto. La famiglia che decide d’allontanarsi volontariamente dal paese scandinavo e finisce in Italia, a Bolzano. Siamo ai primi d’ottobre. La nostra città nel 2017 vede purtroppo la morte di questo ragazzino circa dieci giorni dopo. Un tragico indicente causato da una barriera architettonica. La sedia a rotelle non regge, il ragazzino cade, si frattura le gambe ed una serie di complicazioni (ma i medici hanno disposto l’autopsia, la famiglia ha acconsentito) lo portano purtroppo al decesso. In mezzo la solita strumentalizzazione e guerra tra  “cattivisti” e “buonisti”. Una guerra patetica, che prevalentemente si svolge sui social. Da una parte l’utopia di chi vorrebbe respingere perfino il vento che soffia, dall’altra chi si propone irresponsabilmente d’accogliere accogliere interi continenti, malamente per giunta. Hanno torto entrambi gli schieramenti, impegnati più che altro a raccattare consensi e far sentire in colpa gli uni piuttosto che gli altri. In mezzo l’epocale tragedia, mal gestista, che ha tanti colpevoli e dove i veri buoni si contano sulle dita di una mano. Le uniche persone buone sono i genitori di questo ragazzino, che hanno fatto di tutto per salvarsi dall’inferno iracheno (e se nasci curdo è anche più complicato) e che invece sono finiti a vagare in una città come Bolzano, che nel 2017 sembra tornata ad una sorta di Medioevo culturale, una forma mentis quasi primitiva. Un Medioevo ove se le danno di santa ragione guelfi e ghibellini, buonisti e “cattivisti”, rimpolpati da dichiarazioni di politici atte solo a spalare preferenze e voti. Azioni concrete? Solo da parte di veri volontari, gente che mette via la propria idea per evitare situazioni simili finiscano in tragedia. Nel mezzo muoiono le persone, s’illudono tante altre e s’abbassa sempre più la condizione media dei cittadini italiani, i quali, dinanzi a queste tragedie fanno trasparire una certa insensibilità. Cattiveria? Forse, ma in parte la realtà da loro vissuta è anni luce da quella di Del Rio, ministro promotore lo sciopero dei cappuccini (quel che si può bere durante la staffetta pro ius soli, argomento avulso ma politicamente conveniente ad una certa retorica). Il paese è sfiduciato e molto arrabbiato, una rabbia che dichiarazioni come quelle di Saviano (“siamo un paese morente, chi viene da fuori ci serve”) a molti invece fanno pensare “ma perché non veniamo messi nella condizione di far figli?”. La rabbia, se gestita male, porta a non esser sensibili dinanzi a nulla, si diventa apatici ed i commenti sui social riguardanti vicende tragiche come questa avvallano la tesi. A monte bisogna chiedersi: “perché la Svezia non riconosce lo status di rifugiati a questi curdi?”, “perché la percentuale di rifugiati in queste condizioni è minima e non viene aiutata? ”Questi e tanti altri quesiti non hanno risposta. Si litiga sul ruolo delle Ong (evaporate in estate), si litiga sulle risse nelle città, si litiga sui numeri degli sbarchi, si litiga, si litiga, si litiga sulla pelle delle persone, siano italiane o meno. In trincea, in prima linea ci stanno loro. 100 anni addietro era il Piave, oggi è altro, ma sempre di trincea si tratta. Nel ginepraio, una serie d’efori scendono dalla montagna ogni giorno, siano essi buoni o cattivi poco importa: arrivano, sputano i loro slogan, puntano il dito e poi tornano al monte, con il ghigno. Nel frattempo una calca inumana s’insulta a colpi di commenti, articoli e qualcuno arriva perfino alle mani. La calca dei disperati, di chi le riprese le legge sui giornali ma non le vede o sente, di chi spesso non arriva a fine mese ma al venti, di chi ha i genitori che aiutano nipoti e figli, in percentuale altissima disoccupati e dimenticati, sulla via della depressione. “Stava meglio nonno” ti spiattellano in faccia molti giovani, lo stato pare assente, in affanno, lontano se non sepolto, per fortuna c’è la famiglia, ma quanto durerà? Loro, gli efori, compiaciuti osservano, tifano per i buoni od i cattivi, ma la principale attività è l’osservazione. Non agiscono, non battono ciglio, l’unica attività è legata all’incanalamento del loro credo, con qualsiasi mezzo e senza scrupolo, non li ferma nemmeno la morte di un ragazzino disabile, nel cuore della fu Europa, è la morte della realtà.

Giornalista pubblicista, originario di Bolzano si occupa di economia, esteri, politica locale e nazionale