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Bolzano. L’eccidio nazista di Bolzano nel 1944 interpretato dalla Cooperativa teatrale Prometeo

6 Settembre 2017

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Bolzano. L’eccidio nazista di Bolzano nel 1944 interpretato dalla Cooperativa teatrale Prometeo

Due dittature, il fascismo e il nazismo s’incontrano in città e lasciano dietro di loro una lunga scia di sangue mai sufficientemente raccontata.

Torna in scena, in occasione della commemorazione dell’Eccidio dei 23 della Mignone, lo spettacolo “Platino – un eccidio a Bolzano” della Cooperativa Teatrale Prometeo. Il lavoro, che vedrà in scena Jacopo Cavallaro, Sabrina Fraternali e Dario Spadon, sarà allestito, con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura del comune di Bolzano, presso il Parco delle Semirurali o, in caso di maltempo, al Teatro San Giacomo.

Negli ultimi mesi del 1944 la Germania nazista era vicina al suo annientamento e il governo fantoccio fascista dell’Italia settentrionale stava crollando. Un dispotismo sull’orlo del collasso moltiplica il proprio potenziale di distruzione quanto più è messo alle strette: l’uccisione di milioni di persone nei Lager del Terzo Reich raggiunge proprio in questa fase il suo tragico culmine. Anche la Repubblica di Salò, ultimo esercizio di potere da parte di Mussolini per grazia di Hitler, condannò a morte quanti più oppositori possibile, in un’inaudita orgia di potere. A Bolzano, città delle due dittature, il fascismo e il nazismo si sono incontrati lasciando dietro di loro una lunga scia di sangue che si è tentato spesso di negare.

In quell’anno, all’alba di martedì 12 settembre, ventitré uomini furono prelevati dal Lager di Bolzano e condotti nella Caserma “Francesco Mignone”, situata a Bolzano in via Claudia Augusta nel quartiere di Oltrisarco. Nel Lager erano giunti a più riprese, provenienti dalle carceri di Verona. Contrariamente agli altri arrestati, che venivano spogliati di ogni loro avere, i 23 avevano mantenuto i loro abiti e furono tenuti tutti assieme, isolati in un blocco. Nel corso della loro breve permanenza nel campo non uscirono per andare a lavorare, come la maggior parte degli altri deportati: uscirono solo per essere uccisi. A ciascuno di essi fu sparato un colpo alla nuca nelle stalle della caserma. I loro corpi furono portati al Cimitero Maggiore di Bolzano e gettati in una fossa comune, in terra sconsacrata, senza che la tomba fosse contrassegnata in alcun modo.

L’eccidio di Bolzano fu una strage organizzata, per la quale le vittime furono scelte con precise motivazioni. I 23 furono scelti per essere uccisi, e la loro morte è dipendente dalla scelta di campo che essi compirono dopo l’8 settembre 1943.

Una lunga ricerca, condotta dalla Dottoressa Carla Giacomozzi dell‘Archivio Storico della Città di Bolzano, ha portato alla luce questo drammatico episodio tenuto quasi completamente nascosto e a margine delle vicende storiche della Seconda guerra mondiale. Il punto di partenza di tale ricerca è rappresentato da una lapide nel cimitero militare di San Giacomo (BZ) che ricorda i nomi dei 23, alcuni dei quali resi con grafia sbagliata. Si trattava di uomini che, nella totale clandestinità, dovevano dare vita alla parte più avanzata ed originaria della Resistenza nel Nord Italia e che, catturati in momenti separati, incontrarono la morte in quello che viene definito come “L‘eccidio di Bolzano”.

Nelle prime albe successive all’armistizio dell’8 settembre si potevano scorgere nel porto di Brindisi gli scafi scuri di sommergibili, fra i quali il “Platino”, che ha offerto il titolo allo spettacolo, destinati ad imbarcare uomini che avrebbero compiuto in coscienza le missioni più spericolate. La lotta partigiana era ancora lontana da venire mentre loro si stavano avventurando, dopo giornate di navigazione lungo i fondali dell’Adriatico, sbarcando poi nelle foci del Po, e attraversando le linee nemiche del Nord Italia, verso quei luoghi dove si sarebbero potuti organizzare i primi fuochi della Resistenza. Pochi di loro appartenevano alle Forze Armate, gli altri esercitavano professioni comuni, come sarto, insegnante o capostazione. Alcuni studiavano, uno era attore.

Le missioni avevano il compito di allacciare contatti con le organizzazioni resistenziali nascenti nell’Italia centro-settentrionale. Ciascun agente informativo veniva destinato a un territorio a lui noto e nel quale già aveva contatti e conoscenze in grado di proteggerlo. Attraverso la radiotrasmittente l’agente avrebbe trasmesso le informazioni ai comandi alleati, che ne avrebbero desunto linee per coordinare la resistenza nelle varie zone.

Il fascino del percorso drammaturgico esplorato dalla Cooperativa Teatrale Prometeo ha condotto alla scoperta di realtà vissute da uomini che intuivano un’enorme possibilità di riscatto, personale e collettivo, rendendo importanza al sogno di una società nuova, da realizzarsi con forza e con ogni mezzo. Il dramma della convivenza con il rischio e la paura era attenuato dalla necessità di guardare lontano, costruendo territori e movimenti su cui edificare una sorta di lotta anticipatoria della futura Resistenza.

Dice l’autore e regista Spadon: “Questo lavoro teatrale è nato, oltre che dalla necessità per la nostra Compagnia di approfondire e dare voce e, se possibile, forma a tali sogni, dal bisogno di proseguire la personale ricognizione sulla storia recente, iniziata con lo spettacolo “Lager”. Crediamo nell’urgenza di una restituzione del passato in forma artistica, proponendosi come atto dovuto di impegno civile. La storia di Bolzano nel Novecento rappresenta per la città un’eredità molto difficile, che non deve essere trascurata, né dimenticata. Di così grandi storie umane e delle loro visioni utopiche si vorrebbe lasciare a disposizione del pubblico e di tutti una pagina bianca sulla quale, come bambini, imparare a scrivere parole nuove”.

Le scene e il progetto luci sono di Graziano Venturuzzo. Alla fonica Daniele Frison. Parco delle Semirurali a Bolzano lunedì 11 settembre alle ore 21.00. In caso di maltempo Teatro San Giacomo. Ingresso libero. Informazioni: info@prometeo.coop